Arte

URBANSOLID e le sculture per denunciare il degrado con l’ironia

28 Ottobre 2014

A volte può capitare che un legame di amicizia diventi artistico. Nella periferia di Milano da qualche anno due vecchi amici hanno dato vita ad un gruppo che si chiama URBANSOLID e dentro un capannone, facendosi largo tra sculture, stampi e colle è facile possa trovarsi dell’arte.
«Le sculture hanno bisogno di spazio» ed è quello che trovano in un enorme magazzino, anonimo e comune all’esterno, particolare e inaspettato all’interno. Tra calchi e gessi, colle e stampi si sente l’odore dell’artigianato puro. La base dell’arte di URBANSOLID si tocca tra gli attrezzi e le tute, le macchie e i rumori. Povera e semplice eppure attuale ed efficace.

Il progetto artistico nasce nel 2009 ma la coppia che ci lavora si conosce da una vita. URBANSOLID è l’unione di due artisti con un background classico e accademico. Dopo gli studi all’Accademia di Belle Arti di Milano iniziano a creare delle opere concettuali sul contemporaneo perché sentono necessario trasmettere un messaggio. Riflettendo sul contemporaneo ideano delle sculture che con ironia spingono alla riflessione sul quotidiano.
Fondato sulla volontà di tenersi lontana dalla burocrazia dell’arte, URBANSOLID senza passare per le gallerie cerca un «museo a cielo aperto dove trovare la reazione della gente che partecipa con un rapporto diretto con l’arte che crea».
Un’arte la loro, che da alcuni anni ha già perso i confini nazionali, da Milano dove «siamo stati i primi a diffondere questa nuova forma di arte di strada», la coppia di artisti spesso monta sul sedile di un camioncino e con un cofano stracolmo di arte e denuncia partono per l’estero, meta ambita per l’arte. Londra, Praga, Amsterdam fino a Parigi, l’ultima di una serie di tappe estere per diffondere i loro lavori.

Il tipo di arte di URBANSOLID appartiene alla famiglia della street art di cui abbracciano la filosofia di esecuzione. Partendo da Milano fino alle città europee, armati di adrenalina e colle attaccano le loro sculture al limite della legalità e della permanenza «il 90% di quello che facciamo è illegale, puntiamo a installare le sculture in luoghi in cui possano restare più a lungo». Sebbene “illegale” , tuttavia il loro lavoro artistico viene incollato in zone ormai di norma riconosciute come zone franche per la libera espressione artistica. URBANSOLID ha nel suo DNA e nel suo stesso nome l’intenzione di essere una solida arte urbana, pertanto è facile trovare le loro sculture contestualizzate in realtà degradate, sopra muri e pareti distrutte o quasi, in ambienti che l’incuria e il disinteresse hanno abbandonato alla decomposizione cittadina.

«La scultura ha bisogno di regole, rigore e tecnica», per i due artisti questo tipo di arte è difficile, tanto che non tutti la fanno, in pochi la realizzano. La coppia di artisti concepisce delle sculture particolari per due aspetti: la tridimensionalità e l’ironia. La street art, la corrente artistica che li accoglie, non sempre ha la tridimensionalità che invece hanno le opere di URBANSOLID «ci distinguiamo perche usciamo dal muro in maniera diretta, pioneristica, l’oggetto ha una dimensione in più». Nelle loro installazioni c’è la fisicità dell’oggetto, di cui si ha la percezione non solo visiva ma anche tattile a cui si aggiunge l’ironia, aspetto astratto, che unito alla concretezza della materia dà vita ad un’opera unita ed unica.

Il gruppo artistico è legato a ogni lavoro fatto, ogni creazione ha un sua cellula di ideazione e un ricordo di costruzione, ognuna di loro è legata ad una analisi sul quotidiano, di cui raccontano con ironia quello che non va.

Tra le opere di cui vanno più fieri c’è il televisore da cui esce una faccia che imbocca un telecomando, espressione di quanto la tv abbia assunto il controllo sull’esistenza umana, l’uomo viene allora partorito dal mezzo che dovrebbe controllare. Il telecomando tenuto tra i denti, da oggetto di gestione diviene materia prima con cui sfamare l’ingordigia di opinabili contenuti offerti dalla televisione.

C’è poi l’Adamo che da atavico progenitore della specie umana diviene matrice primaria di decostruzione dell’uomo. Vestito da superman, manifestazione del sentimento eroico di cui si veste l’uomo moderno per resistere alla frenesia quotidiana della città, o da carcerato, per raccontare la metafora della prigionia esistenziale a cui siamo costretti a sottoporci, per adeguarci alla normalità della massa; prigionieri di una convenzione. Infine lo stesso Adamo è semplicemente riletto in chiave pop, la foglia di fico al solito posto a coprire la vergogna del pudore a cui è associato un ray-ban sopra un sorriso beffardo, a ricordare, forse chissà, che l’uomo primigenio conosceva già il futuro dell’esistenza.

Agire nel contesto urbano, intervenire nel dibattito quotidiano molto spesso ignorato con «la voglia di dire qualcosa. La nostra arte non è fine a se stessa, c’è un significato sociale e contemporaneo, una sorta di beneficienza. Vogliamo trasmettere un messaggio sociale attraverso l’arte», tutto qui l’ambizione di una coppia di artisti che con costanza resiste nel curare e coltivare l’arte in Italia, un Paese che molto spesso dimentica le sue ricchezze culturali. «Gli italiani sono artisti. Il mondo ci invidia il nostro buon gusto che mettiamo dappertutto, ma il nostro Paese non ha la forza, la grinta, l’atteggiamento imprenditoriale per finanziare e investire in cultura, perdendo così un importante ritorno economico».

URBANSOLID è stato raccontato anche in un documentario firmato dalla regia di Davide Trapani, DavidDrills, che si trova sul suo canale Vimeo

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