Arte
È venerdì, è tempo di Trenodia e di lamentazioni allo Sponz Fest
Questa premessa sarà ripetuta per ogni pezzo che dedicherò a questa edizione dello Sponz Fest, se l’avete già letta potete passare al paragrafo successivo, altrimenti continuate pure. In questi quattro anni di frequentazione dello Sponz Fest mi sono fatto l’idea che il racconto di un evento del genere fuoriesca dal campo della cronaca giornalistica, in primis per la vastità della sua proposta che abbraccia vari campi dell’arte e dell’intelletto, poi perché la cronaca giornalistica, se non assume i toni del reportage, rischia di essere riduttiva rispetto a ciò che si vuole raccontare, e comunque non è detto che riesca a dargli compiutamente forma. Lo Sponz è un evento onnivoro, anzi plurale e onnivoro, credetemi, venite a vederlo per farvene un’idea. Partendo da questo ho maturato la convinzione che l’unico modo utile per provare a raccontarlo sia attraverso l’utilizzo di una pluralità di stili, dalla poesia all’epica, dalla prosa al racconto e all’articolo di cronaca, fino alla forma del diario personale. Quindi mi prendo carta bianca e vado a cominciare.
Compagna di viandanti e insonni,
cinquanta anni compie
la nostra possessione di essa
o meglio la nostra illusione di averla mai posseduta, la luna,
con una bandiera di averla posseduta
Luce dei mannari,
di chi non dorme e dei mannari,
solstizio della notte,
a lei rivolgono la preghiera
tutti coloro che in schiera ci camminano sotto
E’ il treno della lamentazione e della mescolanza,
il corteo di coloro che rivendicano un’esistenza,
un fiume di gente che arriva
da ogni dove
e fortemente respira, appartenenza
Che di mali comuni ce ne sono in abbondanza
e di cose da espiare pure,
allora unitevi al salmo,
preparatevi a metterci la voce
e trasformate ciò che è dentro in canto, trenodia
Perché il male maggiore è la lamentela come primo atto
e sempre come atto primo,
la lamentela che viene prima di tutto,
lamentarsi
e dipanarsi nel mondo lamentandosi, la peste
La peste che arriva in processione
tingendosi di nero, in processione
Cairano, Lacedonia, Calitri, Tricarico, Matera
un solo paese
mettetevi in fila e unitevi al salmo
E la sua luce in alto sempre là sta,
le passano sotto eserciti e schiere di santi,
donne che partoriscono e amanti,
ma lei sempre là sta, la luna,
come una specchio che prende e annulla
Lamentazioni comprese,
perché non scompariremo
finché continueremo a ritornare
NOTA: Trenodia è un’opera d’arte collettiva di Mariangela Capossela e Vinicio Capossela, ha tre forme espressive. Inizia con una stazione preparatoria: L’opificio del nero, una performance artistica di inizio del lutto (tintura del tessuto per vestire il corteo). La seconda è la fase in cui la Trenodia si mette in cammino (corteo) con due modalità: Trenodia sul selciato – quando il corteo attraverserà i paesi – e Trenodia sulla terra – quando si muoverà in campagna. La terza forma è il Banchetto funebre, che opera una transizione verso una lamentatio più carnale e di affermazione della vita, in cui le tradizioni culinarie funebri si uniranno alle declamazioni poetiche.
Credit foto: Giuseppe Di Maio
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