Arte
L’Italia evita Modigliani (Lui ne avrebbe sorriso con sarcasmo)
La mostra di Livorno, (novembre febbraio 2020) città natale di Modì, curata da Marc Restellini, tra i più autorevoli esperti di Modigliani, resta, con molte probabilità, l’unico omaggio all’artista italiano nell’occasione del centenario della sua morte. Circa una decina di suoi straordinari dipinti e diversi disegni, con oltre cento opere di artisti come Chaïm Soutine, Maurice Utrillo, Suzanne Valadon, Andrè Derain, Moïse Kisling, suoi amici di Montparnasse, hanno attirato decine di migliaia di visitatori. Raggiunte centomila presenze in tre mesi d’apertura! Questo, il flusso che ha interessato la mostra Modigliani e l’avventura di Montparnasse, allestita dal comune di Livorno nelle sale del “Museo della Città” per ossequiare il suo artista più illustre.
Dopo Livorno, il silenzio assoluto. L’Italia, a livello ufficiale, si disinteresserà completamente dell’importante celebrazione, lasciando che a ricordare degnamente Modigliani siano altri paesi. Lo stesso Restellini, curerà due mostre nel 2020, una a Città del Messico, l’altra a Vienna. Mentre, da noi, ad oggi, non risultano iniziative in programma, sebbene la fase della quarantena volga al termine e vi siano altri sette mesi per arrivare al termine del’anno. Cento anni dopo il 24 gennaio del 1920, il nostro Amedeo, rivive l’equivoco, l’incomprensione e il giudizio di sufficienza che la sua arte ha sempre ricevuto dal mondo accademico italiano. Eppure, il pubblico, non si è mai allineato a questa valutazione tanto formale. Ha sempre amato quest’artista straordinariamente intimistico, capace di creare un effige per il mondo intero, apprezzata universalmente.
Qui, in Italia, il Ministero dei beni Culturali, o i grandi Musei, non hanno pensato a niente che potesse celebrare la morte di un italiano che, pur malato e in condizioni che lo umiliavano fuori misura, è diventato uno degli artisti più significativi del ‘900. Come se non fosse vero che i suoi capolavori sono presenti nei musei più importanti di tutti i continenti e nelle collezioni più pregiate. Come se non si avvertisse il bisogno di una grande, colossale e sensazionale mostra sulla sua sintomatica opera. Come se non fosse abbastanza chiaro che Modì resta unico nel panorama artistico nel quale è vissuto.
Credo anche che oramai sia tardi per pensare a un evento davvero all’altezza, che in qualche modo renda conto dell’esistenza di un artista tanto confuso, mistificato, preso sottogamba. Eppure, resta uno degli autori più conosciuti e più falsificati della storia dell’arte. Claudio Loiodice e Dania Mondini, nel libro “L’affare Modigliani” scrivono: “Si dice che abbia prodotto più da morto che da vivo.” Sono, infatti, 337 le opere riportate nel catalogo di Ambrogio Ceroni, senza alcun dubbio il più accreditato, mentre sul mercato ne circolano a sua firma circa 1200. Si aggiunga, che anche tra i 337 dipinti del catalogo Ceroni ci sarebbero tele e una scultura che furono ritenute false da Jeanne Modigliani, figlia dell’artista.
Ma, perché, Modigliani, glorificato nel mondo, viene ancora sottostimato in Italia? Eccovi alcune stroncature eccellenti: In occasione della biennale di Venezia del 1930, a dieci anni dalla sua morte, Ugo Ojetti ebbe a dire che Modigliani era semplicemente “il pittore dei colli lunghi”. Francesco Sapori, più tardi scrisse che le sue opere “rivelano una sintesi faticosa, più vicina a uno stile tormentato che ad un risultato fecondo”. Arturo Lancellotti asserì che in Modigliani “non c’è niente che lasci presagire l’artista, non il disegno, né la penetrazione psicologica, nemmeno per idea il colore”. Mentre, Enrico Thovez lo fracassò senza compassione: “son dodici teste goffe e sbilenche, quali può disegnarle e tinteggiarle un bambino di cinque anni che non abbia assolutamente alcuna disposizione al disegno”. In epoca più recente, il critico d’arte del Guardian, Jonathan Jones, in occasione della grande mostra alla “Tate” di Londra, nel 2017, bollò Modigliani come uno “slightly silly artist” (artista leggermente sciocco). Che dire? Resta il divario enorme tra l’amore pieno e senza riserve che il grande pubblico nutre per “Dedo” e lo scarso interesse dimostrato nei suoi confronti dall’accademia.
Per quanto riguarda il mio modesto parere sull’artista livornese, cito un passo da “Maudit Modì”, un monologo scritto da me medesimo nel 2009:
“Tutto in Modigliani era un’imperfezione armonica, finanche il suo miserabile stato che lo accompagnò fino alla morte. Non c’è critico o storico dell’arte che lo capisca. Non riescono, i ciabattoni, a venire a capo del fatto che le sue tele, più di quelle di qualsiasi altro pittore, vanno a braccetto con la sua sorte, fino a diventare un tutt’uno. Ogni lavoro di Modigliani è un passo del suo destino che si consuma.
Non c’è un solo ritratto, da lui eseguito, che non sia quello di una persona moralmente affine alla sua maniera di essere. Dedo ritraeva un’umanità che idealmente gli somigliava. Ecco spiegata l’eleganza di quelle figure allungate, slanciate verso l’alto in cerca della speranza per un mondo migliore.
Le linee tratteggiate da Modì non disegnano un corpo, ma il percorso di una condizione interiore, fino a raggiungere quel nucleo caldo e denso da cui si propaga l’effetto della fascinazione e dell’incanto.”
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