Beni culturali

Le nomine, i musei e i bandi: bravo Franceschini

20 Agosto 2015

Bravo il ministro Dario Franceschini. Ha ragione Michele Fusco quando afferma, su queste pagine, che la nomina dei venti nuovi direttori di tanti Musei italiani è un bel segno: ce ne fossero sempre di bandi così. La polemica sull’onore “italiano” tradito è veramente piccina, degna di Salvini. Se tanti, troppi, musei nazionali sono ridotti al lumicino è anche per “merito” degli “italiani” che li hanno gestiti sino a oggi.

Per il resto, staremo a vedere come si comporteranno questi nuovi incaricati, se faranno bene o male e valuteremo il loro operato, serenamente. Se sono bravi, continueranno, altrimenti verranno sostituiti: di solito è così che funziona, o dovrebbe funzionare.

Starà ai neo-direttori, poi, motivare il personale, far crescere le professionalità interne e far maturare i possibili successori in un naturale ricambio generazionale e gestionale. Per un periodo della mia vita sono stato consulente artistico del National Theatre of Bahrain: per quanto venissi da un altro paese, nessuno si è sognato di gridare allo scandalo ma, tra i miei compiti principali, c’era anche e soprattutto quello di formare la persona bahrenita che avrebbe di lì a poco preso il mio posto. Semplice, no?

Semmai, mi perdonerà il ministro, il problema non è quello delle nomine, in questo caso ben risolto, ma è più ampio: ovvero quello dei fondi per la cultura e l’arte.

Come Franceschini sa bene, non basta un buon direttore: servono mezzi, strumenti, possibilità, per far funzionare una struttura.

Allora, il passo ulteriore sarebbe quello di dotare la cultura italiani di fondi davvero all’altezza dell’Europa, cosa che – al momento attuale – è ben lungi dall’accadere. Altrimenti potremmo chiamare anche i migliori manager o i migliori studiosi del mondo: se poi diamo loro carcasse, sepolcri imbiancati, scatole vuote, non potranno fare nulla.

Stessa cosa varrebbe, e vale, anche per il Teatro.

Il Fus, il Fondo unico dello spettacolo, assegnato dal Mibact, è attestato a poco più di 400 milioni di euro e deve coprire tutto: musica, lirica, prosa, danza, circo.

Il 48% del Milan calcio, la squadra di Berlusconi, vale 450milioni di euro. La metà del Milan conta più della Scala, del San Carlo, del Piccolo, dell’Arena di Verona, del Teatro greco di Siracusa, del festival di Spoleto e di tutti i teatri italiani messi assieme. Allora, varrebbe la pena che il Governo prendesse in seria considerazione l’eventualità di sostenere degnamente la nostra produzione culturale.

Poi, anche in questo settore, ovvero lo spettacolo dal vivo, potrebbe essere curioso attivare un serio sistema di bandi per le nomine alle direzioni. Recentemente, in alcuni teatri italiani, si è fatto ricorso alla “manifestazione di interesse”: una sorta di bando pubblico, ma senza vincoli. Per cui si è dato il caso – non sto a far nomi – che nonostante la partecipazione alla “gara” di vere star internazionali, abbiano “vinto”, più o meno sempre, coloro che si sapeva avrebbero vinto, ben prima che uscisse il bando.

Va tutto bene, per carità: spesso i candidati “locali” erano autorevolissimi. Resta però il sospetto dell’inutilità di simili bandi affidati a commissioni di “esperti” che non fanno altro che ratificare quanto già deciso ad altri livelli.

Il nostro belpaese, da troppo tempo, affonda nel baronato, nel clientelato, nel raccomandato, nell’affiliato, nell’iscritto, nell’apparentato, nel portato e nel sostenuto da…

Forse sarebbe il caso di uscire da queste regole “relazionali”: e mi pare che le nomine dei Musei vadano in questa direzione.

Ben venga, allora, il “terremoto”, questa scossa salutare che tanto ha fatto discutere. Ben vengano professionisti, italiani o stranieri, europei o “intercontinentali”, purché seriamente selezionati da commissioni di esperti di alto livello. Si tranquillizzino gli insorti e gli indignati: vincono anche gli italiani, purché competenti, e anche se non raccomandati.

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