Mi hanno chiesto, con giusta provocazione, cosa vuole dire “Buon Natale” per un non credente? Che significato assume pronunciare questa formula rituale e riceverla in dono? Che senso ha passare questa giornata aggiungendoci una locuzione laica, che sembra davvero una scorciatoia borgese? Basta davvero porre in rilievo il proprio impegno civile per dire “Buon Natale”? Avere pensieri solidali, rispetto per gli altri, una buona dose di anticonformismo? Farsi prossimi a quella Chiesa che talvolta appare una gigantesca Ong? Sinceramente, non basta. E non basta neppure quel pauperismo che piace tanto a taluni non credenti proprio durante queste ricorrenze. L’invettiva contro il consumismo, la retorica, sì la retorica poverista, una certa ascetica propensione a non strafare nell’esagerazione festaiola, per quanto il Covid lo permetta, non basta. No! Non basta neppure trasformare il Natale in una tradizione culturale, popolana, profondamente insita in ognuno di noi, nati da questa parte della terra. Non basta. La domanda incalza. Chiederci “chi siamo” non è gioco filosofico, riempitivo domenicale, architettura psicanalitica. Privo della grazia della fede, non posso che scavare nel mio minuscolo sapere e cercare una risposta che tenga conto del mastodontico impianto antropologico, sociale ed anche affettivo che questa giornata sussume in sé. E dunque cosa vuole dire “Buon Natale” per me, privo della grazia della fede? Il riconoscimento che tale pronunciamento è riconducibile solo ad un fatto: all’avvenimento di Cristo, all’imprevisto che cambia la storia. Non posso non partire da questo presupposto davanti all’altro che mi pone il sacro come elemento distintivo cadenzandolo in questo giorno preciso. Tutto il resto è pura retorica, è abitudine e costume sociale. Da non credente posso solo riconoscere, rendere palese il mio passo caduco, vivendo all’interno di questa modernità secolarizza, lasciando che la domanda aperta sull’uomo e sul sacro, non mi permettano mai di cadere nel “buon natale laico”, ossimoro teatrale e surreale dei nostri tempi.
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Un caro saluto con la mia riflessione qui pubblicata due anni fa
Alessandro
https://www.glistatigenerali.com/famiglia_religione/perche-gesu-bambino-puo-dare-una-speranza-a-credenti-e-non-credenti/
“Buon natale” per me è l’emblema dell’imposizione della chiesa cattolica sullo stato italiano: è festa nazionale la nascita di una divinità che ha ingravidato una 13nne senza consenso per farsi uomo e “salvare” l’umanità dall’ira di se stesso, come quando col diluvio universale affogò quasi tutti perché non gli piaceva come stessero usando il “libero” arbitrio, che evidentemente tanto libero non è.
Chiarito questo, abbiamo molto da festeggiare e che potrebbe sostituire le feste cattoliche, e sarebbe il lmomento di farlo, perché se non si arresta la pubblicità, la superstizione cattolica sarà sempre influente e imporrà leggi incivili e impedirà quelle civili (matrimonio gay, eutanasia e decine di altre)
la realtà è che l’unico modo per uscirne è che la superstizione religiosa stia fuori dalla scuola e dagli ospedali, dove ci sono i più influenzabili. Ancora oggi abbiamo “insegnanti” di religione che sono pura pubblicità scorretta pagata dallo stato 1,2 MILIARDI all’anno e crocefissi e presepi come se piovesse. BLEAH