Se Pordenone si scopre di colpo vittima di mafia
Belli, giovani e una vita davanti. I protagonisti di questa storia con finale tragico sono Teresa Costanza e il fidanzato Trifone Ragone. Trentenni, residenti nel profondo Nordest – a Pordenone –, i due martedì scorso sono stati freddati da ignoti nella loro vettura, appena fuori la palestra dov’erano praticamente di casa. Un duplice omicidio che fin dall’inizio è apparso strano, choccante per l’intera comunità, paradossale per certi versi. Varie ipotesi hanno viaggiato dapprima nel mondo della droga poi in quelle delle discoteche (lui infatti lavorava come buttafuori). Ma nulla. Quel brutale doppio assassinio era un enorme punto interrogativo.
Poi la svolta. Teresa Costanza ha un passato nebuloso. A dire il vero non lei, quello della sua famiglia. Originaria di Favara, in Sicilia, la giovane donna si era trasferita a San Donato Milanese con la famiglia nel 2006 e lì aveva preso una laurea alla Bocconi e avviato una splendida carriera lavorativa. Ma perché quel cambio di rotta, dal Sud al Nord? È presto detto: Teresa era figlia di Rosario, imprenditore edile. Lo zio nel 1995 era stato vittima della “lupara bianca”: venne infatti ammazzato da Cosa Nostra dopo la cattura del boss di Santa Elisabetta, Salvatore Fragapane (lo zio era stato erroneamente coinvolto in fatti di spionaggio che pagò con il sangue). A rivelarlo ai magistrati sono i collaboratori di giustizia Maurizio e Beniamino Di Gati e Luigi Putrone.
Ora questo filo di sangue tra la Sicilia degli anni Novanta e il Nordest del 2015 potrebbe ricongiungersi con questo duplice omicidio orribile. Gli inquirenti stanno indagando e dunque per il momento questa rimane una delle ipotesi sul tavolo. Rimane tuttavia il colpo ricevuto in pieno petto da una città, Pordenone, e più in generale da un territorio, il Nordest, che d’improvviso si trova nudo di fronte alla possibilità (assurda?) di un regolamento di conti di stampo mafioso occorso qui, dove la mafia non esiste. È un risveglio amaro per chi non l’ha mai creduto. È un risveglio amaro anche per chi lo urla da tempo su orecchi riempiti d’ovatta.
@giulio_serra
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