Beni culturali
Fontana imbrattata di letame per fare uno sgarbo a Satana
La Verità, quella con la “v” in maiuscolo e dal “cuore che non trema”, ha appiedato fisici e filosofi da tempo immemore. Condannandoli a una locomozione conoscitiva faticosa. Tra relativismi, postmodernismi e altri ismi dell’incertezza.
Eppure, bastava unicamente sapere dove cercarla, perché essa è sempre stata a portata di mano, in un luogo sicuro, nell’habitat per lei più congeniale: nelle tasche del bigotto.
Tasche poco profonde, ma sufficienti per un assalto al cielo. Sufficienti per dar manforte a una megalomania epistemica in grado di innalzare, all’occorrenza, cortine di letame a mo’ di esorcismo. Per separare ciò che è degno di apparire da ciò che è indegno. Il puro dall’impuro.
A tal proposito, per il bigotto, “la merda” – una volta inquadrata nella suddetta funzione di separé – non costituisce più un arduo problema teologico (con buona pace di Kundera). Anzi, non costituisce affatto un problema. Al massimo, una possibile soluzione.
Costui, infatti, è convinto che non serve occultarla per accorciare la distanza frapponentesi tra l’umanità e le sfere celesti. Al contrario, la sua odorosa presenza, a volte solo metaforica ma dall’odore non meno pungente, rappresenta il velo perfetto sotto cui nascondere tutto ciò che si ostina a ricordarci proprio quella vertiginosa distanza: una bestemmia articolata, un pessimismo chiacchierabile, un’opera d’arte provocatoria, scandalosa
.
All’incirca ciò che è successo a Vergato, nel bolognese, dove si è passati dal letamificio verbale dei vari Popolo della Famiglia, Forza Nuova e preti pezzotti, al letame stricto sensu con cui è stata insudiciata la fontana, inaugurata di recente, dell’artista autoctono Luigi Ontani. Colpevole, secondo i letamiferi (retorici e materiali), di un’ostentazione di istanze sataniste, di una sponsorizzazione della pedofilia (la composizione si avvale di un bambino alato) e di una spudoratezza inaccettabile (una delle statue della fontana esibisce un fallo eretto).
Senza considerare gli ingenti costi di realizzazione dell’opera, “lo sperpero di denaro pubblico”. Autentico sollazzo degli scandalizzati più pratici e meno inclini a concentrarsi sull’inturgidimento fallico del fauno, cruccio esclusivo delle frange letamifere baciapilesche esperte di panico morale. Un esempio illustre?
Così Pillon, senatore leghista, organizzatore del family day, sincero sostenitore del complottismo gender e coautore di altre apprezzabili battaglie (ma ha anche dei difetti): “Se per i crocifissi vogliono le tendine, io chiedo una colata di cemento per nascondere definitivamente questa porcheria”.
In breve, “l’orribile satanasso” andava nascosto. Punto. Le allegorie smandrappate, a tratti grottesche, narrate dalla fontana, sebbene afferenti, nelle intenzioni dell’artefice, a una mitologia arcaica, georgica, pastorale, tutto sommato innocua, hanno urtato in modo imperdonabile il sensibilissimo sguardo dell’oltranzista cattolico medio.
Non tanto disturbato dalla cifra espressiva ironico-kitscheggiante, ma dalla nudità grintosa, dall’androginia e dalla mitopoiesi inconsueta. Elementi iconografici che nell’elaboratissima Weltanschauung bigotta si accompagnano, di necessità e istintivamente, al satanismo.
Riformulando, l’equazione è: niente santi + nudità frizzantine + x = satanismo. Da integrare, eventualmente, con la seguente disequazione ancora non accettata all’unisono dalla comunità bigotta: letame ≥ niente santi + nudità frizzantine + x.
Tuttavia, l’universo dei detrattori non è sintetizzabile con i soli scandalizzati di professione, quelli della Verità tascabile, gli stessi che subiscono il fascino ambiguo dell’escrementizio e che risultano quasi inimmaginabili, privi di una raison d’être, una volta allontanati dallo scandalo di turno.
A questi bisogna aggiungere, per amor di completezza, la schiera dei pacati perplessi, riassumibile nella presa di posizione della consigliera comunale di Bologna cattodem Raffaella Santi Casali: “Al suo posto ci avrei fatto un monumento alla castagna o al tartufo”.
Capito? Un monumento alla castagna o al tartufo. Cioè, alla castagna o al tartufo! Roba da far rimpiangere il pathos dei bigotti duri e puri e il loro “sursum merda!”…
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