Arte
Panseca, artista di Craxi: Dopo Tangentopoli mi cancellarono tutti, anche Silvio
Alle sue sfere biodegradabili, pubblicate nelle più importanti riviste di architettura, negli anni Settanta anche Ferruccio De Bortoli dedicò un grande editoriale.
A Filippo Panseca, allora trentasettenne, il non architetto che sfida l’architettura, l’artista clandestino alle Biennali. Il designer che ha lavorato per la Kartell di Giulio Castelli, ha disegnato per Fiorucci, ha progettato una straordinaria tv sferica che Brionvega non ha mai prodotto perché nel frattempo stava uscendo con la radio cubica. Ha immaginato il primo cellulare; la prima vending machine di opere d’arte. Ha quasi rischiato di esporre con Leo Castelli, ha preso per il culo i suoi collezionisti, le rockstar, i politici, l’arte stessa. Sempre un po’ tanto, troppo, avanti rispetto al suo tempo, come i migliori artisti, eppure sempre totalmente al passo con l’attualità, il presente. Proprio la politica a un certo punto, metà degli anni Settanta, gli garantisce l’ascesa e il successivo, drammatico isolamento. Filippo Panseca, lo scenografo del PSI: la politica che ha fatto l’artista, l’artista che ha fatto la politica. A vent’anni esatti dalla morte di Craxi, il ricordo di Filippo Panseca è la testimonianza precisa su di un tempo che non c’è più.
Posso immaginare che di questa storia con Craxi, che ha abbracciato un ventennio del suo lavoro, sarà un po’ stufo di parlare. Ma è l’anniversario della sua scomparsa, e a lei l’attualità interessa da sempre. Allora cominciamo da qui. Come vi siete incontrati lei e Bettino?
Era il 1969, io non sapevo chi fosse lui, che a quei tempi era un consigliere comunale, ma non era un volto così noto; lui naturalmente non sapeva chi fossi io. Non avevamo una lira e la sera andavamo a cena in questa osteria di Via dei Fiori Chiari, dove il proprietario, Angelo, ci offriva la cena, ci permetteva di stare lì fino a tardi con gli altri artisti e poi, l’indomani, gli portavi un’opera, lui la guardava, se gli piaceva gliela regalavi e potevi tornare la sera dopo. Così. Un giorno, sarà stata mezzanotte o l’una, eravamo ancora lì: due tavoli, in uno c’ero io con altri tre artisti, in un altro due tizi. Angelo a un certo punto si incazza, inveisce, dice che dobbiamo darci una mossa perché l’indomani lui alle sei deve andare al mercato e ci caccia fuori. E ci ritroviamo noi sei. A un certo punto, Craxi è lì fuori, vicino a noi, e gli si avvicina uno: “Bettino, Bettino, dammi 1000 lire per favore!” e lui lo caccia via a male parole. Allora io intervengo e gli dico “Beh, ma perché lo tratti così? Uno che ti chiama per nome, ti supplica di dargli 1000 lire, che modi sono?” e Craxi si incazza anche con me “Ma chi sei tu? Che vuoi? Vuoi sapere chi è questo? È un delinquente! L’ho tirato fuori stamattina dal carcere e gli ho dato 10.000 in mano e adesso torna qui a chiedermi altri soldi!”. Abbiamo iniziato a parlare, abbiamo continuato a casa sua e poi siamo diventati amici e lo siamo rimasti fino alla fine.
E la collaborazione come scenografo del partito quando inizia?
Bettino era ossessionato dal simbolo. La falce e il martello gli sembravano troppo anacronistici. Allora mi dice un giorno di pensare a qualcosa. A me viene in mente il garofano rosso, perché era il fiore degli antifascisti, quello dei lavoratori del 1 maggio e così, nel congresso del 1979 a Torino, dietro il palco, piazzo un garofano gigante, di 8 mt, con la falce il martello piccoli sotto. Minchia come si sono incazzati quelli del Partito, quando lo hanno visto! Arriva Nesi e mi dice “e questo? Chi ti ha dato il permesso?”. Ma a Bettino piaceva e, finalmente, nel 1984, diventa il simbolo del PSI, e la falce e il martello spariscono del tutto.
Poi arrivano anche le divise delle hostess disegnate da Trussardi, no?
Sì, Trussardi era un altro socialista. Gli ho fatto un bellissimo ritratto una volta, me lo ha chiesto, gli ho detto quanto costava e non si è più fatto vivo.
Grandi stilisti e politici, i nuovi miti delle sue tele.
A un certo punto, intorno a metà degli anni Duemila, i politici mi avevano stufato. Mi sono ispirato all’art pompier francese della seconda metà dell’Ottocento che riprendeva temi classici, come quelli della mitologia e ho iniziato a sostituire i personaggi con quelli dell’attualità: Gheddafi, Obama, Veronica Lario, Ruby, la Carfagna e naturalmente Berlusconi. Ah, una volta gli ho infilato dentro anche Fede, in una posa vagamente prona.
Berlusconi l’ha ossessionata, vi conoscevate bene?
Ha tenuto a battesimo mia figlio. Dopo Tangentopoli non l’ho più sentito. L’ho cercato diverse volte, si è sempre negato. A un certo punto gli ho dedicato dei quadri, troppo comodo non volerne più sapere di me. Mi sono detto e ho comunicato tramite la stampa che se Berlusconi li voleva togliere dalla circolazione bastava che facesse un’offerta da un euro in su e io avrei devoluto tutto ai terremotati dell’Abruzzo.
Ma naturalmente Berlusconi, ancora una volta, non le ha risposto No.
E poi ha lavorato con Mario Catalano, suo ex allievo.
Sì, Catalano, quello delle nuvole azzurre, quello di Sanremo. Bettino aveva inaugurato questa cosa dei palchi fatti da scenografi e non architetti. Una grande visione che poi, se vede quello che succede oggi, nessuno ha avuto il coraggio di proseguire. Ma poi non solo i palchi, attenzione, io mi occupavo di tutto, dai gate di ingresso alla sala dove dovevano mangiare in duemila persone, la sala stampa… Sa che la Olivetti ed in seguito la Bull avevano rifornito di non so quanti computer messi a disposizione nelle postazioni dei giornalisti. Grande storia di sponsorship tecnica quella di Olivetti prima e di Bull dopo.
E che budget aveva?
Io facevo i progetti che giravo all’Amministrazione che chiudeva i contratti e pagava le fatture pagava i fornitori. Facile.
Beh, considerando la monumentalità dei suoi progetti – voglio dire, lei ha ricostruito un muro di Berlino per il congresso del 1989!, poi gli specchi di Verona effetto discoteca, il tempio di Rimini, quello di Bari del 1990, con quelle colonne immense e l’arcobaleno dell’unità ideale tra PCI e PSI… – immagino che la quantità di denaro investita sia stata incredibile!
Sì, però il Partito ha anche guadagnato tantissimo grazie ai Congressi.
In che senso guadagnato?
Eh, Le Fiere ci consegnavano ad uso esclusivo per il Congressi spazi giganteschi. Un giorno dico a Bettino: “Scusa ma perché non affittiamo degli spazi alle aziende per una fiera sulla grande industria italiana? Tipo l’Italia che Produce?”. E così i grandi marchi, dalla Fiat alla Ferrari o Fininvest pagavano gli spazi che occupavano in base alla dimensione, poi alcuni spazi li davamo gratis, per esempio lo stand di San Patrignano o quello dei sindacati , altri alla Cultura con Mostre d’Arte, ai movimenti e gruppi sociali ecc. Praticamente cedevamo a titolo oneroso o gratuito dei moduli , stands, che disegnavo sempre io, ovviamente, e poi a seconda della metratura, pagavi un affitto. Ricordo che un giorno mi convoca la Finanza a chiedere conto, a me!, dei soldi pagati da Berlusconi per lo stand enorme del Congresso di Milano che aveva speso non so quanto. Li porto a vedere all’Ansaldo, uno spazio enorme situato all’ingresso della Sala Congressuale tutto occupato da lui.
Eccoci all’Ansaldo, 1989.
Usiamo le parole di Pansa, se non le dispiace, perché mi pare che non le avesse risparmiato critiche nel tempo, eppure quella volta scrisse uno dei pezzi di critica artistica forse più belli che io abbia mai letto (lato giornalisti, si intende), che il 14 maggio per la Repubblica scrive: […] Quanto l’ abbiamo sfottuto, il Panseca! Ma oggi, giù il cappello! Vista da dentro, l’ Ansaldo socialista è… Già, com’ è? E’ impossibile da descrivere. E’ grandissima, incommensurabile, recidiva. No, recidiva no, perché qui siam dentro ad un’ opera prima, mai immaginata, mai progettata, mai realizzata. Sì, come diciamo noi di Porta Genova, una roba, ma una roba, Dio che roba! E’ una serra per giganti gonfia d’ un caldo da accoppare un toro. E’ una Torre Eiffel coricata su se stessa. E’ una cattedrale d’ acciaio. E’ il Duomo di Milano della politica socialista. Anzi, è il Duomo di Bettino, innalzato nel cuore della Città di Bettino. Un Duomo che s’ estende verso l’ infinito in virtù d’ uno specchio gigantesco che raddoppia tutto, meglio, che triplica, quadruplica, decuplica, moltiplica per cento, per mille, per un milione di Bettini. Anche la malfamata Piramide Telematica Pansechiana non disturba, anzi! Aggiunge meraviglia a meraviglia. Ti dettaglia il panorama. T’informa. Ti rende praticamente inutile il binocolo. Del resto, a che servirebbe uno Zeiss in questo Duomo trionfale? Non si vede nulla, tranne lui, il Padrone del Duomo”.
Lei ha visto “Hammamet”, Panseca?
Se Amelio mi avesse consultato, gli avrei detto “non fare niente, di non costruire in studio una nuova piramide non c’era bisogno di fare niente”. Bastava prendere il filmato dell’epoca, avevi i personaggi politici veri dell’epoca. Stringevi l’inquadratura su Bettino vero, poi entrava Favino e nessuno se ne accorgeva e continuava sotto il podio dell’oratore il dialogo tra Craxi ed il militante Socialista, Nella sala, quella dell’89, ci saranno state 5 mila persone, qui, nel film, 300 comparse, cambia tutto! Vede a che distanza era il palco? 100 metri ci sono. Non vedevi un cazzo. Allora, la cosa più semplice era mettere uno schermo, ma mi sembrava banale. Allora ho fatto questo che è una mezza piramide che riflettendosi in una parete di specchi si raddoppiava e così pure la sala. Quelli che hanno fatto il film non ci hanno capito niente. Hanno fatto una piramide intera. E l’hanno fatta poi col croma key che si vede attraverso, davvero una cosa squallida, di cartapesta.
E dopo con Tangentopoli che cosa è successo? È finito tutto. Tutto.
Lei è stato indagato?
Tutti quelli che erano coinvolti a qualsiasi titolo sono stati indagati. Hanno guardato in tutti i miei conti, ma non hanno trovato niente. Solo che poi hanno smesso tutti di farmi lavorare. Mi hanno cancellato.
E ad Hammamet lei è mai stato?
Eh certo! “La grande villa!”, ma quale grande villa?!? La aveva costruita Mohammed che era un suo ragazzotto di bottega. Una volta ero lì gli dico “Bettì, ma tu hai qui trenta persone tra guardie, servizi… ma sai che a far saltare in aria questa casa ci vogliono due minuti?”. “Che cazzo dici?”, mi fa. “Eh, vieni qua. C’era la cisterna del carburante esterna in una stanza dove c’erano il trattore per lavorare, la benzina, qui se vogliono farti un attentato è un attimo!”. Gli ho rifatto tutto, gli ho interrato l’impianto di riscaldamento, gli ho rifatto il sistema fognario che era uno schifo, i cessi si intoppavano subito…
E siete rimasti amici fino alla fine.
Guardi qui, questa è una lettera del Presidente della Tunisia. Guardi la data, venti giorni prima che morisse, Craxi mi aveva chiesto se potevo mandargli un pezzo del Muro di Berlino che avevo fatto costruire a Rimini per una Conferenza Programmatica nel 1990, mi aveva detto “sai sono suo ospite e non so come sdebitarmi e volevo fargli un regalo”.
Quel muro è fatto benissimo
Quello di Rimini era esattamente come l’originale alto mt. 3,80 x 20 quello inviato a Ben Alì era mt. 1,80 x 10 un’edizione serigrafia su tela in 33 esemplari.I giornalisti ormai mi rompevano i coglioni, volevano sapere che cosa avrei fatto la volta dopo, quale invenzione e così, un giorno, non so che cazzo rispondere e mi invento sta storia del muro. Poi mi è toccato farlo davvero. Tutti hanno creduto fosse l’originale, fin quando non ho detto la verità mettendo in difficoltà i giornalisti che l’avevano elogiato come vero.
E le bandiere? Ci sono sempre bandiere nei soffitti dei suoi congressi.
È una cosa che mi è rimasta dal congresso dell’81 a Palermo. C’era un soffitto tutto di metallo, con un’acustica terribile, non sapevo come fare. Finché mi è venuta in mente questa cosa che le bandiere avrebbero potuto insonorizzare bene. E ha funzionato. Da allora le ho mantenute. Le panche invece erano moduli di cucine, girati e usati come sedute, che mi ero fatto fornire da un’azienda locale per mettere a sedere duemila persone. Si immagina?
Come giudica quello che vede in giro adesso?
Niente. Fanno cose che facevamo già quarant’anni fa e le fanno male. Io sono stato il primo e unico al mondo a fare arte biodegradabile, arte digitale in Italia, a usare la termocromia, la ricerca sui liquidi luminosi, le opere fotocatalitiche, ho fondato nel 1990 all’Accademia di Brera la prima Cattedra di computer Art in Italia. Nel ’68 appena arrivato a Milano, ho partecipato e vinto in un gruppo formato da Jacopo Gardella, Michele Platania, Alessandra Delfino e Gruppo Mid l’allestimento della sezione Italiana della Triennale con un progetto di cultura idroponica col tema di conversione dell’acqua sala per irrigare le isole: ho fatto una sfera gigante in metacrilato, abbiamo allagato il pavimento della Triennale e dimostrato che si poteva usare l’acqua del mare per le coltivazioni. Cinquant’anni fa.
E poi l’arte biodegradabile!
Eh. Era il 1968, nemmeno trentenne, tornavo in Italia dall’Idaho con un progetto di bicchiere biodegradibile. C’erano dei giovani scienziati là che indagavano su questa plastica biodegradibile, dove mettevano un additivo in un polimero che se esposto ai raggi UV sfaldava le molecole e le disentegrava piano piano, autoestinguendosi concimava il terreno. Da allora è passato nelle mani di alcune delle più grandi aziende italiane (Boario) voleva realizzarlo ma si ò scontrata con il divieto del Ministero competente, e straniere (Coca-Cola) senza mai riuscire a diventare il prodotto industriale che avevo sognato.
Troppo visionario?
Guardi, io lavoro sul tema del clima, dell’inquinamento, dell’energia rinnovabile dell’aria da 55 anni. Proprio ieri hoportato a Sala, Sindaco di Milano attraverso il suo portavoce, un progetto per questo albero bionico, alto 20 mt in acciaio inox microforato, su un’area di 159 mtq. di pannelli fotovoltaici, che da solo produce il beneficio di 314 alberi ad alto fusto. Ha dei rilevatori che si attivano ogni qualvolta si superano i limiti di PM10. L’ho pensato per il Largo delle Culture a Milano.
Sempre lì si torna, all’Ansaldo. E Sala lo farà?
Ma che cazzo ne so. Sa quanti progetti ho mandato alle amministrazioni e non se ne è più fatto niente?
Però la Luna a Venezia gliela hanno fatta fare!
Eh, certo. Era già tutto pronto per Palermo 2018 Capitale della Cultura. Poi il Presidente dell’ARS Moccichè non ha più risposto. E l’ho fatta all’Accademia di Belle Arti di Venezia in occasione della recente Biennale. Ho penato. Ma l’ho fatta. E guardi che effetto.
Senta, mi toglie una curiosità prima di lasciarci? Ma cosa ci faceva sulla copertina di Supersex? Ha fatto anche l’attore porno?
Ero a Roma e non avevo soldi. Un amico mi dice: “Senti, vai un po’ nella redazione di quel fotogiornale erotico, che cercano un grafico”. Io mi presento, mi fanno attendere un po’, entro, mi chiedono di togliermi la camicia e io me la tolgo, poi mi chiedono di slacciarmi i pantaloni e lo faccio. Il direttore chiede alla ragazza: “che ne dici?” e lei fa una faccia convinta. Allora io chiedo “scusate ma per fare il grafico devo stare nudo?”. E allora si capisce che c’era stata una incomprensione, che loro cercavano un attore. Ho chiesto quanto mi davano: 500 mila lire, che rispetto a quello che prendevo all’Accademia era molto, ma molto di più. E ho detto: “ok, a patto che mi lasciate fare la parte dell’artista, motivo per il quale avevo lasciato il mio insegnamento al Liceo Artistica e Palermo”.
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