Beni culturali
Dallo Slow Food allo Slow Tourism: il potenziale di Borghi e Paesi Italiani
Nel corso degli anni, l’Italia ha costruito la sua immagine turistica su quello che Rutelli definiva il ‘turisdotto italiano’ ovvero l’asse turistico Roma-Firenze-Venezia. E’ inconfutabile che il Bel Paese offra una straordinaria concentrazione di città d’arte e patrimoni UNESCO ma il potenziale turistico italiano va ben oltre. Il neologismo usato da Rutelli nel 2007 stigmatizza bene una certa modalità di viaggio e di approccio alla promozione turistica. Quando dice: “in Italia non bisogna continuare a promuovere solo il ‘turisdotto’ ossia il condotto dei turisti che vanno da Roma a vedere San Pietro, a Firenze per gli Uffizi e a Venezia in Piazza San Marco e poi fuggono” l’immagine del turisdotto ci riporta all’inconfondibile clichè di frotte di turisti dietro ad una guida con l’ombrellino. Ma i gusti di turisti e viaggiatori ormai vanno sempre più ala ricerca di autenticità, esperienze e contatto con la realtà locale pertanto la visione della promozione turistica sta cambiando di conseguenza.
Questo ragionamento ci porta a riprendere il filo del potenziale turistico italiano rivolgendo lo sguardo alla costellazione di borghi e paesi: una miriade di luoghi semi-sconosciuti ma con un patrimonio artistico e culturale sorprendente.
Se spostiamo la nostra attenzione dalle principali città d’arte, scopriamo l’eterogenea realtà di borghi e paesini italiani, incastonati in una dimensione spazio-temporale unica. Spesso in bilico tra attività agricole-artigianali e spopolamento. La rete capillare di questi luoghi ci ricorda che “small is beautiful” come nel saggio scritto negli anni ’70 dall’economista E. F. Schumacher . Il libro “Small is beautiful: a study of economics as if people mattered” è una riflessione sulla emergente crisi energetica e la globalizzazione oltre ad essere una critica del sistema economico occidentale. Schumacher sottolinea come gli interventi su piccola scala rappresentino la dimensione più adatta per promuovere lo sviluppo. Questo saggio è stato indubbiamente profetico rispetto a questioni diventate sempre più attuali. E’ una riflessione che ben si adatta anche all’universo del turismo. Possiamo, infatti, trasporla sull’universo di piccoli borghi e paesini che necessitano – quanto mai – di una nuova visione e di nuovi scenari di sviluppo a basso impatto ambientale.
Borghi e paesi rappresentano non solo uno stile di vita ma anche una scelta di viaggio. Le Bandiere Arancioni del Touring Club, l’Associazione Borghi più belli d’Italia e il modello ricettivo dell’Albergo Diffuso lavorano da anni nella costruzione di un brand turistico legato alle piccole realtà. I borghi certificati dalle Bandiere Arancioni e da Borghi più belli d’Italia sono più di duecento. I borghi che aderiscono all’Associazione Nazionale Alberghi Diffusi sono un centinaio e configurano un modello ricettivo ‘diffuso’ che coinvolge tutto il borgo e disloca le stanze nelle sue varie parti. Parliamo indubbiamente di realtà sommerse, di nicchia, fatte di tradizioni, culture locali e ritmi lenti. Questi sono luoghi e scenari che spesso sfuggono a turisti e viaggiatori stranieri e non solo. In questo senso, le destinazioni turistiche non sono un altro o un altrove rispetto ai luoghi in cui viviamo. E’ la dimensione del viaggio e del viaggiare che ci fa pensare ad un altro e un altrove in cui essere rispetto al nostro quotidiano, come sottolineano Marco Aime e Davide Papotti in “L’altro e l’altrove. Antropologia, geografia e turismo”.
L’Italia è stata la culla dello Slow Food e ha tutte le caratteristiche per diventare anche la culla dello ‘Slow Tourism’. Lo slow tourism segue e rielabora buona parte dei principi del movimento Slow Food fondato da Carlo Petrini. Nel 1986 lo Slow Food nasceva come risposta al dilagante fenomeno dei ‘fast food’ sia per proteggere le tipicità locali e modalità di produzione artigianali, sia per contrastare l’omologazione del gusto e dei prodotti, sia per promuovere un approccio al cibo conviviale, non frenetico né consumistico. Alla stessa maniera lo Slow Tourism invita a riappropriarsi di tempi, luoghi, spazi e tradizioni locali per contrastare il fenomeno del turismo ‘mordi e fuggi’ e promuovere una modalità di viaggio lenta, non frenetica, fatta di spostamenti a basso impatto su un’area geografica limitata. Lo Slow Tourism, infatti, è un approccio al viaggio per tutelare unicità e bellezze che rischiano di scomparire o venire schiacciate da fenomeni turistici omologanti e globalizzati. E’ un viaggiare lento, per entrare in contatto con la quotidianità di un luogo e dei suoi residenti.
Nell’ambiente accademico – anglosassone e non solo – si è sviluppato uno stimolante filone di ricerca su questa modalità di viaggio che assume l’Italia come culla ideale. Per chi volesse approfondire il tema, sono interessanti i contributi del Prof. C. Michael Hall: “Tourism, slow consumption and slow tourism” e “Culinary tourism and Regional Development: from Slow Food to Slow Tourism?”
Il potenziale turistico di borghi e paesi italiani ruota attorno al concetto di Slow Tourism. Quest’ultimo manca ancora di una vera e propria istituzionalizzazione o movimento per cui ci auguriamo che la riflessione accademica e teorica sull’argomento possa presto tradursi in un movimento concreto e operativo.
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