Arte
La rivoluzione visionaria di Kandinskij
Così, Vasilij Kandinskij ricorda il momento in cui comprese, improvvisamente, di dover dare luogo a un nuovo linguaggio pittorico:
“Era l’ora dell’iniziale crepuscolo. Rincasavo con la mia cassetta di colori dopo essermi dedicato a uno studio, ancora trasognato e tutto preso dal lavoro appena concluso, quando all’improvviso vidi un quadro di indescrivibile bellezza, compenetrato in un’accensione interiore. Restai di stucco, poi mi avvicinai in fretta all’enigmatico dipinto, nel quale nulla mi riusciva comprensibile delle forme e dei colori che vedevo. Scoprii immediatamente la chiave dell’enigma: era uno dei dipinti da me eseguiti, appeso alla parete di traverso. Il giorno dopo, con la luce del giorno, tentai di ritrovare l’impressione del giorno prima, ma ci riuscii solo in parte: (…) continuavo a riconoscere gli oggetti, e mancava la sottile velatura del crepuscolo. Adesso sapevo con esattezza che l’oggetto è di danno ai miei dipinti”.
E, approda all’astrattismo, rinunciando ai modelli della natura e a ogni sorta di descrizione per liberare la forza di espressione del suo spirito, suscitando emozioni immediate. Dà inizio, dunque, al suo pensiero geometricamente atipico, ma lineare, innaturalmente scomposto e, al contempo, armonico, intensamente colorato e in qualche modo giocoso: l’astratto tangibile, quasi ideale.
Da lì, in poi, l’artista russo, naturalizzato francese, sembra cercare con suggestione, nei colori, un’armonia simile a quella musicale e si dispone nei confronti dell’opera pittorica come se si trattasse di una composizione sinfonica, dove la tonalità delle cromature assurgono a suoni, mentre le forme e le linee danno i ritmi: un viaggio immaginario in un mondo profondissimo e sconosciuto, caratterizzato dalla scomparsa dell’oggetto.
Una straordinaria esplorazione sperimentale dell’interiorità, tramandataci da uno degli artisti più significativi del novecento.
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