Arte
Canova allo specchio
Lo straordinario prestigio internazionale che consentì a Canova di trattare da pari con i grandi diplomatici europei al Congresso di Parigi, parlando ed agendo in favore della restituzione all’Italia delle opere d’arte razziate di Napoleone, è il prodotto di una fama e di una popolarità costruita in pochi decenni, che ne fece uno degli artisti più celebrati e riprodotti in vita. Esisteva un vero e proprio culto della figura di Canova, che assume forme sorprendenti per chi immagina la società a cavallo tra fine del Settecento e inizio dell’Ottocento come una realtà dove la diffusione delle immagini era certamente più lenta e complessa di quanto sia diventata con la loro riproduzione meccanica e circolazione seriale. Eppure non solo le opere e le imprese, ma persino il volto e la fisionomia di Canova erano conosciuti universalmente. Numerosissimi i suoi ritratti, spesso riprodotti in incisione, così come i suoi capolavori. La mostra Canova e Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna, alle Gallerie d’Italia di Milano, traccia un inedito profilo della fama universale goduta dal grande scultore. A partire dalla descrizione che ne fa il pittore Francesco Hayez nelle sue “Memorie”, pubblicate nel 1869. “Canova era di statura media, snello della persona, ispirava confidenza al solo vederlo, confidenza che cresceva poi sentendolo parlare con questa sua voce sonora. La sua faccia esprimeva la bontà del suo cuore; aveva gli occhi molto incassati; il suo sguardo era penetrante, ma dolce; era già allora un po’ calvo, benché non avesse che circa 57 anni; la sua bocca era sempre sorridente, pareva pronta a dire cose piacevoli”, scriveva Hayez, che aveva conosciuto Canova a Roma.
Nei numerosi autoritratti che ci ha lasciato, molti dei quali riguardano la gioventù, Canova, che era anche discreto pittore e ottimo disegnatore, mostra una spiccata sensibilità per la luce e per il colore, com’è proprio per un artista veneto. L’immagine più vivida è probabilmente quella che si conserva agli Uffizi, risalente al 1792, allorché l’artista era già celebrato per il monumento a Clemente XIII in San Pietro. Lo scultore sceglie qui di rappresentarsi con il pennello in mano, in atto di accostarsi alla tela. Sette anni dopo ci lascia un’immagine più ponderata e, secondo la definizione che ne dà lo stesso curatore della mostra milanese, Fernando Mazzocca, “dolente”, nell’Autoritratto come scultore, che ha conosciuto ampia diffusione grazie a un’incisione che ne ha ricavato Martino De Boni. Ma esistono anche ritratti realizzati dai maggiori artisti del suo tempo, come quello di Angelica Kauffmann, o dell’amico milanese Giuseppe Bossi, o ancora dell’astro del neoclassicismo Andrea Appiani. Qualcuno, come lo scultore Giovanni Ceccarini, lo ritrae come una divinità, seduto e seminudo, con una corporatura atletica che certamente non aveva, con accanto la testa antica del Giove di Otricoli.
Altri, come Hugh Douglas Hamilton, ce ne lascia un’immagine informale, in un memorabile pastello che sembra colto da vero, per quelle labbra dischiuse, che quasi ce ne fanno sentire la voce, impegnata in una conversazione appassionante. E se Foscolo stigmatizzava il vezzo di Canova di portare una parrucca, per nascondere la calvizie, è proprio con i capelli scuri e scomposti, alla moda francese, che lo ritraggono Thomas Lawrence e John Jackson.
È emblematico che tanto nel ritratto del Lampi quanto in quello di Jackson si riconoscano nello sfondo particolari del Monumento funerario di Maria Cristina d’Austria, l’opera più impegnativa del Canova per invenzione, dimensioni e complessità esecutiva. Acconciato sotto una parrucca ancien regime o spettinato da una ventata romantica, Canova appare comunque come il sovrano della sua arte, secondo gli schemi aulici del ritratto di corte, principe della scultura. A consacrare però la figura artistica del Canova contribuì più di ogni immagini il testo che Leopoldo Cicognara lasciò nella sua “Storia della scultura in Italia”, collocandolo al termine del percorso di un’arte che veniva delineata come un fatto eminentemente italiano. Canova per riconoscenza donò a Cicognara un busto che è un suo autoritratto, e quella testa ideale di Beatrice che si riconosce nel noto ritratto che Ludovico Lipparini ci ha lasciato del trattatista.
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