Beni culturali

800 euro per 4 mesi di lavoro. L’offensivo bando della Soprintendenza di Salerno

3 Febbraio 2015

Lo diciamo subito: il bando di cui stiamo parlando è stato frettolosamente ritirato, a meno di un mese dalla sua pubblicazione. Eppure questa storia merita di essere raccontata. Se non altro perché, come denuncia l’Associazione Nazionale Archeologi (Ana), non ha i caratteri dell’eccezionalità, ma è l’esempio di una “tendenza, ormai diffusa presso molte amministrazioni ed enti pubblici e consacrata di recente dai vertici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, di sminuire e mortificare anche sul piano economico il ruolo e le competenze degli archeologi italiani ed in generale degli operatori che si occupano di beni culturali”.

Per ricostruirla partiamo dall’inizio, ovvero dal dicembre scorso, quando la Soprintendenza di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta annuncia l’apertura di una “Procedura di valutazione comparativa per l’affidamento di un incarico di realizzazione del sistema informativo geografico (GIS) dei siti di Paestum e Velia”.

Il bando viene pubblicato lo scorso 18 dicembre, con scadenza a dieci giorni, a ridosso di capodanno. Quello che colpisce, però, è la mole del lavoro richiesto, a fronte di una retribuzione irrisoria.

Nel bando si parla (art. 1) di ben sette fasi di lavoro, per le quali, oltre ad una solida e specifica preparazione archeologica (siti di Paestum e Velia), sono previste elevate competenze di tipo informatico e tecnico-scientifico (analisi e trattamento informatico dei dati archeologici, GIS, topografia e rilievo topografico di precisione).

Si va dal censimento dei dati archeologici delle città antiche di Paestum e Velia, alla digitalizzazione dei supporti cartografici, passando per il trasferimento del tutto in ambiente GIS e la verifica della precisione topografica, “anche con prese di rilievo dirette”.

Un lavoro consistente, insomma, che richiede competenze e tempo. Non a caso nel bando si parla di circa 4 mesi, limite massimo per la durata della collaborazione. Ma a fronte di tutto ciò la retribuzione fissata (art. 3) è ridicola: “1000 euro al lordo di ritenute fiscali, previdenziali ed assistenziali”. Volendo approssimare, non più di 800 euro.

La cosa finisce all’attenzione dell’Associazione degli archeologi.

«Quello che ci ha colpito – spiega Nicola Meluziis dell’Ana Campania – è che alla modesta retribuzione corrisponde la richiesta di competenze avanzate sia dal punto di vista archeologico che informatico, e una mole di lavoro significativa, da compiere alla scrivania, in biblioteca e sul terreno. Non è possibile quantificare la durata in ore, ma di certo non stiamo parlando di un impegno di poche settimane. Il fatto che il tempo massimo per la prestazione fosse stato fissato in 4 mesi dà l’idea della dimensione del lavoro necessario».

Purtroppo non si tratta di una novità.

«Questo tipo di bandi – afferma Meluziis – sono sempre più frequenti, e sono indicativi della filosofia con cui si lavora nel campo dei beni culturali. Un bando come questo è offensivo per chi svolge questo lavoro, ma è anche il sintomo dello scarso valore che oggi in Italia si dà alla tutela del patrimonio artistico, oltre che dello scarso interesse per le professionalità».

Alla fine, come detto, il bando è stato ritirato. Guarda caso, a pochi giorni di distanza dalla denuncia dell’Ana. Ma la ragione – secondo quanto precisato dalla stessa Soprintendenza di Salerno, sul proprio sito web – sarebbe un’altra: “errore nell’oggetto della prestazione”.

@carlomariamiele

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