Arte

La spigolatrice dalle belle natiche della Venere Callipigia

27 Settembre 2021

Parole inutili su parole aspre, da cesura arbitraria e censura  farisea, laddove non risultino intrise di un abituale qualunquismo che sa di scorbutico moralismo, sempre in agguato e pronto a far poltiglia di qualsiasi cosa, anche se si tratta di un’opera d’arte di buona fattura, come, appunto, la Spigolatrice dello scultore cilentano, Emanuele Stifano. La polemica nazionale sulla statua appena inaugurata a Sapri monta su basi poverissime, che negano addirittura la bellezza femminile come riferimento dell’arte, nella sua purezza di espressione estetica e nei rilievi che ne custodiscono la sensualità. La donna, non più delineata da grazia e fattezze che possano “indurre in tentazione”, e quindi belle a vedersi, ma vista come un essere esclusivamente dotato di un’aura eroticamente scoraggiante, che ha da disattendere il gusto per il sublime femminile, fatto di carne e moralità, corpo e spirito. La Spigolatrice scoperta ieri risulta certamente essere formosa, in un abito succinto, che lascia intravedere le forme. E, allora? In che maniera, le belle natiche della statua rovinano sui versi: “eran trecento, eran giovani e forti, e son morti!” Che, forse i nostri eroi, tanto più che aitanti e coraggiosi, non avrebbero apprezzato la bellezza di una spigolatrice così concepita? E, ancora, una spigolatrice bella e avvenente sminuisce necessariamente la sua figura di eroina? Non è forse vero che il mondo è pieno di belle donne, integerrime, di grande cultura e di intelligenza superiore, che potrebbero essere raffigurate, per loro fortuna, allo stesso modo della spigolatrice? Le polemiche, sterili e irragionevoli, alla statua di Stifano esaltano un moralismo pericoloso e assurdo: non vi può essere purezza, bellezza e moralità laddove vi siano belle forme e sensualità. Questa, è la disposizione orribile dei detrattori dell’opera in argomento.

In verità, i lineamenti della  coraggiosa raccoglitrice di spighe di grano, morbidamente scolpiti nel bronzo, avvicinano l’opera a un modello ideale di bellezza classica, tant’è che in qualche modo ricorda, spero non solo a me, la Venere Callipigia esposta al MANN di Napoli, una statua in marmo di autore ignoto rinvenuta, tra il I e il II sec. d.C., nella Domus Aurea, e  denominata “callipigia”, dall’etimologia “kalόs” cioè bello e “pygḗ” cioè natica. Quindi, letteralmente, la “Venere dalle belle natiche”. Si ha, dunque che la Spigolatrice, così come la Callipigia, è intenta a mostrare un lato B perfettamente corrispondente ai canoni della classicità greco-romana. Ma, ciò che vivifica la statua, catalizzando l’attenzione del visitatore, amante dell’arte, è lo sguardo della donna, rivolto verso il mare, come a proteggere chiunque approdi a un lido di speranza, di umanità, di aneliti di rivoluzione. La Statua, in quest’ottica, assurge finanche a Nume tutelare, altro che a testimonianza sessista di un artista disattento! Meriterebbe un capitolo a parte la meraviglia delle donne del PD, che tuonano: «Sentiamo il dovere di schierarci in modo netto e categorico per l’abbattimento di questa statua diseducativa e fuorviante che banalizza le donne e vanifica ogni comizio in favore della parità di genere urlato dalle poltrone politiche di ogni istituzione». Per Diana, vaneggiano di una parità di genere, loro, che nel partito sono impiegate per fare paesaggio!

 

 

 

 

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