Beni culturali
“Vergognoso non investire in cultura!” Franceschini provoca gli industriali
Si è alzato un piccolo polverone, nella giornata del 4 luglio a Torino. Esso non è stato dovuto alle bizze meteorologiche della perturbazione che in quei giorni stava discendendo dal Nord, scontrandosi con l’alta pressione di una rovente estate, bensì dalle parole del Ministro della Cultura, Dario Franceschini.
Investimenti troppo scarsi
Intervenendo agli Stati Generali della Cultura, presso il Museo del Risorgimento nel capoluogo piemontese, il Ministro ha apertamente bacchettato gli industriali, accorsi in buon numero all’evento organizzato dal Sole 24 Ore.
Nonostante i forti incentivi fiscali autorizzati dal Governo, secondo Franceschini le imprese investono troppo poco nel patrimonio culturale del Paese. Il Ministro, non fisicamente presente a Torino ma collegato in videochiamata, ha irrigidito gli imprenditori sulle loro poltrone quando ha affermato:
“Vorrei che arrivasse il momento in cui una impresa, soprattutto una grande impresa che esporta nel mondo, si vergognasse se non ha destinato una parte dei propri utili al patrimonio culturale del Paese”
Queste parole, rivolte a Fabio Tamburini, direttore del Sole 24 Ore che stava intervistando il Ministro, hanno suscitato la reazione piccata di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria.
“Le parole di Franceschini sono l’ennesima riprova del sentimento anti-industriale che c’è nel Paese. Posso elencare tante iniziative di imprese private nel settore della cultura. Certe parole non dovrebbero appartenere a un ministro della Repubblica.”
Bonomi – che forse vive in un altro Paese, all’infuori di quest’Italia il cui governo è semmai sempre pronto ad appoggiare gli imprenditori e le imprese – è stato piuttosto duro ma non è stato il solo ad aver risposto al Ministro.
“Gli imprenditori devono investire nella crescita della propria azienda, perché in questo modo difendono il Paese e difendono le attività economiche, che a loro volta contengono cultura. Molti investono in cultura e siamo contenti che lo facciano.”
Ha esternato Innocenzo Cipolletta, direttamente chiamato in causa dal momento che riveste il ruolo di presidente di Confindustria Cultura Italia. Nello stesso angolo si è posto Luigi Abete, presidente dell’associazione Imprese Culturali e Creative; a suo avviso:
“Chi vuol fare donazioni le fa in coscienza e senza essere sollecitato. C’è una legge dello Stato che consente a chi può e pensa che sia una buona utilizzazione di farlo. Non penso che le imprese debbano essere messe sotto schiaffo psicologico perché non lo fanno. Quelle risorse le investono, creano occupazione, rischiano, a volte perdono anche.”
In aggiunta a ciò, Abete ha suggerito di creare maggiore sinergia e dare avvio a partenariati pubblico-privato per investire nella cultura.
Art Bonus e nuove prospettive
Prima di chiudere il suo intervento, Franceschini ha voluto tessere le lodi dell’Art Bonus e di alcuni imprenditori che si sono fatti mecenati, in passato.
“Grazie all’Art Bonus sono entrati 600 milioni di euro, in donazioni piccole e grandi. Sono episodi virtuosi, eppure dovrebbero arrivare cifre ben superiori. L’intervento del privati deve essere motivato da una forte vocazione morale e non dall’esigenza di fare profitti. Ricordo quando Della Valle mise 25 milioni per il recupero del Colosseo, e non c’era ancora l’Art Bonus, anziché con un applauso fu accolto con diffidenza.”
Non solo, a detta del Ministro, i privati non dovrebbero soltanto mettere danaro.
“Penso che debbano collaborare alla gestione. Abbiamo insistito molto sullo strumento della Fondazione, è stato utilizzato per un esempio virtuoso come il Museo Egizio, che è cresciuto ed è diventato un punto di riferimento nel mondo. Stiamo seguendo questo percorso di integrazione.”
Screzi con le imprese a parte, che sono piuttosto comprensibili quando si richiede agli imprenditori di togliersi fondi dalle tasche, dal momento che molti di loro sono veramente spinti soltanto dal desiderio di massimizzare le entrate, auspichiamo che le parole di Franceschini risveglino effettivamente in qualcuno il desiderio di investire nella cultura. Il patrimonio culturale del nostro Paese è troppo vasto per trascurarlo e affidarlo esclusivamente al Governo, che non ha fondi sufficienti per curarlo per intero.
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