Beni comuni
Punta Giglio: un progetto sostenibile…ma non sui social
Ci siamo rivolti agli Stati Generali dopo aver letto un articolo di Francesco Donnini che parla del progetto di restauro, risanamento conservativo, rifunzionalizzazione e allestimento museale dell’Ex Batteria Militare S.R.413 a Punta Giglio (Alghero). Ci sembrava interessante dare un contributo facendo sentire un’altra voce: quella della Cooperativa che ha vinto il bando per la concessione temporanea e il restauro del bene.
Prima di entrare nel merito, c’è forse una premessa generale da fare: la discussione intorno alle sorti di un lembo della Sardegna Nord Occidentale rischia di diventare paradigmatico di quanto sia difficile, oggi, avere una visione condivisa su qualsiasi tema del dibattito pubblico.
Si potrebbe legare la vicenda in corso, infatti, ad alcune grandi riflessioni che attraversano la nostra società. Ovvero: è possibile informare correttamente tramite i social? E ancora: esiste una via di mezzo percorribile fra sfruttamento del territorio e depauperamento dello stesso?
Argomenti, questi, certo troppo grandi e ambiziosi per essere affrontati in questa sede, ma che richiamiamo perché pensiamo aiutino a capire la vicenda che ci apprestiamo a raccontare.
Parlavamo, appunto, del progetto di restauro, risanamento conservativo, rifunzionalizzazione e allestimento museale dell’Ex Batteria Militare S.R.413 a Punta Giglio.
Proprio il termine “rifunzionalizzazione” sarebbe quello che, dal punto di vista di Francesco Donnini, apre le porte a una “opera di stravolgimento della realtà”.
Ed è quindi dalla realtà dei fatti che occorre partire se si vuole comprendere questa lunghissima, intricata (ma anche appassionante) vicenda. Cercheremo di essere brevi, ma credeteci: non è semplice riassumere una storia lunga quasi 4 anni.
Correva l’anno 2017 quando ci imbattemmo nel bando “Cammini e Percorsi” dell’Agenzia del Demanio, che è nato con l’obiettivo di riqualificare e riutilizzare immobili pubblici.
Il bando pubblico, aperto a tutte le realtà composte in prevalenza da giovani sotto i 40 anni, aveva come obiettivo “riutilizzare gli immobili pubblici come contenitori di servizi ed esperienze autentiche per camminatori, pellegrini e ciclisti, in linea con la filosofia dello slow travel”.
Siamo dunque lontani anni luce, almeno in questo contesto, da un approccio ai beni ambientali rozzo e accompagnato da un linguaggio volgare e consumistico, sempre per rifarci al contributo di Donnini. Al contrario, l’iniziativa del Demanio ci pareva potesse rappresentare un’occasione da un lato di non perdere per sempre edifici storici ancora recuperabili; dall’altro, di incentivare un modello di turismo sostenibile integrato nella natura e rivolto a chi quella natura la ama e la frequenta.
Spinti da queste idee, fondammo una Cooperativa e partecipammo al bando con un’idea progettuale basata su alcuni capisaldi: la sostenibilità ambientale, il target composto in prevalenza da turisti sportivi, la destagionalizzazione (grazie a partenariati con le scuole e le associazioni sportive che avrebbero potuto soggiornare in loco grazie a specifiche convenzioni).
Quel bando lo vincemmo grazie a queste idee; il progetto architettonico, parte integrante della nostra proposta, era chiaramente sottomesso all’approvazione di tutti gli Enti preposti (passaggio questo evidenziato anche nel Bando dell’Agenzia del Demanio).
Nel 2018, dopo la vittoria del bando, iniziò un iter di approvazione complesso e approfondito, come è giusto avvenga nel caso di un’area sottoposta a molti vincoli. Nei quasi 3 anni di confronto gli Enti – a partire dalla Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Sassari e Nuoro, dal Parco Naturale di Porto Conte e dal Comune di Alghero – vigilarono così bene che ci portarono a un progetto molto più piccolo e decisamente meno impattante.
Il progetto finale comprende un Museo a cielo aperto per raccontare la storia militare del compendio e illustrare le sue peculiarità naturalistiche, una piccola foresteria (7 stanze, 20 posti letto) e un punto di ristoro. Certo, c’è anche un’attività economica: ma non è questo lo scopo delle concessioni, dove il privato investe per recuperare un bene e ottiene, in cambio, anche la possibilità di recuperare quanto speso?
Arriviamo finalmente al presente. Qualche settimana fa è nato un Comitato per difendere Punta Giglio dalla privatizzazione e dalla speculazione. Un Comitato che, vale la pena ricordarlo, non ha mai cercato di confrontarsi direttamente con noi. Posizione legittima, per carità, ma forse poco costruttiva, anche perché a molti dubbi e paure delle persone forse potremmo rispondere con cognizione di causa.
Paure, quelle esposte dal Comitato, che si riverberano anche nell’articolo di Donnini, quando parla di un “mini albergo” e di una natura non più incontaminata.
Da tempo abbiamo provato a spiegare che la differenza fra una foresteria (che noi abbiamo voluto chiamare Rifugio di Mare, proprio per far capire che intendiamo creare uno spazio lontano dall’idea di esclusività e lusso che ci vogliono appiccicare addosso) e un hotel non è formale, ma sostanziale.
Da tempo abbiamo chiarito che l’area rimarrà fruibile e che nessuno impedirà il libero accesso al compendio, situato in un promontorio di rara bellezza. Nessuna privatizzazione, nemmeno nell’utilizzo, in quanto il sito rimarrà aperto come ampiamente descritto nel progetto e negli accordi con il Parco di Porto Conte.
Abbiamo anche cercato di spiegare che l’alternativa a questa rifunzionalizzazione, con ogni probabilità, sarebbe stato il progressivo degrado, financo il crollo dell’ex batteria militare, le cui pietre e i cui disegni invece possono e devono raccontare anche alle future generazioni la storia di antiche battaglie.
Ma ci sono altri due punti che ci preme sottolineare.
Il primo: la sacralità della natura.
Ora, in questa fase di “battaglia online”, si parla di Punta Giglio come di un santuario naturale, ma ci troviamo di fronte a un luogo che, anche in quest’ultimo periodo, fa registrare numerosi ingressi come testimoniato anche dalla stampa del posto. La memoria locale parla apertamente di un passato fatto anche di frequentazioni non sempre rispettose, con festicciole e campeggi abusivi. Tempi ormai andati, grazie all’istituzione del Parco. Ma Punta Giglio rimane un luogo amato, vissuto e battuto sia dalle famiglie che dagli escursionisti. Sul gruppo Facebook del Comitato si vuol far credere che una struttura già esistente e che accoglierà al massimo 20 persone potrà modificare l’equilibrio di un’area così frequentata: davvero è credibile questa posizione?
Il secondo: l’egoismo.
Ci fa piacere sapere da Donnini che molte persone non sentano il bisogno di servizi igienici, di una navetta (naturalmente elettrica, e utilizzata con tutte le accortezze del caso) che possa portare su le persone con difficoltà motorie, di un bicchier d’acqua e di un pasto.
A queste persone, lo ricordiamo, non verrà portato via nulla. Ma perché non provano a mettersi nei panni delle donne in età fertile che, nei giorni del flusso mestruale, hanno oggettiva necessità di servizi? Di un diversamente abile che, forse, ha lo stesso loro diritto a vedere un paesaggio mozzafiato? Di una famiglia con bambini piccoli che, dopo una bella passeggiata, ha bisogno di far scaldare un biberon o di qualche altra piccola comodità?
L’idea che alcuni spazi possano essere di pertinenza solo di “chi può” è molto più esclusiva del nostro Rifugio e, purtroppo, molto più egoista. Perché spesso dietro a principi elevati e parole altisonanti si nasconde una scomoda realtà: è più facile amare una versione idealizzata della natura che mettersi nei panni delle altre persone, soprattutto di quelle che non hanno gli stessi nostri vantaggi.
Ps. Sì, abbiamo parlato con molti sportivi con le scarpe da trekking, che peraltro spesso indossiamo anche noi: a nessuno dispiace l’idea di poter scegliere fra panino e scorta d’acqua e pasto proposto nel punto di ristoro (con prodotti a chilometro zero acquistati nel territorio, scegliendo in base alle stagioni e alle produzioni di qualità). E gli escursionisti hanno anche capito che nessuno potrà privarli della magia della natura, che già da anni, a Punta Giglio, ha imparato a convivere con la presenza (non sempre rispettosa) dell’uomo.
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