Arte
Intervista a Desiderio. La sua ‘Nirvana’ a Milano fino al 14 gennaio
Inaugurata lo scorso 6 dicembre, è ancora in corso presso la Fabbrica del Vapore – Spazio Ex Cisterne, a Milano, la mostra Nirvana dedicata all’ultimo capitolo della saga BEAUTY HAZARD 2007 | 2017 dell’artista Desiderio. C’è tempo fino al prossimo 14 gennaio per visitarla. Intanto Desiderio è stato inviato a presentare il 12 gennaio il suo cortometraggio ¡Ahora si Llego!, primo road movie ambientato a Cuba, girato con l’artista cubano José Balboa, alla mostra “Che Guevara. Tu y Todos” ospitata a Milano, sempre presso la Fabbrica del Vapore. All’interno di Nirvana è presente anche una sezione dedicata al rapporto di Desiderio con Cuba, una sorta di omaggio alla grande mostra ideata da Simmetrico e in corso, in contemporanea a quella di Desiderio, sempre presso la Fabbrica del Vapore, e dedicata alla storia e alla vita del Che “uomo” e “personaggio storico”. Desiderio lo abbiamo incontrato, a metà di questo suo ‘nirvana’, per approfondire alcune aspetti della sua vita e della sua arte.
Che cosa hanno in comune Marylin Monroe e Bart Simpson, Capitan America e Mickey Mouse?
Sono delle iconografie importanti per me, perché legate ad un immaginario che mi porto dietro già da molto tempo, in quanto fanno parte del mondo del pop-surrealismo, e la scelta di mettere Marylin Monroe nella locandina della mostra è legata al fatto di voler richiamare ad un concetto di bellezza di forma assoluta, ed è questo quello che ho inteso quando ho pensato a Beauty Hazard. Poi la mostra che ho fatto a Milano si chiama Nirvana perché è un secondo capitolo, la prima parte fu fatta a Terni ed aveva come sottotitolo Kenosis ed entrambe sono state pensate come un percorso personale, Kenosis era riferito allo svuotarsi, mentre Nirvana era la parte dell’illuminazione.
Nella saga Beauty Hazard 2007-2017, quindi in questi ultimi dieci anni, come è cambiato l’artista Desiderio e perché?
Il progetto nacque nel 2007 quando stavo ancora lavorando nel mondo dell’illustrazione ed ero legato a dinamiche più editoriali. Tra il 2006 e il 2007 ho cominciato a dipingere e a sentire l’esigenza di uscire dalla provincia e fare cose diverse. Dopo dieci anni ho avuto il riflesso di Beauty Hazard, certamente la bellezza di questo percorso, e di rifare certe cose dopo dieci anni, è stata quella di avere un confronto con me stesso, mi sono rivisto dopo dieci anni, e mi sono reso conto, adesso, di avere delle dinamiche completamente diverse rispetto a dieci anni fa. Adesso ho la consapevolezza di certe cose che sono successe, continuo ad avere lo sguardo di un sognatore, ma comunque di rendo conto di essere diventato un artista e una persona più riflessiva. Dieci anni fa ero come un pugile all’inizio della carriera, davo tanti pugni, e tanti colpi, con molta energia. Adesso l’energia mi è rimasta, ma preferisco dare pochi colpi più mirati.
Il progetto della tua saga artistica nasce da tre concetti, bellezza, corruzione, carne, che recentemente anche la cinematografia ha cercato di rappresentare in alcune pellicole che hanno fatto molto discutere, Sorrentino su tutti. Il nostro mondo è davvero messo cosi male come lo si rappresenta?
La corrente a cui mi rifaccio, che definisco realismo magico, prende spunto da tutta la realtà che ci circonda. Tutto quello che mi si muove intorno lo rifletto nelle opere che possono essere cortometraggi, video o installazioni, e sono tutte cose che vivo in prima persona. Credo che ci sia intorno una forte decadenza, ma alla fine il messaggio che voglio far passare con lei opere è sempre positivo. Quello che cerco di fare è rimescolare le cose che vedo per riproporle in una chiave diversa. In questo non mi sento di condividere l’approccio di Sorrentino, io sono uno che osserva e vuole lasciare comunque un dubbio, un margine all’interpretazione personale, Sorrentino in alcuni passaggi mi sembra volere rimanere eccessivamente oggettivo, e affermare che quello che ha rappresentato nei suoi film, per come lo ha rappresentato, sia l’unica direzione possibile. Nelle mia creazioni non voglio avere la presunzione di poter dare io la direzione, io rappresento un punto di inizio, poi le direzioni si aprono a trecentosessanta gradi.
La tua poetica ha trovato espressione anche a Cuba, un’isola che per alcuni è anche una meta dell’anima, un posto cui guardare anche con nostalgia. Di Cuba oggi cosa resta e soprattutto cosa è rimasto di Desiderio a Cuba?
Il racconto che posso fare di Cuba per come l’ho vissuta potrebbe richiedere mesi di tempo. Fui invitato tra il 2008 e il 2009 su quell’isola per un festival dedicato alla poesia e alle arti plastiche e video a presentare alcuni miei cortometraggi, e quelli furono i miei primi dieci giorni all’Avana. Ecco, di quei giorni ricordo benissimo una frase che mi fu detta: “ Se Cuba ti entra nel sangue son dolori”. Io lì per lì mi immaginavo Cuba secondo i soliti cliché, uno su tutti è quello delle macchine vecchie, poi il riflesso di quel viaggio mi è arrivato dopo qualche mese, una sorta di mal d’Africa che ho sentito solo dopo. Il caso poi ha voluto che partecipassi alla Biennale di Venezia dentro il Padiglione Cubano. Per me Cuba è ancora presente con vari progetti, a cominciare dal mio percorso di tre mesi fatto su una moto con sidecar in cui ho girato Cuba scoprendone moltissimi aspetti a me prima sconosciuti, il tutto è diventato un cortometraggio che sarà presentato il prossimo 12 gennaio all’interno della mostra dedicata a Che Guevara che si terrà a Milano. Poi gestisco un portale di musica elettronica cubana. Cuba è bella per quanto può essere contraddittoria, e io la odio per quanto la amo, e la amo tantissimo. E’ una terra in cui non ci sono zone grigie, esistono solo il bianco o il nero, e non altre gradazioni di colore. E’ un mondo ancora sostanzialmente chiuso, legato al passato, ci sono forti resistenze e comunque nella sua bellezza Cuba è comunque una contraddizione. Tempo fa usai questa metafora: noi viviamo sulla Terra, i cubani stanno su Saturno, perché vivono in un mondo tutto loro che si sta lentamente aprendo, da fuori quel mondo lo si pensa molto più aperto di quanto sia in realtà. Se dovessi definire l’atmosfera che ho vissuto a Cuba dovrei parlare di un romanticismo decadente che mi ha rapito. Ricordo che la prima volta che sono stato laggiù ho avuto una serie di contatti diretti e frontali con la gente che ho incontrato che non riesco a dimenticare. Girare quel film è stato un susseguirsi di emozioni fortissime, io in un giorno potevo anche farmi dieci ore di sidecar, incontrando persone, paesaggi, anche in condizioni meteo di tutti i tipi. Mi ci è voluto un anno per riprendermi da quella esperienza.
L’isola di Castro non ha mai instillato in te nessun desiderio di rivoluzione, non solo in senso socialista o comunque di ridistribuzione della ricchezza, ma anche in senso artistico intendo, di sovvertimento di un qualche ordine costituito nel mondo dell’arte?
Da dopo quel viaggio sicuramente qualcosa dentro di me è successo, c’è stato un cambio. Sicuramente è cambiata in me la percezione che posso avere delle difficoltà di ogni giorno. Ecco, se dovessi fare un raffronto, quello che viviamo qui in Italia mi sembra molto meno complesso e difficile di quanto possono vivere i cubani sulla loro isola. Questo a livello artistico mi rincuora, perché quell’esperienza mi ha consentito di riuscire a valorizzare a livello artistico anche aspetti della vita che altrimenti potrebbero risultare banali o sottintesi. Io mi sento un cubano che ha più possibilità, nel senso che spesso ragiono come loro, ma vivendo in un altro contesto, ho anche più libertà di muovermi, e sento di poter essere felice di quello che ho, a partire dal fatto di avere la possibilità di esprimermi come preferisco artisticamente, cosa che, per esempio, a Cuba non è scontata, nel senso che lì puoi anche essere arrestato perché hai fatto un murales.
Tutta la tua opera è stata ascritta alla corrente del realismo magico, la tua tecnica realistica fa passare concetti spesso improbabili, onirici o fantastici, per alimentare la tua ispirazione ci sono posti fisici o sonori di cui ti nutri, quali sono?
La nutrizione avviene senza allontanarmi troppo da quello che è il mondo attorno a me. Anche la gente che mi circonda può essermi di ispirazione, posso vedere un signore alla fermata dell’autobus che ha un certo atteggiamento e per me diventa subito un personaggio da rappresentare nei miei lavori, quadri o video. Quindi spesso quello che c’è attorno a me si amplifica dentro di me e poi io metto tutto nella testa e rimescolo. Sono io poi che cerco la doppia direzione, che può essere o bianca o nera, non faccio un’analisi della società per quella che è, cerco sempre di vederla con un filtro personale. Amo molto la motocicletta, e mentre viaggio penso, e tu immagina quante opere sono uscite da questi viaggi che faccio in moto. Poi non ho particolari rituali per nutrire l’ispirazione, semplicemente vivo costantemente in questa condizione di poter recepire continuamente quello che mi circonda.
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