Arte
Dopo ‘The Wall’ di Roger Waters ho capito. L’arte vera nasce nelle discontinuità
A volte le considerazioni che mi faccio sono banali, per questo le faccio tra me e me, a bassa voce. Perché a tutti sarà capitato, ammirando un qualche capolavoro di qualsiasi tipo, di chiedervi come si possa essere arrivati ad esso, come possa essersi originato nella mente del suo autore e quale sia stata la genesi più recondita dell’ispirazione che ha fatto scattare in qualche modo la scintilla. E tanto è più vasto il momento di discontinuità che si sta vivendo, tanto più è corale e vibrante l’opera che può generare. Considerazioni che mi sono venute nuovamente a mente dopo aver visto il film ‘The Wall’ di Roger Waters, un’opera mastodontica sulle due maggiori tragedie che il XX secolo ci ha riservato. Le due guerre mondiali, quelle che hanno visto morire il padre ed il nonno di Waters quando i loro figli avevano appena due anni. E poi quelle piccole grandi guerre che hanno comunque segnato con il sangue la nostra storia contemporanea in una tragedia corale che ci definisce e che non ci può non appartenere, perché a guardarci bene le troviamo tutte nel nostro DNA.
Chiedetevi la nostra calma quotidianità, negli ultimi 30 anni, cosa ha prodotto di artisticamente significativo. Fatto???!!!??? Bene, volete sapere la risposta a parere del sottoscritto? Niente! Perché probabilmente non abbiamo discontinuità da scontare, almeno apparentemente. Perché in fondo, se guardo questo disegno di una bambina siriana, qualche dubbio in proposito lo ho. Voglio dire che la vicenda siriana e la fuga di massa dei profughi da quelle terre di guerra una qualche discontinuità la sta generando. A me, almeno sì. Ma non per paura di essere invaso. Semmai per la vicenda in sé. Perché questa gente, famiglie intere, devono prendere e lasciare tutto quello che hanno per andare a procurarsi fortuna altrove. Mettetevi nei loro panni. Io ho provato a farlo e non ne sono uscito tanto bene. Semplicemente per il fatto che l’idea di dover lasciare tutto da un momento all’altro è senza dubbio destabilizzante. Evangelica sì, ma comunque destabilizzante. E ci racconta una nostra intrinseca povertà, quella dell’attaccamento al lato puramente materiale dell’esistenza.
Ma di tutta questa discontinuità quotidiana chi se ne sta facendo carico??? Artisticamente parlando direi nessuno. Eppure la magnitudine di quanto sta accadendo sarebbe tale da giustificare un’opera rock altisonante almeno come ‘The Wall’ di Waters o una creazione letteraria stile ‘Guerra e Pace’, i ‘Promessi Sposi’ o la Commedia di Dante. Eppure niente. E’ anche vero che non sempre le discontinuità sono gradite, specialmente quando portano guerre o momenti di tensione. Ed ovviamente tutti ci auguriamo una sorte magnifica e progressiva per tutte le nazioni, tanto da non avere più bisogno di armamenti e di frontiere, di governi e di dittature, di leggi e di diritti. Vorremmo tutti poterci rifugiare sul lato del bello, sul lato più nobile della storia, quello fatto solo di buone notizie. Di solidarietà, di accoglienza vissuta, di condivisione vera. Perché se il prezzo dell’arte e dell’ispirazione artistica devono essere i disastri allora preferiremmo non averne più di arte. Ma il nostro cuore anela sempre verso l’infinito e l’arte in qualche modo, almeno in parte, lo appaga. La soluzione ci sarebbe e sarebbe che l’arte possa nascere anche dal tremendamente bello, quello che può nascere solo con la collaborazione di tutti. Voi ci credete??? Io sì, ma con tutti i muri che mi trovo di fronte so ahimè di non essere in buona compagnia.
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