
Arte
Lo stato dell’arte
Polemiche sulle statue moderne nelle piazze di Firenze
Firenze, si sa, guai a chi la tocca. L’aspetto cristallizzato di questa città dev’essere sempre quello di Camera con vista, mai sia cambiarlo.
Certo, aggiungere qualcosa di un po’ più moderno in un contesto ormai iconizzato come Piazza della Signoria o Piazza del Duomo è impegnativo. E i fiorentini, è notorio, si burlano sempre di qualcosa, pensiamo ad Amici miei, a Monicelli, a Benigni, a Benvenuti, ai Giancattivi e tutta una serie di comici burloni molto fiorentini, molto perfidi.
La sorte che è toccata alla statua Time unfolding, di Thomas J. Price, che rappresenta una donna nera (in realtà è tutta dorata, un po’ come una Bond girl in Goldfinger) che legge il suo smartphone. La donna è abbigliata casual, potrebbe stare in qualsiasi parte del mondo, ma evidentemente Firenze è una cornice confortevole per le sue conversazioni telefoniche, dalle torto.
Qualsiasi innovazione ai fiorentini non va bene. E allora entrano in azione i goliardi. E che fanno? Appendono delle banane alla statua. Tutti gridano al razzismo. Comunque, razzismo a parte, anche quei goliardi non hanno finezza. Di banane ne sarebbe bastata una sola, appiccicata col nastro adesivo grigio ed ecco lo sberleffo all’arte contemporanea un po’ fuori dai canali ufficiali: due opere d’arte (?) in una sola. Naturalmente la banana va cambiata ogni tre giorni, e si può mettere all’asta, come attrattiva turistica, l’hanno venduta per milioni a uno scioccherello che è rimasto colle mani vuote, essendo la banana qualcosa di deperibile.
Ma anche per fare la parodia ci vuol cervello.
Io qui vi espongo qualche idea per rimodernare il parco statue della penisola, proprio nelle città d’arte, proprio per riportare in auge un’arte, la scultura, che per tanto tempo ha caratterizzato la produzione italiana e che, in tempi ormai lontani, ha espresso il massimo della bellezza, il corpo umano nello spazio, come se fosse vero: perché non parli? E giù una martellata di Michelangelo sul povero ginocchio di Mosè. Naturalmente sono dicerie, ma sono quelle frasette da scuola elementare che poi si ricordano nella maturità e confortano chi se ne sovviene perché è la carezza del tempo perduto, ne fanno parte anche Eppur si muove, Il fine giustifica i mezzi, Se non hanno pane che mangino brioches!, e mille altre mai pronunciate dai diretti interessati ma appioppate loro dalla tradizione.
Basta, torniamo alla scultura.
C’è da pensare come mai, se, nel Rinascimento, Firenze era tutto un pullulare di scultori, oggi, con un’efficiente Accademia di Belle Arti, non se ne mette insieme manco uno. Vi vengono in mente scultori famosi contemporanei, cioè di questi anni, che vengano fuori da quella scuola fiorentina? A me no. Sarà perché sono ignorante, sono sempre pronto a ravvedermi qualora mi venga indicata un’opera di uno scultore locale di oggi che abbellisce una piazza cittadina.
Così si chiede ai forestieri di colmare il vuoto. Emanuele Giannelli, romano di nascita ma frequentatore di Pietrasanta, la nuova capitale del marmo, ha fornito i suoi Giganti, Marco Lodola, pavese, famoso per i suoi totem, ha esibito la sua coloratissima panchina, L’attesa. E qui e là poi ci sono opere sparse, tra cui il Time Unfolding.
Nulla, ai fiorentini non piacciono, ma si sa, i fiorentini sono delle lagne veramente moleste. Perfino il marchese de Sade ne parlava malissimo, dei fiorentini, indifferenti alla Storia e alle bellezze che hanno ereditato, attenti solo ai quattrini. Certo, bisogna pur considerare che il confronto con Michelangelo, Donatello, Bernini, Giambologna è impegnativo, potrebbe scoraggiare qualsiasi scultore.
Ma io credo che siano proprio i soggetti delle sculture un po’ tristini. E scetateve, scultori, e sorridete, ogni tanto, non prendetevi sempre così sul serio che l’epoca è già fin troppo truce. Alleggeritevi.
Prendete ispirazione dalla storia locale, in ogni città d’Italia, e riempite le piazze coll’ironia. Sono ormai delle Disneyland irreversibili? Allora facciamole complete. Magari i bambini potrebbero divertirsi molto e iniziare ad apprezzare la scultura e l’arte, è sempre un primo passo importante verso la creatività per un bambino.
Partiamo proprio da Firenze e risciacquiamo i panni in Arno, lo hanno già fatto due secoli fa, forse era ancora un Arno d’argento dove si specchiava il firmamento, oggi più che Firenze sogna sembrerebbe Firenze fogna, magari dopo le inondazioni che portano giù di tutto. Ma lasciamo stare anche questo, la manutenzione dei fiumi, in Italia, è una cosa fuori moda, ne abbiamo già parlato in passato, e torniamo alla scultura.
Allora. Si potrebbe incominciare a commissionare un Dante che incontra Beatrice al ponte di Santa Trinita (senza accento perché a Firenze la Trinità si dice Trìnita, un latinismo, che chic). Ma funzionerebbe con Terence Hill, Lo chiamavano Trìnita? No, no, meglio Trinità, è più musicale. Pensate: Dante e il gruppo delle tre donne raffigurate nel dipinto di Henry Holiday (Enrico Vacanza), che sta al museo di Liverpool, in marmo di Carrara, perché bisogna sempre utilizzare materiali locali, per valorizzarli. E mettere i due gruppi, Dante e le signore, proprio al Ponte di Santa Trinita, Tanto gentile e tanto onesta pare, eccetera. Potrebbe essere anche carino farne la caricatura dei quattro, tipo le due amiche di lei che lo guardano dall’alto in basso, ma questo che vuole, Beatrice invece tutta contenta, e il povero Dante, che all’epoca dei suoi incontri era un ragazzino e non l’uomo maturo raffigurato nel dipinto, colla lingua penzoloni che sbava. Un po’ di dissacrazione, suvvia.
Si potrebbe continuare con la statua di Galileo Galilei che gioca a palla colla Terra, o che la fa roteare sul naso, come una foca. I bambini sarebbero contentissimi se potessero azionare la sfera e farla girare a velocità. Certo, andrebbe ben assicurata con un perno solido. Per variare, la statua potrebbe essere in pietra serena, o una serpentinite appenninica, di Prato, verdastra. Magari la Terra di un colore diverso, usando il Giallo Broccatello della Montagnola senese.
Come far mancare Cecco Angiolieri, sboccatissimo, questo in Nuvolato Etrusco, sempre della Montagnola, che tocca il sedere alle turiste, in marmi diversi, o Antonio Meucci, gloria di San Frediano, che tiene in mano lui lo smartphone, con faccia perplessa, non capacitandosi di come funzioni quella diavoleria moderna, senza cornetta, senza filo. Non dimentichiamoci di Margherita Hack, astronoma buonanima, che sarebbe da mettere a poca distanza da Galileo, vestita in costume da calcio storico che para in porta la Terra-palla calciata da Galileo.
Poi ci sono i personaggi letterari. E qui ci si potrebbe sbizzarrire.
Cominciamo col Frate Cipolla di Boccaccio che vuol vendere la piuma dell’Arcagnolo Gabriello alle turiste cinesi. Lui in marmo pario, le cinesi in giallo Siena. Oppure Lorenzo il Magnifico che vomita, guardando le opere di Lodola, lui, abituato a ben altro. Oppure dei pompieri moderni che appiccano il fuoco al rogo di Savonarola, questo piazzato, naturalmente, in Piazza della Signoria, dove avvenne lo spettacolo. Oppure anche un cenacolo musicale dove Giulio Caccini, l’inventore del melodramma, interloquisce con Irene Grandi e Marco Masini, una sorta di Scuola di Atene, dove anche Leonardo spiega a Giovanni Battista Lulli, sulle punte, come si realizzano le scenografie per i suoi balletti.
Ma pensate cosa non si può fare a Venezia. Un’orchestra intera di putte veneziane dirette da Antonio Vivaldi, piazzata in un concerto muto proprio davanti alla Chiesa della Pietà, la chiesa degli orfani dove circolava Vivaldi. Pensate che suggestione vedere le statue sommerse dall’acqua alta, l’orchestra annegata che poi riemerge quando l’acqua defluisce. Una bella installazione, con musica, oggi si può fare di tutto. Oppure la statua di Giacomo Casanova che corteggia le dame veneziane, tra cui anche un’improbabile Patty Pravo, con un salto pindarico nel tempo e nello spazio. Queste statue esposte alle Zattere, dove Ezra Pound offrì il famoso gelato a Patty. Anche quest’aneddoto mi sa che è da annoverare tra le frasi come quella delle brioches di Maria Antonietta.
Poi andrei sui personaggi teatrali e qui la fa da regina La Gioconda, non quella di Leonardo ma la protagonista dell’opera di Ponchielli. Così come anche Otello, il moro, che oggi si tende a rappresentare candeggiato per una sciocca politica woke. Pensate Otello e Gioconda che giocano a scacchi in piazza San Marco, al centro, anche lì esposti alle inondazioni. Gli scacchi, naturalmente, sono tutti gli altri personaggi delle due opere. Ma avete idea che attrattiva turistica potrebbero essere? La pietra da utilizzare qui è assolutamente la Pietra d’Istria e il bronzo.
Andiamo a Napoli, dove pure ci sono molte possibilità.
Innanzi tutto un’orgia pompeiana riprodotta in Piazza del Plebiscito, con vari gruppi su triclini, per amore storico. Poi sicuramente una Donna Sophia che fa la cuoca e che tiene una pizza in mano, a forma di Vesuvio, e, oserei dire, anche Totò che, seduto su una panchina insieme a Maradona, gli mostra l’ampolla col sangue di san Gennaro spiegandogli come funziona, con Maradona che non capisce alcunché. E quindi anche un presepe napoletano a grandezza naturale in piazza del Gesù Nuovo, coi Re Magi che hanno le fattezze di Bassolino, De Luca e Sangiuliano, mentre il bambino sacro sarebbe Pulcinella, la Madonna Leopoldo Mastelloni e san Giuseppe Bud Spencer.
Napoli offre una tale quantità di personaggi che nessun’altra città offrirebbe ed è anche abbastanza estesa per piazzare le nuove statue qui e là. La pietra lavica è senza dubbio la più adatta per delle vere statue napoletane, ma anche la ceramica, molto in voga in Campania, offrirebbe cromatismi opportuni.
Purtroppo non ho fatto in tempo a esporre queste mie idee al precedente ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, che sono certo avrebbe approvato a furor di popolo.
Provate a esercitarvi colle altre città, Verona, Palermo, Torino, Milano, Lecce, Roma e proponete un rinnovo stilistico alle varie giunte comunali in collaborazione colle Accademie di Belle Arti locali. Che si facciano nuovi corsi di scultura! Open to paccottiglia!
Sarebbe un successone.
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