Arte

Il mercato dell’arte è in forma: i collezionisti comprano le novità

15 Marzo 2019

Il mercato dell’arte e dei beni da collezione oggi ha bisogno di strumenti analitici e gestionali sempre più precisi, in grado di sopperire alla mancanza di standard e regolamentazioni uniformi. Lo studio Art&Finance Report di Deloitte: “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione”, giunto alla sua seconda edizione, ha proprio l’obiettivo di aiutare i collezionisti e i loro consulenti, gli investitori professionali o i semplici appassionati a orientarsi tra i diversi dati che caratterizzano il mercato e convergere verso una condivisa chiave di lettura.

Arte e finanza sono due mondi apparentemente lontani ma la sempre più stretta interconnessione tra questi mondi sta aprendo importanti opportunità per lo sviluppo del mercato dell’arte. Accanto ai due attori tradizionali del mondo dell’arte, collezionisti ed operatori specializzati, infatti ha fatto la sua comparsa, in questi ultimi anni, un terzo gruppo di soggetti rappresentato dai wealth manager (professionisti che gestiscono patrimoni di grande valore), private banker e family officer che sta ricoprendo un ruolo destinato a diventare sempre più strategico al servizio di una clientela di investitori con grandi portafogli, il cui patrimonio investito in arte e oggetti da collezione rappresenta la grande parte del mercato dell’arte. Il settore oggi sta sperimentando l’urgenza di doversi adattare ed evolvere all’interno di un nuovo contesto che è il risultato di mutate esigenze da parte dei collezionisti, innovazioni tecnologiche, nuove regolamentazioni.

Il ruolo del wealth management viene associato prevalentemente alla tutela e al progressivo incremento del valore dell’investimento in opere d’arte e oggetti da collezione inclusi nel patrimonio gestito. In realtà i wealth manager si occupano della protezione del valore e della gestione dei rischi, dell’utilizzo dell’arte come forma di garanzia e della successione ereditaria, inclusa la filantropia. Ad esempio, valutano e gestiscono le collezioni e le singole opere o oggetti che la compongono, le assicurazioni, la reportistica, l’utilizzo dell’arte come forma di prestito garantito per investire in altri settori, gestiscono mostre ed esposizioni che allo stesso tempo valorizzino il patrimonio artistico posseduto ma lo rendano fruibile alla collettività consentendo al collezionista di contribuire alla crescita culturale dell’ecosistema in cui vive ed opera e delle generazioni future.

Ma perché si comprano opere d’arte?

I fattori scatenanti nell’acquisto di opere d’arte da parte dei collezionisti sono principalmente quello emotivo e quello sociale.Tuttavia, anche il fattore finanziario sta diventando sempre più importante, anche se solo una parte minoritaria dei collezionisti intervistati da Deloitte ha dichiarato di comprare arte o oggetti da collezione a fini speculativi, ovvero solo come forma di investimento. Al contrario la larga maggioranza dei collezionisti accumula valore in beni che la coinvolgono emotivamente, ma allo stesso tempo intende aumentare, proteggere e gestire il proprio patrimonio artistico. La domanda di professionisti qualificati e servizi di Wealth Management è quindi cresciuta.

Circa 9 operatori del settore su 10, peraltro, confermano che i propri clienti acquistano arte e oggetti da collezione per passione, ma con una dichiarata attenzione agli aspetti legati all’investimento.

L’arte deve essere considerata un asset class a tutti gli effetti e nel 2017 i gestori patrimoniali ne sono convinti circa al 60%. Inoltre, 9 gestori patrimoniali su 10 infatti affermano che i beni artistici e gli oggetti da collezione debbano essere inclusi nell’offerta di servizi offerti. Ne sono convinti anche 8 operatori di settore su 10 e quasi 7 collezionisti su 10.

Il rinnovamento del settore del wealth management è quindi una priorità per questo settore. Il weath manager deve acquisire, direttamente o con supporti esterni, competenze distintive per segnalare al cliente i rischi connessi al fatto che emotività e passione che spingono il collezionista all’acquisto, possono confliggere con l’obiettivo di aumentare o consolidare il valore dell’investimento nel tempo.

E poi c’è la tecnologia. Diverse ArtTech, le startup che operano nel settore dell’arte, hanno incrementato il proprio fatturato negli ultimi anni. Secondo il report 2018 Hiscox Online Art Trade, le vendite online di beni artistici hanno raggiunto un valore stimato in4.220 miliardi di US$ nel 2017 (+12%rispetto al 2015). Anche la rete e in particolare i social media sono diventati uno strumento essenziale per il settore dell’arte. Instagram, con il suo miliardo di utilizzatori, è il media preferito dal 63% degli intervistati nel report sopra citato (in aumento dal 57% del 2017) ed è diventato un canale strategico per raggiungere i collezionisti che si aggiunge a quelli tradizionali. Si sta manifestando una crescente attenzione nei confronti di soluzioni in grado di rispondere alle tradizionali sfide del settore: trasparenza, valutazione, autenticità, gestione del rischio. Big data, intelligenza artificiale e blockchain stanno già iniziando a lasciare la propria impronta nel mondo dell’arte e sul modo in cui vengono realizzati gli investimenti artistici. Il settore non può fare altro che evolversi e stare al passo (in termini di servizi) dei tempi.

Il secondo capitolo di questa pubblicazione intitolata proprio “Il mercato dell’arte e dei beni da collezione”, a cura di Pietro Ripa, Roberta Ghilardi e Nicola Maggi, presenta indici di investimento utili a orientare gli interessati nelle scelte d’acquisto, con approfondimenti dedicati ai trend delle principali piazze globali e ai comparti del mercato delle arti minori, al fine di indagare le principali dinamiche vissute dal mercato dell’arte e dei beni da collezione nel corso dell’anno appena concluso.

A delineare le scelte d’acquisto nel mercato dell’arte e dei beni da collezione nel 2018 sono state la qualità, la provenienza e la voglia di novità. I collezionisti, sempre più informati e selettivi, orientano le proprie scelte in modo più mirato.

Si sono ridotti gli acquisti di opere di media qualità, anche se firmate da “grandi nomi”, a favore di lavori di autori spesso inediti per il mercato internazionale, ma dotati di grandi potenzialità e di un importante passato proprietario.

Lo studio rileva in particolare un maggiore interesse nel mercato dei beni da collezione da parte di un insieme sempre più variegato di persone e professionalità, sia per finalità di investimento, sia per semplice curiosità, soprattutto con riferimento all’arte contemporanea. Da un lato, infatti, sempre più soggetti si sono accorti del potenziale ritorno economico offerto dall’investimento in opere d’arte e in beni da collezione. Dall’altro, continuano a crescere le citazioni del mondo cinematografico e dei media relative a vendite all’asta o a particolari avvenimenti riguardanti il mercato dell’arte che attraggono il grande pubblico. Si pensi, per esempio, alla copertura mediatica ottenuta nel 2017 dalla vendita del Salvator Mundi, o nel 2018 dal caso di Banksy e dell’opera che si è autodistrutta nel corso della evening sale di Sotheby’s a Londra nel mese di ottobre.

A favorire la ripresa del mercato dei beni da collezione, un ruolo importante l’ha giocato anche l’accesso alle aste ad una clientela sempre più ampia e internazionale. Questo ha contribuito ad incrementare la possibilità e la volontà, da parte dei collezionisti, di esplorare correnti artistiche inedite e lontane, a prescindere dal proprio background culturale, per soddisfare
il tipico bisogno dei più appassionati di scoprire opere sconosciute e appagare il proprio gusto personale. Questo vale sia per i collezionisti delle piazze occidentali, guidati dalla ricerca del lotto esclusivo e dall’attenzione alla qualità, sia per i collezionisti asiatici, sempre più interessati alla pittura e ai beni antichi tipici della tradizione europea.

Nelle private sales è cresciuto il successo degli art dealer, che secondo alcuni studi permettono la realizzazione di circa il 62,5% delle vendite complessive del mercato odierno. Molti collezionisti scelgono di affidarsi a dealer privati per garantirsi la riservatezza delle transazioni, ma le private sales rappresentano un canale utilizzato anche dalle case d’asta, principalmente in presenza di controparti istituzionali o di collezionisti senza urgenza.

Anche il settore dei musei ha favorito negli ultimi anni la crescita d’interesse nei confronti dell’arte e dei beni da collezione.

Inoltre, si è assistito ad una rivalutazione delle donne nel sistema dell’arte globale, sia a livello di mercato, sia a livello istituzionale.  E il mercato dell’arte del continente africano ha avuto un’accelerazione.

Pietro Ripa, Private Banker Fideuram, docente e autore di numerosi studi di economia e finanza dell’arte, che ha contribuito anche questo di studio, ha dichiarato: «Ci sono diversi elementi utili per valutare lo stato di salute del mercato dell’arte e dei beni da collezione; la valutazione dei fatturati d’asta delle più importanti major internazionali è un indicatore importante, ma non è il solo. Per una fotografia accurata del mercato dell’arte, su scala globale, occorre prestare particolare attenzione anche agli importi delle singole transazioni ed alle aree geografiche dove si celebrano i più importanti accordi: solo nel 2018 sono ben 15 i lotti aggiudicati per più di 50 milioni di dollari, 52 quelli venduti tra i 20 e i 50 milioni di dollari; dati in netta crescita rispetto al 2017. In un mercato in grande fermento vi sono anche elementi di continuità: New York e Londra restano le piazze più importanti per il mercato dell’arte e dei beni da collezione».

Il mercato dell’arte quindi continua, ancora oggi, a godere di buona salute. «In questo particolare comparto – chiude Ripa – gli investimenti e gli acquisti si reggono su tre pilastri: provenienza del bene, qualità e voglia di novità. Sul primo punto vi è grande attenzione per le prestigiose collezioni private, le cui vendite hanno portato sul mercato opere di qualità e di prestigio indiscutibili, riscuotendo tassi di invenduto prossimi allo zero. Un secondo elemento imprescindibile è la qualità dell’opera: in sostanza il “pedigree” del bene. E, ultimo ma non meno importante, la voglia di novità: il 2018 verrà ricordato come l’anno nel quale ci sono stati meno acquisti di opere d’arte di media qualità, anche se firmati da “grandi nomi” a favore di lavori di autori spesso inediti per il mercato internazionale, ma considerati di grandi potenzialità».

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