Arte

“Survival”: la sopravvivenza dell’arte in mostra al CAM

11 Ottobre 2016

In un paese in crisi come l’Italia, dove il settore dell’estetica è uno dei pochi in  espansione, diviene sempre più impellente l’interrogativo sul valore della cultura. Alle creazioni culturali si richiede di assuefarsi al dogma di tutto gli altri prodotti di consumo: trovare una legittimazione in termini di valore di mercato.
La vita delle  creazioni artistiche dipende sempre più dalle vendite e dai ricavi del botteghino, non prima di aver avuto accesso alle gallerie d’arte in cerca di notorietà. I critici sanno bene però che non c’è una correlazione esatta tra i meriti intriseci di una creazione e la celebrità dei loro autori perché spesso è la celebrità del marchio, della galleria a promuovere l’artista.
Qual è il sentiero che deve percorrere l’arte contemporanea e quale  ruolo ha  l’artista nell’attuale società, è il tema di una conferenza tenutasi al CAM, museo di arte contemporanea di Casoria che, nonostante le difficoltà, fa ricerca e sperimentazione rendendosi ancora una volta capofila di espressioni artistiche dai contenuti polemici perché espressione del disagio sociale.
La mostra, inauguratasi il 23 Settembre e  curata da Antonio Manfredi, direttore del museo, si intitola appunto “Survival”  in cui il tema della sopravvivenza dell’arte contemporanea viene declinato da una serie di performance, dibattitti, live music.
Artisti arrivati dall’Arabia Saudita, dall’Oman, dal Marocco e da molti altri paesi  hanno avuto la possibilità di  incontrarsi e confrontarsi per   partecipare al dibattito sempre attuale sulla sopravvivenza nel mondo dell’arte  per poi realizzare un esperimento visivo  in cui gli occhi dei protagonisti filtrano la realtà e la riconsegnano nella sua durezza, poeticità, difformità, ma sempre e comunque senza menzogne.
Lo scopo dell’evento è di attestare la presenza di un mondo, quello artistico, che lotta per sfuggire alla mercificazione e per conservare la libertà della  scelta espressiva.
L’artista praghese Chris Herdel con una conferenza dal titolo “Sul ruolo dell’arte visiva nell’unione Europea”, sottolinea come sia sempre più diffusa la tendenza a ridurre la vita dei prodotti artistici in una performance, in un happening, dalla natura provvisoria come il breve lasso di tempo tra un’ inaugurazione e lo smantellamento di una mostra.
Se la data di scadenza è allora una caratteristica che non risparmia l’arte moderna, al pari di un’azienda che promuove un marchio, i produttori di eventi artistici non tenderanno, riportando un’espressione di Steiner, al “massimo effetto e un’obsolescenza immediata”?

Dinanzi a questa nuova tendenza dell’arte viene stravolto il concetto stesso di bellezza che non è più legato al concetto di eternità, il valore nel tempo non sembra più essere un tutt’uno col valore estetico.
In realtà la pop art e l’intera opera di  Warhol tra cui emblematica “192 One Dollar Bills” (raffigurante una serie di banconote da un dollaro) nonché quanto affermava nella sua Filosofia,  “comprare è molto più americano di pensare, e io sono molto americano”, già  ponevano l’arte al pari di un qualsiasi prodotto commerciale che deve essere “consumato”. Oggi però è altrettanto vero che l’arte, che ha vissuto per secoli in un rapporto di amore-odio con l’amministrazione, ha bisogno di essere finanziata; le creazioni culturali hanno bisogno di amministratori se non  vogliono estinguersi lontano dai rumori del mondo, isolandosi in una torre d’avorio .
Dinanzi a questa necessità impellente di sovvenzionare l’arte che politiche istituzionali dedite ai tagli hanno ormai  dimenticato non si devono far tacere interrogativi sulla libertà della creazione artistica rispetto all’estetica decisa dal grande mercato speculativo mondiale dell’arte.
La mostra-spettacolo che ha visto esposte più di 250 opere tra pittura, scultura, opere, fotografie, video  installazioni, poesia e performance musicali si fa, quindi, messaggio della capacità di resistenza della cultura nel produrre arte libera dalle logiche di mercato.
Tra le opere esposte, un Pulcinella messo in croce dell’artista Pina Candileno in cui la maschera trasfigurata assume le sembianze di una donna il cui corpo è consumato e martoriato dai quotidiani femminicidi.

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Luciano Campitelli ha realizzato un Cristo fluttuante tanto leggero da sembrare un drappo e che ha nascosto il dolore tra le molteplici pieghe per restituire l’umanità al suo originario candore.

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“Il rischio di non perdersi” di Fabio Giampietro in cui l’asportazione del colore serve a far affiorare l’immagine, è la rivolta contro un tempo che scorrendo muta l’aspetto delle cose e invita all’oblio. Il suo è un tempo che  cristallizza, rendendo eterni i sentimenti.

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Dal gusto minimalista, supportato dal segno grafico, l’opera di Fausto Rullo ha la peculiarità di sintetizzare forme e concetti complessi che abitano il presente. Il suo “Ominide” è un uomo che ha perso la capacità di emozionarsi, ha una scatola al posto al cuore e il filo spinato delimita l’uscita dal sé, impedendogli di comunicare con l’altro.

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Opera di denuncia sociale di fronte agli impellenti bisogni che emergono dallo stato di degrado e di abbandono del territorio, e al tempo stesso narrazione lirico-poetica che narra il profondo legame degli abitanti a un luogo  depositario di valori identitari e comunitari, è la mostra fotografica ambientata nel territorio di Afragola presentata dall’associazione Kairos.

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Survival, di chiara ispirazione ad un album di  Bob Marley, simboleggia, quindi, la determinazione del CAM a non indietreggiare dinanzi alle difficoltà di  coabitazione cittadina e con l’amministrazione locale, e, al tempo stesso, è l’attestazione di un museo sempre aperto all’innovazione stilistica e all’originalità creativa di artisti che, lontani dalla mercificazione delle gallerie, gestiscono autonomamente, impegnandosi in un dialogo che si fa confronto con realtà vicine e lontane.
Se Kooning suggerisce che in questo nostro mondo il contenuto è una occhiata fugace, una visione fuggevole, uno sguardo en passant , Survival cerca di smuovere occhi  e  coscienze sul valore dell’arte libera lontano dai cimiteri  delle logiche manageriali proprio attraverso un occhio  che, come Saramago sostiene in “Cecità”, è l’unico luogo del corpo in cui esiste un’anima.

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