Arte
La ruota dentata volante. Cronache dallo Sponz Fest, giorno due
Una ruota dentata. Un ingranaggio. Un pezzo di una trebbiatrice volante. Allestimenti, installazioni, apparizioni momentanee. Nella piazza Salvatore Scoca di Calitri, quella di fronte alla posta. Semplici cartoni bianchi, pezzi di macchine, i simboli di una rivoluzione che era appena cominciata, l’industria, il fuoco e il carbone, la luce di un divenire che avrebbe portato sviluppo e insieme contraddizioni, ammutinamenti, rivoluzioni. L’energia che fa girare la ruota e che serve a mandare le macchine. La ruota, il simbolo della perfezione, l’ingranaggio incompiuto che a sua volta ha generato altri ingranaggi, spesso fatti girare a vuoto, che hanno messo insieme uomini, popoli, dittature. La piazza Salvatore Scoca che si riempie di tutti questi ingranaggi, che potrebbero essere anche ruote di trattore, il simbolo di una ruralità che chiama altre rivoluzioni, cammini al contrario, gente che torna alla terra, ragazzi che provano a cercarne la fecondità per sfuggire al dramma del lavoro che non c’è più, che non esiste più in città. L’artista che le ha fatte è Michele Giangrande, il nome dell’opera ‘Gears’ ed è presente allo Sponz Fest per Sponzarti, nella sezione arte contemporanea dell’evento.
Io ho visto i primi esemplari ieri sera di queste ruote dentate, poi di nuovo stamani, sempre lì, sempre di fronte alla posta. E ho provato ad immaginare di cavalcarne una di queste ruote, che mi porti dove voglio essere oggi. Che mi porti a vedere come ci si prepara alla prossima edizione dello Sponz Fest, quella che oggi emetterà i primi vagiti, tra poco, tra un paio di ore. Che mi faccia arrivare fino al lago delle canne, e che tutto abbia inizio. Ma prima che mi porti nei luoghi della barberia sociale, delle rivoluzioni d’estate, della molteplicità. Che mi porti ad annusare come si ricrea un territorio, un suolo, una gerarchia di rapporti che per alcuni giorni possono essere stravolti. Il rovescio della ritualità. Una di questa ruote me la sono presa tra le gambe stamani, la mattina presto, e ci sono arrivato un po’ più giù, dove avevo da pagare una assicurazione e dei pantaloni che mi erano arrivati via corriere a maggio, dei bellissimi pantaloni che da questa campagna benedetta sono arrivati fino in città. Colui che li ha pensati e materialmente fatti è Salvatore Caruso ed il marchio che si è inventato si chiama ‘Nella Grandi Fauci’.
Made in Irpinia d’Oriente, sta scritto nella etichetta interna del capo. Fatti su questo grande altipiano d’oriente dove fino a ieri sera soffiava la bora, quella che brucia e che viene da est. Poi la ruota mi ha condotto di nuovo su, verso il centro del paese, portandomi nell’unica barberia sociale che conosca. Nel negozio di Sicuranza, uno dei posti dove è ancora viva la memoria di questi posti, dove si canta, si suona e si recita in rima, e che giustamente è una delle tappe del programma dello Sponz. Entro dentro, saluto, ma oggi è tutto pieno, ci sono almeno altre quattro persone davanti a me. Io devo fotografare, devo coltivare questa ruota dentata, tornerò più tardi, oppure domani, tanto abbiamo da aspettare l’alba. Arriviamo così anche verso Piazza della Repubblica, dove si prepara un palco e la prua di una nave, ci sono dei pancali di legno, la strada è chiusa da domenica, ma noi passiamo lo stesso.
Poi ripasso da casa e faccio salire sulla ruota anche le mie bambine, giriamo verso la pasticceria, da Zabatta. E’ martedì è chiusa, c’è un cartello in cui si scusano del disagio provocato e dicono che stanno lavorando per noi, per i dolci di domani o di stasera. Loro mi chiedono se esistono davverlo delle ruote dentate volanti, io rispondo che esattamente non lo so, ne ho solo trovata una e ci sono montato a bordo, dico loro di non preoccuparsi che tanto ci sono io con loro e la ruota so che mi rispetta. La ruota scalpita, vorrebbe portarci tutti e tre verso altri punti di questo altipiano, il Tufiello, il Vulture. E’ ora di pranzo, è l’ora della biada. Ci fermiamo. La ruota la riprenderò più tardi, che mi guidi fino al lago delle canne, che mi assista fino al concerto all’alba, che mi svegli in tempo per poter ascoltare Xilouris White, Georges Xilouris e Jim White. Poi la restituirò alla piazza della Posta, senza che nessuno sappia quello che abbiamo appena finito di fare insieme.
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