Arte
Era italiano, in Thailandia ora è un dio (e Google gli dedica un doodle)
Forse il nome di Corrado Feroci non vi dirà nulla. In effetti, non dice molto neanche ai tailandesi: qui, nella patria di Re Bhumibol, lo conoscono come Silpa Bhirasri. E letteralmente lo venerano.
Il professor Bhirasri, nato Corrado Feroci 124 anni fa a Firenze, scultore, è infatti il protettore delle arti moderne in Thailandia. Qualche giorno fa, il 15 settembre, ricorreva l’anniversario della sua nascita e Google gli ha dedicato il doodle del giorno, praticamente il corrispettivo 2.0 di un francobollo celebrativo. Non che a Silpa Bhirasri sia mancato anche questo onore: nel 1992 il Governo tailandese ne emise uno in occasione del centenario del suo genetliaco, festeggiato, come raccontò all’epoca Tiziano Terzani, con tanto di discorso commemorativo della principessa e tutti gli onori dovuti a un pilastro della cultura nazionale. Insomma, quasi una divinità per la sua patria d’adozione, un signor nessuno per il suo paese natale.
Della singolare figura di Silpa Bhirasri ho sentito parlare per la prima volta un paio di anni fa, una sera davanti a una birra, in una scuola nella giungla tailandese nel bel mezzo del Triangolo d’Oro (ma questa è proprio un’altra storia). “Lo conoscete? Era italiano”, ci ha chiesto Jo, studente universitario di Chiang Mai finito lassù per fare un tirocinio. E in risposta alla nostra perplessità, ci ha prontamente mostrato le immagini risultate da una rapida ricerca sul suo smartphone (sì, prende anche in mezzo alla foresta). Per capirci, azzardando un paragone, l’effige di Corrado Feroci è tanto familiare ai tailandesi quanto in Italia lo sarebbe un busto di Leopardi.
Non del tutto convinti dalla faccenda, appena arrivati a Bangkok siamo andati a verificare di persona. Nel cortile principale dell’Università Silpakorn, giusto di fronte al magnifico e antico complesso del Palazzo Reale che raccoglie migliaia di turisti ogni giorno, c’è una statua a figura intera di un uomo di mezza età. L’aspetto non è maestoso, anzi, a dire la verità ha qualcosa di impiegatizio, con i pantaloni a vita un po’ alta alla moda degli anni ’50 e il camiciotto a maniche corte; il volto però è fiero, soprattutto il profilo, diventato iconico, da Senatore dell’antica Roma. E, nonostante l’aria di trascurata mollezza che pervade molte cose in Thailandia, sulle mani e ai piedi di Silpa Feroci ci sono sempre corolle di fiori freschi (ho controllato, c’erano anche qualche giorno fa). È probabile che a portarli siano gli stessi studenti, che al Professore e fondatore di Silpakorn si raccomandano come a San Gennaro: ne ho visto uno inginocchiarsi con commovente devozione e rivolgergli come una muta e concentrata preghiera, forse in vista di un temuto esame. Di fianco al cortile, accanto a uno statuario dove sono immagazzinati gessi e bronzi di Feroci e dei suoi allievi, c’è poi un piccolo museo-reliquiario, due stanzette linde e fresche di aria condizionata che custodiscono gli oggetti del Professore, le lettere, i disegni, la sua macchina da scrivere Olympia e il giradischi, i ricordi e le fotografie, anche quella, immancabile del Re Bhumibol, posta in bella mostra sulla scrivania.
Feroci arrivò a Bangkok nel 1923, dopo aver risposto a un bando di concorso indetto dalla corte del Siam, che cercava artisti per disegnare monete, ritrattisti e architetti. Già dalla fine dell’Ottocento era in corso una colossale opera di modernizzazione del cuore del Siam: Krung Thep, la “città degli angeli”, si stava trasformando in una moderna capitale e una piccola truppa di architetti e ingegneri italiani era stata chiamata a rimodellarne il volto (la principale stazione ferroviaria della città, ad esempio, la progettò l’architetto torinese Mario Tamagno). Il giovane Feroci nella sua Firenze non stava combinando molto: insegnava all’Accademia, ma quanto a commesse per realizzare opere, non aveva un granché per le mani. Prese la palla al balzo dunque, ma i primi tempi alla corte del Siam furono piuttosto duri. Terzani racconta che il “ministro incaricato dei farang (gli stranieri)” non lo aveva in simpatia e preferiva lasciarlo con le mani in mano piuttosto che soddisfare le sue richieste di uno studio con le finestre in un certo modo e la luce che cadesse dall’alto. La svolta arrivò quando il principe Naris, zio del re Rama VI e grande appassionato d’arte europea, gli commissionò il proprio busto. Ovviamente, come nelle favole più belle, ne fu entusiasta, e in un attimo Feroci si ritrovò scultore del Dipartimento Reale, ebbe lo studio che voleva e tutte le commissioni delle sculture ufficiali più importanti della moderna Bangkok. Sue sono, ad esempio, le sculture che ornano il Democracy Monument che, nel cuore del centro storico (e turistico) della città, celebra il passaggio dalla monarchia assoluta a quella costituzionale, e l’imponente e retorico Victory Monument, al centro di una gigantesca trafficatissima rotonda nei pressi dell’attuale residenza reale.
Quanto al cambio di nome, fu una necessità dettata dalla Storia: dopo l’armistizio del 1943, Feroci venne arrestato dai giapponesi in quanto cittadino di un paese nemico e l’unico modo che i dignitari siamesi trovarono per liberarlo fu quello di farlo diventare un cittadino tailandese. Con il nome di Silpa Bhirasri, il professor Feroci divenne quindi il primo preside dell’Università Silpakorn, da lui fondata dieci anni prima come Istituto d’Arte. “Fu colui che accompagnò l’arte tailandese sulla strada del mondo moderno”, si legge sul pannello esplicativo all’ingresso del piccolo museo a lui dedicato. E se l’originalità artistica non fu esattamente il suo punto forte (ma non ditelo ai tailandesi), è indubbio il talento didattico, che gli permise di traghettare un’arte improntata alla reiterazione di forme e stilemi della tradizione verso la completa rottura delle forme che, già quasi da un secolo, aveva rivoluzionato l’arte europea.
A parte un breve tentativo di ritorno in Italia nel ’49, Silpa Bhirasri rimase in Thailandia fino alla morte, nel 1962, venerato dai suoi studenti e onorato come padre dell’arte moderna tailandese. Qui da noi, non dico tanto, ma potremmo almeno nominarlo protettore dei cervelli in fuga?
Devi fare login per commentare
Accedi