Beni culturali
Morirò da vivo: le consapevolezze di Aldo Busi
Dopo la doppia autobiografia Vacche Amiche e L’altra mammella delle Vacche amiche, il neo settantenne Aldo Busi pubblica il suo Le consapevolezze ultime edito in questi giorni da Einaudi.
Come un testamento in filigrana, l’autore dissemina la narrazione di temi e titoli dei suoi libri, e la vicenda che si apre con Barbino, il protagonista del primo romanzo busiano Seminario sulla gioventù, che riflette sul fascino degli uomini taciturni, si chiude con l’autore in compagnia di alcune irresistibili Vacche amiche, eroine del suo ultimo libro.
In questa parabola Busi si ritrova alla cena di un industriale siderurgico che con la sua corte celebra la ricchezza velocemente in fuga da una miseria, il cui prezzo verrà pagato da scheletri che non vedono l’ora di uscire dall’armadio.
A tavola stanno seduti i personaggi sanguigni e famelici dei suoi romanzi: industriali occhiuti con prole assassina o assassinata, madonne furbissime o infilzate, prelati golosi, giudici prezzolati e il solito contorno di marchette e guardie del corpo.
Per gli astanti Busi è sempre un provocatore, un fustigatore, un azzeccagarbugli, un satiro, un egocentrico, un esaltato, un fissato, un mangiapreti ma mai ……. uno scrittore.
E tuttavia…….davvero non ho scritto niente che non abbia lasciato una traccia non flebile, intercambiabile con un qualsiasi profondo solco di romanzetto di genere con protagonista un commissario riciclato o l’inconsapevole demenza da saga famigliare strappalacrime o da adolescenza protrattasi sino ai cinquanta, comunque da sclerosi più collettiva che multipla?
Come in un finale felliniano, l’autore sembra chiedere ai suoi personaggi una risposta che dia senso al suo averli creati, ma i suoi eroi sono utenti televisivi o smartfonici, sono gente che di Busi ricorda tutte le baruffe catodiche ma nessuno dei suoi quasi quaranta libri pubblicati a partire dall’ormai lontano 1984.
Le persone normali non è solo il titolo di un suo romanzo, è anche il target ormai irraggiungibile dalla scrittura e quindi da Aldo Busi.
Nel 1996, ancora agli albori del web, Jonathan Franzen nel suo saggio Forse sognare, nell’era delle immagini una ragione per scrivere romanzi comprende che a cambiare è il paradigma. Lo scrittore non è un pittore ad olio rottamato davanti a una macchina fotografica, poiché a cambiare è la percezione del mondo e non solo il modo di rappresentarlo. L’individualismo di massa spinge verso la parcellizzazione di un divismo tascabile e anche lo stesso Busi nel suo recente Vacche amiche afferma che non c’è più spazio per opere che non siano immediatamente edibili, in altre parole cliccabili, scambiabili, postabili.
Eppure anche questo libro ha visto la luce, lo scrittore che dice di essersi ridotto a vivere pur di scrivere, mente. Le sue parole si fanno strada, anzi autostrada, perché al centro di questo racconto lungo, non c’è solo la cronaca di una serata mondana che tramonta in scoramento e che fa pensare a I morti di Joyce; dentro le pagine de Le consapevolezze ultime c’è anche la denuncia per la costruzione di un’autostrada inutile ma forse utilissima all’interramento di rifiuti tossici, ci sono i morti da amianto, il dramma del non poter invecchiare, il circo televisivo, i selfies asfissianti e il mondo che, capovolto dall’autore, si svela.
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