Beni culturali

Reinventare la classicità urbanistica fra Roma e Atene

23 Dicembre 2015

La classicità è la sostanza che gli uomini hanno inventato per diventare immortali. Come insegna Quintiliano, cui dobbiamo il suo battesimo, la sua virtù è la capacità di rinascere in tutte le reinterpretazioni, in tutte le imitazioni, in tutte le emulazioni di cui i posteri sono capaci. Roma e Atene sono le capitali della classicità per eccellenza, quella della filosofia, del diritto e dell’arte. Il loro passato sembra talmente incommensurabile rispetto alle possibilità attuali, da farci per lo più immaginare che al presente sia affidato il compito della conservazione contro l’erosione perpetrata dal tempo.

Può accadere però che gli interventi di architettura siano improntati ad una capacità di reinvenzione del piano urbanistico, e tentino di accettare la sfida di gareggiare con la tradizione di grandezza che li ha preceduti. È quanto accade con i due progetti elaborati da Renzo Piano per le istituzioni culturali di Roma e di Atene: il nuovo Auditorium nell’area del Villaggio Olimpico di Villa Glori, e il Centro Culturale della Fondazione Stavros Niarchos nella zona di Kallithea. In entrambi i casi l’intervento realizzativo è stato affidato alla società leader nel settore delle grandi opere: l’italiana Salini Impregilo.

Se l’orizzonte è la classicità, la nota dominante non può che essere quella dell’armonia: in entrambi i casi una delle destinazioni essenziali del progetto è la celebrazione di spettacoli musicali, e il requisito di maggiore rilievo consiste nell’integrazione e nella reinvenzione del paesaggio urbano in cui gli edifici devono essere inseriti. Il successo delle due imprese dovrà essere misurato con gli stessi parametri che hanno scandito l’esemplarità millenaria di ciò che ha reso immortali le due capitali: la capacità di trascendere la funzione esplicita cui sono stati adibiti spazi e opere, lasciando liberi cittadini e stranieri di tutte le generazioni di rimodellare gli usi, di inventare nuovi percorsi e nuovi significati, lasciandoli emergere dalle potenzialità iscritte nelle loro forme.

La zona tra il parco di Villa Glori e la collina romana dei Parioli appariva come un’area periferica nel vissuto dei romani, nonostante la sua relativa centralità. Il progetto di Renzo Piano è stato mosso dall’ambizione di interpretare il vuoto di questo settore urbano, vicino a quartieri novecenteschi in cui spicca lo Stadio Flaminio di Nervi. L’Auditorium di Roma, che a oggi è il più grande d’Europa, nasce circondato da questo spazio, una cinta verde che lo deve isolare dai rumori e dalla vista del traffico. La struttura centrale è articolata in tre grandi fabbricati, disposti su due assi perpendicolari lungo il semicerchio esterno di un anfiteatro esterno da 3.000 posti. I tre edifici sono racchiusi da un impianto anulare che disegna il perimetro di cinta; la loro morfologia ha suggerito una varietà di metafore visive ai recensori dell’opera, che vi hanno scorto dei liuti, dei mandolini, delle corazze da samurai, delle testuggini, dei coleotteri. Le loro dimensioni sono differenti, per rispettare il requisito di offrire uno spettro di tre diverse capacità: la più piccola ospita 700 spettatori, la media 1.200, la più ampia 2.700. Piano ha voluto che i 18 mila metri quadri di rivestimento esterno delle hall fossero di piombo, e che le murature fossero realizzate con mattoncini rossi (ne sono stati necessari quasi due milioni), al fine di assicurare all’Auditorium la massima continuità possibile con il paesaggio della capitale, e suscitare la sensazione che la costruzione fosse lì da sempre. Oltre ai concerti, il progetto ha integrato un museo archeologico per custodire i reperti di una villa romana del I secolo d.C., che è stata portata alla luce durante i lavori di scavo per le fondamenta. La pluralità di destinazioni d’uso è già stata immaginata nello sviluppo del modello originario: alle aree destinate ai concerti (ma anche alla danza e al teatro di prosa), ai camerini e alle sale prova, si sono aggiunti blocchi museali e un megastore.
L’intervento ad Atene ha predisposto una nuova sede per l’Opera Nazionale Greca e per la Biblioteca Nazionale. Al contempo però, la struttura del Centro Culturale Stavros Niarchos ha ristabilito la connessione tra la città e il mare, nella municipalità di Kallithea. Il progetto colloca l’edificio principale su una collina artificiale, circondata da un parco dove alloggiano anche 10mila metri quadri di celle fotovoltaiche. Questa soluzione permette la generazione di 1,5 megawatt di energia, capace di alimentare l’Opera e la Biblioteca durante gli orari di apertura, cui si aggiunge l’utilizzo di ventilazione naturale.


Il Centro Culturale della Fondazione Stavros Niarchos in costruzione ad Atene

 

Grazie alle soluzioni ingegneristiche adottate, l’intera opera ha ottenuto l’ambita certificazione LEED Platinum, il punteggio più alto secondo lo standard internazionale di riferimento nato negli Usa per valutare le costruzioni ecologicamente sostenibili. In generale, l’impatto ambientale è molto contenuto: l’85% del lotto, corrispondente a 172mila metri quadri, è rimasto destinato ad un parco a collina.
Lo spazio tra i due fabbricati principali è stato battezzato con un nome che richiama la tradizione urbanistica greca: Agorà. L’Opera si estende per 33 mila metri quadri e si organizza in due auditorium: il primo è dedicato alle rappresentazioni tradizionali, e conta su 1.400 posti; il secondo invece si apre a spettacoli più sperimentali, e accoglie fino a 450 spettatori. La Biblioteca conta su un’estensione di 24mila metri quadri, necessari per custodire una collezione di quasi un milione di volumi; la sala di lettura si trova nel piano più alto dell’edificio, e le sue pareti sono realizzate interamente in vetro, permettendo di allargare la vista a 360 gradi su Atene e sul mare.

La cultura umanistica è al centro della destinazione d’uso dei due progetti: le conoscenze più raffinate di acustica, di ingegneria civile e di scienza dei materiali sono state adottate per la gestione e la conduzione dei cantieri. L’equilibrio che ha caratterizzato la classicità tra saperi differenti, crescita culturale, progettualità urbanistica, è tornato ad affacciarsi su Roma ed Atene.

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In copertina, l’Auditorium della musica a Roma

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