Arte
Colazione con Lucian Freud, il pittore che faceva più rumore dei Clash
Londra, anni Cinquanta. Un ragazzo bohémien, arguto, dagli occhi saettanti e pennellate che promettono molto molto bene, si fa strada nel panorama artistico inglese. Si chiama Lucian Freud, nipote di Sigmund Freud, e vive a Londra, dopo la fuga della sua famiglia da Berlino. A lui, alla sua arte, alla sua vita sregolata e passionale (pittura, donne, gioco, colpi di testa) è dedicato il saggio Colazione con Lucian Freud di Geordie Greig, direttore del Mail on Sunday, un tempo componente del gruppo di amici che l’artista incontrava a colazione da Clarke’s, in Kensigton Church Street e ai quali si raccontava senza remore. Il libro, intrigante se amate le biografie degli outsider, è stato tradotto in italiano da Massimo Parizzi per la Mondadori.
È uno sguardo su un modo di vivere, su un artista misconosciuto ai più, che a Londra prima e in Europa poi ha suscitato più scalpore dei Beatles e dei Clash. Il rigore e la sobrietà che dopo la guerra influenzarono le abitudini di tanta gente, non sfioravano Freud. Chiunque lo incontrasse restava abbagliato dalla sua sagacia, dal suo sguardo perforante, da quel che era capace di rappresentare con un pennello tra le mani. Amico di Francis Bacon, ha avuto nel letto tantissime donne, sebbene ne abbia amate due o tre (tra queste la spericolata Lorna Wishart, più grande di lui, fotografa anche da Francis Goodman e Caroline Blackwood, ereditiera della fortuna Guinness).
Ma Lucian Freud era prima di tutto un pittore. L’arte l’aveva respirata da piccolo e grazie a Cedric Morris ne fece un credo, un’estensione di se stesso. La sua arte era indisponente, dissacrante, talvolta inquietante. Realismo, esistenzialismo e simbolismo si mixavano per dare origine a quadri che nel 1993 sono giunti fino al Metropolitan Museum di New York. Ma sapeva essere anche più posato, senza sfidare la morale dell’epoca. Come nel caso di Woman with a tulip, il quadro di seguito, che ritrae Lorna.
Freud scandagliava i soggetti che aveva davanti. Posare per lui voleva dire abbandonarsi, lasciarsi soggiogare, fin quando i contorni del reale perdevano spessore. Fin quando pittore e modello si ritrovavano in una dimensione sconosciuta, senza difese e sicurezze.
Si innamorava di continuo, di tutto, di tutti. Era capriccioso, egoista. Conobbe stelle del cinema, della musica. I viavai intorno al suo studio destavano pettegolezzi e chiacchiere, da tabloid locali. Tutto è finito nel 2011. Greig ha scritto il libro per salvare dall’oblio un pittore che amava nel profondo e del quale era diventato amico. Ne viene fuori più di una istantanea, e la storia di un talento vissuto senza inibizioni.
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