Arte
“Mi prendo cura della carriera (e dell’anima) degli artisti”: le parole di Giorgia Valenti Beccaria
In questa intervista la coach per artisti e creativi ci conduce nell’interessante mondo del coaching
Essere sotto i riflettori non è sempre così semplice. Ne sanno qualcosa coloro che hanno scelto di vivere al servizio dell’arte e della creatività. Che si tratti di un palcoscenico teatrale, di un set cinematografico o di una galleria d’arte, la personalità e l’animo che si celano dietro l’artista sono messe spesso a dura prova. Talvolta dimentichiamo che il ‘personaggio’ celebre è solo l’involucro esterno, la corazza che racchiude un animo sensibile e, non di rado, fragile, come quello di qualsiasi essere umano. Accade, inoltre, sempre più frequentemente, che talenti, soprattutto giovani, non reggano al cosiddetto ‘peso del successo’ rischiando di mettere a repentaglio la propria creatività ma anche la propria serenità. Ed è in questo contesto che, nel mondo dell’arte e dello spettacolo, emerge la figura del coach, professionista fondamentale affinchè un talento possa vivere al meglio quello che una carriera di successo è pronta a riservargli. Per approfondire il ruolo del coach per artisti e creativi nella società contemporanea, lasciamo la parola a colei che ha fatto di questo lavoro una vera e propria missione: Giorgia Valenti Beccaria.
Giorgia, puoi raccontarci come ti sei avvicinata al coaching per artisti e creativi? Cosa ti ha spinta a scegliere questa professione?
Dopo diverse esperienze nel settore commerciale e nelle risorse umane mi sono occupata per molti anni di pubbliche relazioni e comunicazione nel settore creativo. Contemporaneamente ho coprodotto alcuni cortometraggi, il cinema è da sempre una delle mie passioni. Ho sempre lavorato nel settore artistico, rimanere nell’ambiente come coach per me è stata una scelta naturale. Sono stata una delle prime professioniste in Italia ad occuparsi di coaching per il settore artistico e culturale. Ho scelto di diventare coach per offrire agli artisti e ai creativi qualcosa di più di una consulenza. Come coach, infatti, accompagno l’artista dalla sua situazione attuale a quella desiderata, da dove si trova oggi a dove vuole arrivare. Questo mi permette di offrire un’esperienza unica e su misura per ogni persona che si rivolge a me aiutandola ad ottenere, in breve tempo, risultati concreti e performance di eccellenza. Porto nella vita delle persone la trasformazione che cercano, questo è il valore aggiunto, e quello che amo, del mio lavoro.
Puoi spiegare cosa significa essere un “coach per artisti”?
Per me essere una artist coach significa prendermi cura della carriera e dell’anima degli artisti. Il mio lavoro consiste nel supportarli nella loro evoluzione personale e professionale aiutandoli a superare più velocemente e con successo le sfide di questa professione, ad essere profondamente focalizzati sui loro obiettivi, a superare i blocchi o le convinzioni limitanti che li rallentano e a liberare il loro pieno potenziale così da portarli più facilmente ad una top performance. Che tu sia un artista emergente o già affermato, infatti, la tua crescita è continua e c’è sempre un traguardo successivo o una nuova sfida da affrontare per raggiungere l’eccellenza. Colgo l’occasione per precisare che la convinzione di doversi rivolgere ad un coach solo se si ha un problema è errata. Il coach è certamente un supporto importante ma è anche e soprattutto un acceleratore di risultato.
Nel tuo lavoro come coach, quali sono le sfide più comuni che gli artisti e i creativi devono affrontare?
Per quanto riguarda le sfide che gli artisti si trovano ad affrontare dipende se parliamo di artisti emergenti o di artisti già noti e di successo. Le sfide più comuni che incontrano gli artisti emergenti sono sicuramente: continuare ad avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, superare la convinzione di non essere mai abbastanza bravi o che la loro arte non piaccia, costruire un’identità artistica ben definita che gli consenta di distinguersi in un ambiente molto competitivo e quindi di essere scelti, affrontare la difficoltà di promuoversi superando la convinzione che la promozione sia qualcosa di “sgradevole” e non, come di fatto è, uno strumento in grado di potenziare il messaggio che vogliono portare nel mondo e dare loro visibilità e quindi opportunità di carriera. Infine, l’approccio al denaro, un tema che costituisce ancora un tabu per molti artisti. Tra le sfide che più frequentemente incontrano invece gli artisti di successo e già posizionati sul mercato ci sono: la paura di perdere il successo appunto, che il pubblico li dimentichi e quindi di diventare irrilevanti, di non essere più attuali o di essere superati dalle nuove generazioni, la difficoltà di gestire la notorietà a lungo termine, il peso delle aspettative e la paura di non riuscire a mantenere gli standard di performance che li hanno resi celebri, il conflitto tra autenticità e mercato. Considero il lavoro su queste tematiche necessario se si vuole ottenere riconoscimento e mantenerlo nel tempo. Il riconoscimento è il desiderio legittimo di essere “visti”, scelti, è un desiderio di amore che appartiene a tutti noi.
Quali sono le categorie artistiche/creative con cui lavori maggiormente?
Lavoro con attori, designer di moda, pittori, cantanti e poi anche con curatori, fotografi, musicisti e con chiunque abbia scelto di fare dell’arte la sua vita.
Oggi capita spesso di assistere al ‘ritiro’ dalle scene di giovani artisti, come è accaduto per San Giovanni, ad esempio: a tuo avviso quali motivazioni ci sono dietro tali scelte?
Il settore artistico è molto veloce ed estremamente stressante. C’è la competizione, ci sono le aspettative, la paura del giudizio, la paura del fallimento o al contrario la paura del successo, il desiderio che il proprio talento venga riconosciuto e che il pubblico continui a sceglierti. Tutto questo innesca dinamiche ed emozioni spesso difficili da gestire. Noi esseri umani siamo sicuramente fragili ma la fragilità e la vulnerabilità, ci tengo a sottolineare, sono punti di forza soprattutto per gli artisti. Bisogna essere molto consapevoli di sé e centrati per non farsi schiacciare dal sistema. Credo da sempre che avere la capacità e la voglia di mettersi in discussione e lavorare su sé stessi sia fondamentale per farcela non solo in questo ambiente ma nella vita e non solo per gli artisti emergenti ma anche per chi è già noto, anzi, spesso sono proprio i personaggi più famosi a cercare la collaborazione con un coach. Per esempio, Nicole Kidman, Brad Pitt, i Coldplay, George Clooney e professionisti illuminati come Oprah Winfrey e Bill Gates hanno collaborato o collaborano costantemente con un personal coach.
Come definisci il concetto di “potenziare il talento” nel contesto del coaching? Quali strumenti usi per aiutare le persone che segui a sviluppare al meglio le loro capacità artistiche?
Il talento è generalmente considerato innato, profondamente connesso con chi siamo fin dalla nascita e quindi con la nostra identità ma se non viene riconosciuto e coltivato difficilmente crescerà e si svilupperà. Il talento ti dice chi sei, ti consente di vivere in armonia con quello in cui credi e di esprimere pienamente la tua autenticità. Con i miei artisti lavoro molto sull’identità e sui valori. L’identità, infatti, incide sul tuo modo di considerare te stesso e il tuo talento, su come lo alleni e lo gestisci. Le persone però non sono tutte uguali e l’espressione del talento non è la stessa per tutti. La forza del coaching sta proprio nello stimolare un ragionamento creativo e un processo emotivo che favoriscano l’espressione e la massimizzazione dei talenti di ognuno rispettandone l’unicità. Coltivare il tuo talento nel tempo è importante perché ti aiuta a mettere a fuoco aree di miglioramento e quindi ad identificare con chiarezza ambiti specifici sui quali intervenire.
Quanto il lavoro con un coach può aiutare un artista anche in un uso corretto dei canali di comunicazione?
Si è concluso da poche settimane il Festival di Sanremo. Ho ascoltato le interviste degli artisti in gara e in alcuni casi ho notato che è stata utilizzata una comunicazione vaga a volte ripetitiva. Sicuramente è stata una strategia. A mio parere, in questi casi però ad un’ottima performance sul palco non corrispondeva poi un altrettanto efficace e consapevole capacità di comunicazione dell’artista in sala stampa e nelle interviste. È assolutamente vero che gli artisti comunicano attraverso la loro arte e la performance ma un uso strategico e, al tempo stesso creato su misura per l’artista, dei canali di comunicazione è fondamentale per evitare situazioni che potrebbero minare il modo in cui viene percepito e quindi la credibilità. Il lavoro con un coach è essenziale perché fa in modo che l’approccio dell’artista ai canali di comunicazione (siano essi social, stampa o altro), sia tale da renderli uno strumento in più per amplificare la sua voce e la potenza della sua arte.
Hai appena citato il Festival di Sanremo, quali performance hai apprezzato di più? E perché? C’era qualcosa che si poteva migliorare secondo te?
Ho apprezzato in particolar modo la performance di Achille Lauro e quella di Giorgia per ragioni che riguardano sia la loro abilità artistica che la capacità di stabilire un profondo legame con il pubblico. Achille Lauro è un trasformista che è riuscito a non compromettere la propria identità, questo lo rende un performer di grande valore. Ha padronanza del palco e sa come fare di ogni esibizione uno spettacolo unico. Il linguaggio del corpo, e quindi tutto quello che riguarda la comunicazione non verbale, è uno dei punti di forza della sua performance che io, personalmente, enfatizzerei. Il pubblico sente che racconta quello che conosce davvero: l’emozione è quindi più intensa, il legame che si crea più profondo. Lauro, ha un personal brand forte, riconoscibile. I suoi testi sono un esempio di storytelling efficace, coinvolgente ed ispirazionale, capace di evocare immagini potenti.
Giorgia è una delle voci più importanti nel panorama musicale italiano. La sua tecnica vocale e la sua abilità nell’interpretare i brani la rendono un artista eccezionale. È versatile, nella sua carriera è riuscita sperimentare diversi generi musicali sempre con successo, il testo portato a Sanremo, come dice lei stessa, “Narra un processo di crescita interiore” e parla a tutte le donne con grande sincerità e autenticità. Per quanto riguarda possibili miglioramenti, anche se adesso molti degli artisti che erano in gara dicono che l’obiettivo non è mai stato vincere, io li invito sempre a porsi delle domande, in questo caso la domanda è: “Cosa avrei potuto fare di diverso per essere sul podio?”. È la risposta a questa domanda e il lavoro che ne consegue, più impegnativo di quanto si possa pensare, che la prossima volta li porterà proprio su quel podio.
L’International Coaching Federation è una delle organizzazioni più riconosciute e importanti nel campo del coaching. Qual è il ruolo di questa associazione nella tua carriera e come ha influenzato il tuo approccio al coaching?
Essere un coach ICF è sinonimo di professionalità, serietà, etica. È di conseguenza una garanzia e una tutela per il cliente che si rivolge a me. Grazie ad ICF ho costruito la mia pratica e il mio approccio al coaching, sviluppando una solida comprensione delle competenze chiave necessarie per lavorare efficacemente con i clienti. L’associazione richiede standard estremamente elevati riconosciuti a livello internazionale. Questo mi spinge ogni giorno ad aggiornarmi per garantire ai miei clienti la migliore esperienza possibile. L’International Coaching Federation promuove un codice etico rigoroso che mi ha dato la possibilità e la sicurezza di lavorare con la massima integrità e trasparenza, valori che mi appartengono da sempre. Per quanto riguarda l’approccio, il mio coaching si basa prima di tutto sulla creazione di una relazione di fiducia e rispetto con il cliente, garantisco uno spazio sicuro in cui l’artista può esprimersi e crescere liberamente senza temere di essere giudicato. Grazie anche ad ICF, oggi riesco davvero a fare la differenza nella vita dei miei clienti.
Qual è la più grande soddisfazione che questo lavoro ti ha dato fino ad oggi?
Nel mio lavoro c’è sempre un momento in cui gli artisti si rendono conto di essere vicini all’obiettivo che si sono prefissati e che la trasformazione che stavano cercando si sta concretizzando. I risultati che volevano sono tangibili. Vivo questo momento insieme a loro con molta emozione. Non c’è niente di più gratificante che leggere negli occhi di una persona la felicità di essere arrivata proprio dove voleva e di aver ottenuto il sogno che credeva fosse impossibile da raggiungere. Facilitare la crescita di una persona significa che quella persona porterà la sua crescita prima nel suo ambiente poi nella società e infine nel mondo. Si dice che noi coach cambiamo il mondo una conversazione alla volta…esiste soddisfazione più grande di questa?
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