Arte
Ti ho amato lo stesso
Eri lì, appoggiata allo stipite della porta, con le braccia conserte ed i piedi intrecciati. Sorridevi e muovevi la tua testa con una felicità inaudita. Ma quando l’hai reclinata dolcemente all’indietro, nella torsione, ho visto il tuo lungo collo che avrei voluto voluttuosamente baciare ed accarezzare.
Eri lì ad aspettare che io venissi per cingerti in un appassionato abbraccio e sfiorare la tua guancia per trasmetterti il mio silenzio e la mitezza del cuore. Non bisogna dir nulla in questi frammenti d’amore: è inutile e volgare, i corpi si adescano irresistibilmente, come i fili adunchi in una magnetica combinazione che inesorabilmente porta le anime a parlarsi tra loro, senza che lo sappiano e senza che possiamo fare alcunché.
È il mistero esoterico che si svela e non ci racconta il come ed il perché ineluttabile di un commovente ed impetuoso incontro.
Cautamente e con avveduta prudenza, senza sentire neppure i rumori dei miei passi e con modi gentili che si calano in questi momenti di pura seduzione , ove il desiderio d’amore prende piede ed attecchisce in un fecondo terreno, mi sono avvicinato adagiando le mie madide mani sul tuo collo di pelle levigata e morbida. Blandivo i petali di una rosa profumatissima.
Ho sfiorato i lunghi capelli neri di seta corallina, che scendevano come l’edera di foglie confuse e mosse da un vento sconosciuto e suadente a sentirsi, perché pieno di gradevole freschezza.
Dalle tue spalle si slancia un viso bianchissimo con occhi rutilanti e grandi, come quelli di un gatto astuto. Avevi una luce dentro che rischiarava ogni mio gesto.
La tua camicia richiamava i colori accesi ed intensi del mare e copriva i turgidi seni che volevo ansimante toccare, ma la pudicizia di un timido bimbo mi è sovvenuta e severamente mi sono fermato.
Tu hai sorriso: eri accondiscendente, come se autorizzassi ed aiutassi l’ammissione della mia colpevolezza d’amore, che copre ogni gesto di approccio e di un sentire comune di una coesione irrefrenabile che le anime trafelate cercano, come naufraghi la riva o una roccia cui aggrapparsi.
Hai sgranato ed allargato i tuoi occhi, come se volessi conferire beneplacito alle mie mani che tremolanti, invano, si accingevano a lambire il tuo volto. Ci parlavamo, stando in mitico e religioso silenzio: lo facevano le gestualità inconsulte ed insopprimibili dei nostri corpi, che si sfioravano appena.
Eri lì: hai rimosso la solitudine che coltivavo come un fiore ed i dispetti di una vita senza senso: non ti ho toccato dove volevo e ti ho amato lo stesso.
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