Arte
Il covid sarà sconfitto ma la decadenza culturale no
Doriano Fasoli è quel che si definisce un intellettuale poliedrico. Scrittore , critico, giornalista, sceneggiatore, pittore e poeta. Si occupa principalmente di letteratura e di psicoanalisi. Socio della Spazio Analitico, la Società Psicoanalitica Italiana nel 1999 gli ha conferito il “Premio Cesare Musatti” Ha collaborato con importanti quotidiani nazionali (Il Manifesto, Corriere della Sera, La Repubblica, Unità , Paese Sera) riviste (Panorama, Epoca, Rinascita, Linea d’ombra, Flash Art, Pratz) trasmissioni radiofoniche e televisive. Ha inoltre curato il “Giornale di Pittura” di Toti Scialoja e numerose opere del teorico e critico d’arte Cesare Brandi.
Come inciderà la pandemia sulla vita culturale italiana? Oltre i problemi, una volta fuori dal tunnel avremo un nuovo neorealismo o chissà che altro?
Non credo che questa crisi sociale sanitaria ed economica porterà grandi ripensamenti del nostro modo di vivere. Piuttosto penso che ad una lunga fase depressiva necessariamente inevitabile seguirà una fase maniacale e quando tutto sarà finito si vorrà ricominciare come e forse peggio di prima. Circa le arti è un periodo troppo breve per delle trasformazioni radicali. Non credo che arte, cinematografia e letteratura possano risentire di questo periodo di pandemia. Anche dovesse durare più anni non credo possa portare a cambiamenti importanti. Certo tutto ha subito un rallentamento, pensiamo alle uscite posposte di libri e film ma da un punto di vista creativo credo che non abbia influito molto sulla produzione delle opere. Ad ogni modo si vedrà, la prospettiva può sempre cambiare, talvolta radicalmente.
Letteratura e psiche, quale è legame che li unisce ?
I libri vengono pubblicati , nel senso che è la clinica che fa la teoria e non viceversa. Dove c’è la clinica viene fuori una teoria sulla base di dati clinici sperimentati osservati e quindi viene fuori un libro per sistemizzare queste idee, queste scoperte queste ricerche. La letteratura è funzionale alla psicologia.
Quale è la peculiarità di un artista per poter praticare ognuna delle arti verso la quale si sente portato?
Quello che rende un artista tale, in qualsiasi settore produca le sue opere è la vocazione. Non si sceglie niente per dovere. Dove non c’è vocazione si è burocrati e colletti bianchi della cultura. Questo vale anche per gli insegnanti o gli artigiani, se non c’è vocazione c’è burocrazia. Con la vocazione si sente visceralmente di dover fare quella cosa. Libri, dipinti, sceneggiature e tutto ciò che è arte viene dettato da un’urgenza profonda e non commissionato come un compito da svolgere.
Da più parti si afferma che gli ultimi venti, anni sono caratterizzati da un imbarbarimento culturale, lo può confermare?
Sono d’accordo in questi ultimi venti, venticinque anni vi è stato un processo irreversibile di decadenza culturale: le case editrici sono ridotte al lumicino, tanti autori sono scomparsi dai cataloghi, anche grandi case editrici non hanno avuto miglior sorte basti pensare ad Einaudi e quindi direi che l’unica grande casa editrice rimasta è Adelphi. Non ci sono più idee. A livello cinematografico i riferimenti sono personaggi ottuagenari come Woody Allen e Martin Scorsese. In letteratura qui in Italia, morto anche Arbasino, è rimasto ben poco. Non c’è stato ricambio generazionale, molti sono andati e nessuno ha preso il loro posto. Tra le novità non vedo niente solo ogni tanto qualche eccezione qua è là con un unico libro. Personaggi di un tempo non esistono più. Un Carmelo Bene, Gassman e Pasolini non possono più esistere e altrettanto in ambito musicale. Non vedo artisti come De Andrè o Tenco. Dove non c’è esperienza c’è il vuoto che stiamo vivendo oggi con tanti abbozzi di idee ma nessuna idea autentica. Il paesaggio culturale che si presenta ai nostri occhi fa piangere o ridere: a noi resta solo questa scelta.
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