Beni culturali

Cancellato (Federculture): “la cultura è la via per uscire dalla crisi”

4 Maggio 2021

Abbiamo parlato di sanità, di turismo e oggi parliamo di cultura, insieme ad Andrea Cancellato, Presidente di Federculture e Direttore di ADI Design Museum. E’ stato Direttore di MEET, il centro internazionale per la cultura digitale di Meet the Media Guru e Fondazione Cariplo.

Sindaco di Lodi dal 1980 al 1990. Successivamente, importanti incarichi nella sfera di Federlegno, con una forte declinazione nel design, fino a diventare per 16 anni direttore generale della Fondazione “La Triennale di Milano”. Una vita nel design che sfocia nell’incarico di presidente di Federculture. Una prospettiva più ampia, sulle attività legate alla cultura. Come si trova a dirigere un organismo di questo tipo.

Federculture è l’associazione che raggruppa l’insieme delle imprese culturali italiane e l’allora direttore di una delle maggiori (La Triennale di Milano) non poteva non partecipare attivamente. Sono stato chiamato alla presidenza nel 2015 in un momento di passaggio quando il presidente e fondatore, Roberto Grossi, ha lasciato per la conclusione del suo mandato e il mio compito principale è stato quello di tenere unito il gruppo e di rafforzarne il carattere di rappresentanza politica in un periodo non facile come quello della grande crisi economica sfociato negli anni della pandemia.

Abbiamo l’abitudine di iniziare le interviste chiedendo un quadro generale sui numeri dell’ultimo anno, che subito ci permetta una visione dello stato delle cose. La cultura è stata duramente colpita, con poche possibilità di reinventarsi, almeno nell’immediato, riesce a fornirci qualche numero?

Ci sono tre numeri che valgono più di ogni commento: rispetto al 2019, il 2020 ha visto calare le presenze e gli incassi al cinema del 92%, 2.500 spettacoli annullati (con 300 milioni euro di incassi persi) per il teatro, 35% di fatturato in meno per le imprese culturali.

In un’intervista a inizio pandemia ha dichiarato “siamo stati il primo settore a chiudere e probabilmente saremo l’ultimo a riaprire” ed effettivamente così è stato. Ci siamo illusi di una riapertura dei musei a fine marzo, ma così non è stato. Ci sarebbe stata la possibilità di riaprire prima, rispettando le regole del distanziamento?

Probabilmente sì ma ormai siamo in un’altra fase, quella dell’apertura con ragionevolezza, come ha dichiarato il Presidente Mario Draghi. Le imprese culturali, le direzioni dei musei e dei teatri sanno cosa devono fare, perché i cittadini possano fruire in sicurezza della cultura e partecipare alla vita culturale delle loro città.

Finalmente parte il Fondo Cultura, vuole spiegarci bene cos’è, a chi si riferisce e quali sono gli obiettivi principali che intende raggiungere?

Il Fondo Cultura si articola in due distinti fondi, uno gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti, di circa 30 milioni di euro, che eroga mutui con contributo a fondo perduto agli enti pubblici e a organismi controllati dal “pubblico” per investimenti in campo culturale; un altro gestito dall’Istituto per il Credito Sportivo (che può operare anche in ambito culturale) che eroga prestiti di lungo periodo a tassi agevolati (con anche contributi in c/interessi) a imprese culturali anche private per iniziative, investimenti, attività con la garanzia di stato. Questo secondo fondo di circa 10 milioni può mobilitare almeno 50 milioni di prestiti.

Sostenibilità economica e marketing museale sono le sfide del futuro per la cultura in Italia? Come mai il nostro Paese, primo nel mondo per patrimonio artistico e culturale, si approccia con difficoltà a questi nuovi strumenti di sviluppo?

C’è sempre stata un po’ di diffidenza nei confronti del denaro proveniente da attività remunerate con la cultura, per paura dei condizionamenti che può portare il padrone dei quattrini. Giustamente si tiene conto del detto che “chi paga, comanda”, dimenticando che se chi paga è anche chi ha il “potere” il rischio del condizionamento è ancora più forte. Pertanto, produrre economie dall’attività culturale è un modo per rendere più autonomo e libero il lavoro culturale anche se questo non può essere al servizio del marketing. Trovare l’equilibrio è il compito della moderna direzione delle imprese culturali. Ci sono esempi virtuosi in ogni parte del Paese.

La pandemia ha reso ancora più attuale il dibattito sulla sostenibilità ambientale e si inizia a parlare anche di responsabilità sociale dei Musei, quindi il museo messo a disposizione della salute e del benessere di segmenti di pubblico che tendenzialmente non frequentano i musei ( famiglie numerose, persone fragili, diversamente abili, adolescenti). Quali sono quindi i cambiamenti che ci dobbiamo aspettare e le nuove tendenze che il settore affronterà?

Come Federculture abbiamo sostenuto che da questa grave crisi, sociale ed economica oltre che sanitaria, si potrà uscire solo grazie alla cultura, alla coesione sociale che la cultura può dare: una sorta di nuovo “welfare” nel nome della cultura. Per questo abbiamo chiesto che si preveda una grande campagna di promozione della cultura a ogni livello e in ogni luogo, dalle città ai borghi appenninici. Insieme, però, abbiamo anche proposto che nel Programma del cosiddetto Recovery Plan si trovino le risorse per un grande investimento colto all’efficientamento energetico delle strutture culturali in modo che si possa entrare e rimanere in un museo, come in un cinema o in un teatro, sapendo di respirare aria sana e pulita. Inoltre, Federculture ha posto il tema della digitalizzazione degli Archivi e della memoria storica della cultura italiana per consentire a tutti i giovani studiosi e ai ricercatori la possibilità di utilizzare i materiali di enorme importanza per il loro lavoro in sicurezza e in remoto.

Alla fine si è deciso che il Salone del Mobile, seppure in forma ridotta si farà, ritiene che questo sia un segnale tangibile di ripresa?

Sicuramente sì. Anche se non sarà il Salone del Mobile che siamo abituati a frequentare, per via della scala ridotta dell’iniziativa e per via dell’impossibilità di partecipare di molti buyers e ospiti internazionali ancora impossibilitati a viaggiare. Sarà un primo, forse il primo, segno di svolta per il Paese che vuole riprendere il suo ruolo nel mondo, in particolare nel campo del design per il quale è ancora il punto di riferimento in campo internazionale. Ci vorrà l’impegno di tutti, in particolare delle istituzioni nazionali e locali, per fare del Salone 2021 ancora un successo e insieme una manifestazione di “popolo”.

 

Foto di Petar Milošević by Wikimedia

 

Commenti

Devi fare login per commentare

Accedi

Gli Stati Generali è un progetto di giornalismo partecipativo

Vuoi diventare un brain?

Newsletter

Ti sei registrato con successo alla newsletter de Gli Stati Generali, controlla la tua mail per completare la registrazione.