Arte
Caravaggio Remixed/ Ep.2 Detto il Caravaggio, ma nato a Milano
Santo Stefano in Brolo non è solo il luogo dove andare ad ascoltare concerti ricercati di musica antica: è qui che è stata fatta, in maniera del tutto casuale, la più importante scoperta documentale in merito alle vicende biografiche di Michelangelo Merisi, conosciuto come il Caravaggio, e dunque ritenuto a lungo non solo originario ma anche nativo della cittadina della bassa bergamasca, celebre ai suoi tempi per un poderoso santuario mariano edificato nella seconda parte del Cinquecento. Le fonti storiografiche che possediamo intorno alla vita di questo pittore, sono successive alla sua morte, avvenuta nell’estate del 1610. Giulio Mancini, che scrisse le Considerazioni sulla Pittura dal 1617 al 1621 era un medico, arrivato a Roma nel 1592, che raggiunse il culmine del suo successo professionale allorché assunse l’incarico di medico personale di papa Urbano VIII Barberini. In precedenza aveva scritto di argomenti disparati, in pubblicazioni destinate a una piccola élite. Le Considerazioni sulla pittura circolarono nell’ambito ristretto dei suoi amici, tra cui lo stesso Maffeo Barberini, che da giovane aveva coltivato l’arte e si era fatto ritrarre dal Merisi. Tra i testi seicenteschi sulla vita di Caravaggio, il passo delle Considerazioni è il più antico, ma si limita a collocare la morte del pittore tra i trentacinque e i quarant’anni, senza indicare la data di nascita.
Il secondo biografo, Giovanni Baglione, era pittore a sua volta, e detestava Caravaggio, con cui aveva tentato senza grande costrutto di rivaleggiare in vita. Il suo Vite de pittori, scultori e architetti, del 1642, è abbastanza attendibile quanto ai fatti, anche se animato da un forte astio per quel che concerne i giudizi critici. In una nota a margine del suo testo, si dice che Caravaggio morì nel 1609. Il terzo e meno laconico biografo è Giovan Pietro Bellori, che nel 1672 con il Vite de pittori, scultori e architetti contribuì all’affermazione del paradigma classicista. Si trattava più di un trattato di estetica che di una raccolta di biografie di artisti in senso stretto. Allo scopo di configurare una sorta di annus horribilis per la pittura, fissò anch’egli la morte di Caravaggio al 1609, lo stesso anno in cui scomparvero i due pittori più quotati dell’epoca, il campione del classicismo Annibale Carracci e il paladino dell’accademia tardo manierista Federico Zuccari. In possesso di molte informazioni di seconda mano, il testo di Bellori recita così: «Duplicò egli con la sua nascita la fama di Caravaggio, nobile castello di Lombardia, patria insieme di Polidoro celebre pittore». Polidoro Caldara da Caravaggio, detto per inciso, era un seguace di Raffaello, la cui vita, al di là dei natali, presenta curiose affinità con quella del compaesano, a partire dal soggiorno nel Sud Italia e la morte violenta.
Al principio del nostro secolo, Roberto Longhi, lo storico dell’arte a cui si deve di fatto la “scoperta” del valore di Caravaggio e una sistemazione critica della sua opera che per molti aspetti è ancora insuperata, scoprì un iscrizione del giureconsulto Marzio Milesi: un epitaffio in cui si diceva che Caravaggio era morto il 28 luglio 1610, circostanza poi confermata da altre testimonianze venute alla luce recentemente, e che aveva vissuto 36 anni, 9 mesi e 20 giorni. Il che indicava la data di nascita nell’anno 1573.
Quando arrivò a Roma, tra il 1592 e il 1593, Michelangelo Merisi prese a raccontare di essere nato a Caravaggio vent’anni prima.
Proprio in occasione del quarto centenario della nascita, un’altra studiosa che ha dedicato molte energie a Caravaggio, Mia Cinotti, trovò nell’archivio di Santa Maria alla Passerella di Milano l’atto di nascita di Giovan Battista Merisi, fratello minore di Michelangelo, venuto alla luce nel 1572. Si sapeva già, dall’atto matrimoniale, che i due genitori si erano sposati nel gennaio del 1571. La nascita del pittore doveva gioco forza essere avvenuta a cavallo tra questa data e quella del fratello, e forse non a Caravaggio, bensì a Milano. Il pittore aveva perciò detto una piccola, innocente bugia. A ventidue anni non riteneva evidentemente di avere alle spalle una storia professionale tale da garantirgli se non il successo, almeno il lavoro.
A essere maggiormente indiziato di possedere i documenti decisivi per fissare il giorno preciso della nascita era dunque l’archivio di Santa Maria alla Passerella, una chiesa di cui oggi esiste solo il toponimo, e che è stata cancellata dalle soppressioni giuseppine incorse durante il dominio austriaco. Ma tra le carte relative a quella parrocchia non venne trovato nulla di nulla.
Un altro studioso, Maurizio Calvesi, sulla base di un’analisi più attenta dell’epitaffio del Milesi, ipotizzò come data di nascita il 29 settembre 1571, giorno di san Michele Arcangelo, ricorrenza a cui poteva essere legato il nome proprio del Merisi.
Mancava il luogo, ma in molti si rassegnarono a lasciare l’indicazione indefinita, dal momento che proprio in coincidenza delle date segnalate dal Calvesi l’archivio di Santa Maria alla Passerella aveva subìto delle perdite, dovute a un incendio.
A trovare fortuitamente il documento decisivo è stato un ex manager della Standa, Vittorio Pirami, che, ormai in pensione, si è dedicato alle ricerche d’archivio. Setacciando i registri dei battesimi della parrocchia di Santo Stefano in Brolo, alla ricerca di carte relative a pittori milanesi di secondo piano, Pirami si è invece imbattuto nell’atto di nascita di Michelangelo Merisi, registrato il 30 settembre 1571, confermando l’intuizione di Calvesi, e di fatto spostando il luogo di nascita da Caravaggio a Milano.
Ho frequentato l’archivio di Santo Stefano ai tempi dell’università. Ne ricordo la strana sospensione del tempo, nelle ore pomeridiane, i lunghissimi silenzi del poco personale presente, la prudenza del suo direttore, Bruno Bosatra, un sacerdote di grande curiosità intellettuale, disposto a supportare anche le mie svogliate ricerche dell’epoca su preti-pifferai magici nelle vallate della Svizzera interna. E immagino la concitazione di quella scoperta casuale, e la paura di aver preso un abbaglio, compensata dalla consapevolezza che quell’infinita catasta di faldoni, tanto grande da occupare buona parte della navata maggiore della chiesa, conserva carte preziose che solo occasionalmente possono venire alla luce, così come a me una mattina capitò di trovare una lettera coi timbri e la firma di Napoleone, cercando notizie sulle più modeste vicende di un vicario in odore di giacobinismo. Ma la scoperta di Pirami era inequivocabile, e, anche grazie a un brillante articolo pubblicato da Marco Carminati, venne immediatamente accettata dalla comunità scientifica.
Milano, con la scomparsa della chiesa alla Passerella, e la cancellazione di gran parte del centro storico, compresa la zona di san Giorgio al Pozzo Bianco, dove Caravaggio andò a bottega dal pittore bergamasco Simone Peterzano, mi sembra essere il negativo fotografico e quasi la proiezione di quell’assenza di notizie che registriamo sulla parte della vita di Caravaggio che precede il suo arrivo a Roma, esattamente come la possibilità tutt’oggi di muoversi nella capitale tra le opere che ha realizzato, le chiese in cui ha lavorato, i palazzi e persino, con qualche approssimazione, le piccole e modeste abitazioni in cui ha vissuto, costituiscono il correlato visivo di una storia che possiamo provare a seguire punto per punto. Ed è proprio nel punto di giunzione tra quel che si sa e quel che possiamo appunto solo immaginare, che si è esercitata per lunghi anni la fantasia degli storici. Provate oggi a cercare via privata dalla Passarella, dietro piazza Beccaria, e scoprirete di esservi passati chissà quante volte. Si tratta di un angolo un po’ anonimo di Milano, dove una volta c’era una grande concentrazione di cinema, poi uno store di libri e dischi, un negozio di moda, e infine nulla. Il nome antico di questo luogo, e della chiesa, sembra che venga da un ponticello o qualcosa del genere, che forse portava a una torre o a un punto rialzato, forse ancora indicava il passaggio su di un corso d’acqua. Era posta in Contrada della Cerva, confinante con il luogo dove a metà del Seicento sarebbe sorto il Verziere, il mercato che riecheggia in una delle opere più celebri di Carlo Porta, la Ninetta del Verzee, e che nell’immagine di copertina si vede ritratto in un dipinto del 1733 di Alessandro Magnasco detto il Lissandrino. Prima del mercato esisteva una colonna votiva, che oggi vedete in Largo Augusto, e che venne elevata da San Carlo alla fine della pestilenza del 157671577. Ed è proprio da quell’evento tragico che occorre partire per capire come si snoda la vicenda di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, ma nato a Milano. (continua)
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