Beni culturali
Dopo un restauro durato 2 anni la scultura di Santa Lucia torna a Caramagna
Santa Lucia torna a Caramagna Piemonte. Grazie alla XVIII edizione di Restituzioni, progetto di recupero e salvaguardia del patrimonio artistico nazionale, a cura di Intesa Sanpaolo, domani, nelle Sale dei Vescovi dell’Antica Abbazia di Santa Maria, alle 15 e 30, la scultura sarà presentata alla comunità.
Il restauro della statua raffigurante Santa Lucia della chiesa parrocchiale dell’Assunzione di Maria Vergine a Caramagna Piemonte è stato realizzato da Chiara Bettinzoli (Conservazione e restauro opere d’arte, Carmagnola), con la direzione di Valeria Moratti, storico dell’arte (Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per le Province di Alessandria, Asti e Cuneo). Un lavoro che ha rappresentato l’acquisizione di un nuovo tassello nel panorama delle immagini scolpite e dipinte di cultura alpina proprie dell’alta Valle di Susa, terra di collegamento tra le vallate al di qua e al di là delle Alpi, tra Savoia e Delfinato, nonché porta d’accesso alla pianura padana.
La statua è infatti attribuita ad uno scultore della Valle di Susa, attivo fra l’ultimo quarto del XV e i primi anni del XVI secolo, della bottega del Maestro della Messa di San Gregorio. Una Santa Lucia intagliata in legno di pino cembro dipinto e dorato e alta 118 centimetri. La Santa, originaria di Siracusa, e nata nel 283 da una famiglia nobile, è stata martirizzata durante le persecuzioni di Diocleziano nel 304 ed è qui raffigurata per intero mentre nella mano destra tiene la palma, simbolo del martirio e con la sinistra regge il piatto che contiene i suoi occhi. Santa Lucia è infatti considerata la protettrice della vista, considerando anche il fatto che il suo nome deriva da lux, cioè luce.
La restauratrice ha impiegato due anni per ridare lustro alla scultura che è stata rigessata e ridipinta, oltre che riproposta in una versione, senza troppi orpelli, riconducibile verosimilmente agli inizi del XIX secolo.
Ma Santa Lucia della chiesa parrocchiale dell’Assunzione di Maria Vergine a Caramagna Piemonte, non è l’unica opera d’arte “riportata alla luce” grazie al programma Restituzioni, che è attivo dal 1989. Fino ad oggi, sono ormai oltre 1300 le opere “restituite” alla collettività.
Soltanto nel 2016 e nel 2017 sono stati restaurati 212 manufatti, provenienti da 17 regioni italiane e 63 enti proprietari (più una presenza estera, da Dresda) e che coprono un arco cronologico che va dall’antichità al contemporaneo.
Alcuni esempi di opere restaurate sono gli affreschi della Tomba di Henib, dal Museo Egizio di Torino, o la preziosa Testa di Basilea, dal Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, il Ritratto di Caterina Balbi Durazzo di Anton Van Dyck, da Palazzo Reale di Genova, San Girolamo penitente di Tiziano, dalla Pinacoteca di Brera, San Daniele nella fossa dei leoni di Pietro da Cortona, dalle Gallerie dell’Accademia di Venezia, fino a opere di Morandi, Burri e Twombly. Oppure tra gli oggetti più particolari troviamo il Mantello Tupinambà, fatto di penne e fibredi cotone, giunto tra XVI e XVII secolo in Italia dal Brasile, e oggi conservato nella Pinacoteca Ambrosiana, o un seicentesco clavicembalo dipinto, dal Museo Nazionale degli Strumenti Musicali di Roma.
Intesa Sanpaolo, in questa edizione di Restituzioni ha peraltro collaborato con 44 enti di tutela (Soprintendenze, Poli Museali e Musei autonomi), coinvolgendo 205 professionisti del restauro in tutta Italia, incluso il Centro Conservazione e Restauro “La Venaria Reale”. Dal 27 marzo al 16 settembre, infatti, tutte le opere sono state esposte nella Sala delle Arti della Reggia di Venaria, nell’ambito della mostra conclusiva “Restituzioni 2018. La fragilità della bellezza”.
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