Arte

Malaga, Catalogna

21 Luglio 2024

La geografia è una disciplina sempre meno conosciuta. Soprattutto dalle ultime generazioni, da quando è stata classificata come materia da abolire a scuola perché inutile.

Ciò, naturalmente, non vale soltanto per noi bensì anche per altre nazioni ugualmente sciagurate. Prendiamo gli Stati Uniti, per esempio. Lì continuano a confondere la Spagna coll’Italia, solo per dirne una. Non so se vi ricordate un video di Cher di molti anni fa, quasi archeologia, Dov’è l’amore (1999). La frase e la  sua continuazione sono in italiano ma i ritmi sono assolutamente gitani così come i costumi indossati da Cher, in un contesto tipicamente iberico. Spagna e Italia coincidono per quei popoli d’oltremare.

Ma oggi è peggio. Studenti universitari usoniani, interrogati su quali lingue si parlassero in Europa, restavano basiti. Ma l’europeo, naturalmente, che altro? Nulla, non sapevano dell’esistenza delle molteplici lingue, per loro esiste solo l’inglese. Tutto si fa in inglese, che bisogno c’è di sapere altro. Le capitali, poi! Roma si trova in Francia, Londra in Europa (bella scoperta), Berlino (cos’è?), e così via.

Lasciamo gli usoniani d’oggidì e le loro molteplici lacune e torniamo in Italia, dove pure la geografia non se la passa molto bene.

Oggi mi si manifesta davanti un articolo di Livia Montagnoli, giornalista che scrive su varie testate come Artribune e Gambero Rosso, a proposito del nuovo archivio online che il Museo Picasso di Parigi mette a disposizione di tutti. Che bella cosa, ogni tanto qualcosa di veramente utile e culturale. Ma in agguato è sempre la geografia, che dissemina trappole per i più distratti o ignoranti, facendo fare delle figure da cioccolatai o da ciculatè, come direbbero a Torino, dove nasce l’espressione. Torino, per chi non lo sapesse, è il capoluogo di regione del Piemonte e prima capitale d’Italia. Sebbene, per essere sinceri, la vera prima capitale, dove Garibaldi issò la bandiera tricolore, fu Salemi, in provincia di Trapani. Ma durò solo un giorno, una capitale di circostanza.

Orbene, qual è la trappola ordita dalla geografia nell’articolo di Montagnoli? Ecco, leggete:

Il nuovo archivio online del Musée Picasso di Parigi per esplorare opera e pensiero dell’artista

quasi all’inizio: “…il Musée National Picasso di Parigi ha lavorato, negli ultimi mesi, per digitalizzare una gran mole di materiale riferito all’artista catalano, protagonista nel 2023 di numerosi progetti…”

Picasso è diventato catalano. No, signora Montagnoli, Pablo Picasso non è mai stato catalano perché è nato a Malaga, e, per chi la geografia la conosce, Malaga sta in Andalusia. L’Andalusia occupa tutto il sud della Spagna, per chi non lo sapesse, e la Spagna quasi tutta la Penisola Iberica. Picasso avrà risieduto per molti anni a Barcellona (capitale della Catalogna, regione spagnola), città che l’artista amava moltissimo, ma non era catalano. Anzi, diciamo che in generale, ai catalani gli andalusi non piacciono molto, ai catalani piacciono solo loro stessi, un caso di narcisismo etnolinguistico disperato e in crescita. Perfino Cristoforo Colombo e Leonardo da Vinci, secondo alcuni luminari locali, avrebbero avuto origini catalane. Il festival della cialtroneria.

Ma rassicuriamo la povera Livia Montagnoli: è in ottima compagnia. Un editore blasonato come Skira, che di arte se ne intende, incorre nella medesima trappola:

https://www.skira.net/books/picasso-1/

“La vita e l’opera del maestro catalano attraverso i suoi più grandi capolavori.”

No-o, Malaga è in Andalusia. Fatevene una ragione.

In precedenza perfino Io Donna, costola adamitica del Corriere della Sera, magnificava una mostra genovese dove sarebbero state esposte le opere più care a Picasso, esibendo nel titolo la convinzione ricorrente:

Pablo Picasso: in mostra a Genova tutte le opere più care al genio catalano

Pure Libreriamo, che è un website di libri e “cultura” si ostina a dare la nazionalità catalana al grande malagueño:

”This is Picasso”, la vita privata dell’artista catalano negli scatti del fotografo Douglas Duncan

Il massimo è un’audioguida del Museo Picasso di Barcellona che lo dà per catalano, ma lì giocano in casa:

https://travelmate.tech/it/spagna/barcellona/museu-picasso/museo

“In questa galleria scoprirai tante cose sulla vita e le vicende artistiche del grande pittore catalano e farai un viaggio fra le sue opere giovanili, quando Picasso frequentava l’avanguardia artistica di Barcellona…”

Io resto senza parole. Proprio nei luoghi dell’informazione e della cultura si danno informazioni erronee.

Come dire che siccome Caravaggio aveva vissuto e prodotto la maggior parte delle sue opere tra Roma, Napoli, la Sicilia e Malta, fosse diventato romano o napoletano. O come se Ennio Flajano, pescarese d’origine, ma che ha vissuto prevalentemente a Roma, diventasse improvvisamente romano.

D’altro canto l’istruitissima Gelmini, secondo la quale la geografia era inutile, era convinta che esistesse un tunnel reale tra Ginevra e l’Abruzzo, dove gli atomi si producevano in corse alla velocità della luce e l’attuale ministro della Cultura (cultura?) Sangiuliano, si esibisce di continuo in ostentazioni di colossali errori di tutti i tipi. Quelli geografici sono gustosi, come per esempio l’aver fatto apparire per magia Times Square (che sta a New York, U.S.A) a Londra, Regno Unito (che, per chi non lo sapesse, sta in Europa).

Potrebbe tornare utile l’urlo ovino di Vittorio Sgarbi? Capre, capre capre! Almeno la geografia credo che Sgarbi la conosca, uno degli ultimi.

Basta, vado a farmi due spaghetti allo scoglio al ristorante “Edelweiss” in riva al mare, a San Candido. Pesce appena pescato, eh, dalle scogliere vicino al porto del ridente paese costiero, pesce morto e risuscitato, non quello che arriva dal Pacifico.

 

 

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