Arte
La puntata più difficile dello Zoo di 105
Il vero valore delle persone si vede nei momenti critici. E’ successo anche alla banda di Mazzoli, che a dispetto di illazioni e sospetti ha gestito in maniera ineccepibile l’insidiosa puntata nel giorno della scomparsa di Leone di Lernia
Non sempre il successo commerciale rappresenta una garanzia di qualità del prodotto. Anzi, nel mondo dello spettacolo spesso c’è lo stigma contrario: se sei “popolare” per molti sei per forza anche di basso livello, secondo una logica per la quale il popolo è necessariamente meno erudito di chi gli parla e di chi ne parla.
Lo stesso aggettivo “volgare”, d’altronde, deriva da “volgo”, cioè “popolo”.
Ne sanno qualcosa i ragazzi dello Zoo di 105, che dal 1999 fanno risultati d’ascolto eccezionali, eppure continuano a essere snobbati dalla critica. Un po’ dipende dall’atteggiamento snob che ha portato certi intellettuali a capire la grandezza di Totò o di trasmissioni come “Indietro Tutta” solo quando ormai non c’erano più. Un po’ ci ha messo del suo anche la banda-Mazzoli, esondando non tanto oltre i confini del buon gusto, quanto in campi risultati più ostici, come la tv e il cinema.
In quanto al fare radio, però, è giunta l’ora di riconoscere i loro meriti, anche se l’occasione non è certo felice. La puntata del 28 febbraio, nel giorno della scomparsa di Leone di Lernia, è stata senza dubbio la più difficile in 18 anni di storia del programma.
La scelta più ovvia sarebbe stata quella di non andare in onda. Realizzandola comunque, lo Zoo si è assunto una responsabilità non da poco. In casi come questi, si rischia di sbandare tra due estremi: mantenere il solito registro di cazzeggio, mandando tutto in vacca, o cambiarlo improvvisamente per piangersi addosso, risultando così altrettanto fuori luogo.
Invece, la puntata più ostica è diventata una sorta di esame di maturità, che lo Zoo ha superato alla grande. Quello strano mix tra le voci strozzate dall’emozione e le risate comunque suscitate dalle gag e dalle canzoni registrate da Leone di Lernia durante la sua lunga militanza radiofonica altro non è che lo specchio della vita reale, nella quale tutti possono riconoscersi.
In una cultura nel quale la morte continua a essere un argomento tabù, al punto che ai funerali si applaude per allontanare un dolore che non si riesce ad accettare, non era scontato che l’omaggio all’amico scomparso potesse riuscire così bene. Misurato, eppure sincero.
Liberi dalla solita maschera da clown, che solitamente indossano per ovvie esigenze professionali, i conduttori dello Zoo hanno dimostrato il loro vero valore. Loro si ispirano dichiaratamente al mitico Howard Stern, ma a me hanno ricordato un altro riferimento culturalmente altissimo: la scena finale del primo “Amici miei”, un autentico capolavoro, nella quale il funerale del Perozzi (uno straordinario Philippe Noiret), diventa l’occasione per una storica beffa ai danni del malcapitato Righi (l’altrettanto grande Bernard Blier). Per vedere la scena, clicca QUI
Saper trovare il modo di ridere anche nel momento più difficile è una straordinaria forma di intelligenza e, in entrambi i casi, è chiaro che il diretto interessato avrebbe voluto esattamente così.
Ascolta la puntata dello Zoo del 28/2/17
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