Costume

Nuovo CdA Rai, dietro le quinte

27 Luglio 2018

Seguo la campagna #laraichevorrei di Luca Mattiucci su facebook, e mi incuriosisco. Scopro che il giovane giornalista e manager è una delle 236 persone che ha deciso di inviare il proprio cv ai parlamentari – alla Camera, nel suo caso – per il rinnovo del CdA RAI. Nonostante non sia stato nominato, la sua campagna social ha coinvolto molte persone, e ha raccolto il sostegno dello scrittore Erri De Luca e dell’attrice e produttrice Mariagrazia Cucinotta.

Mi spieghi un po’ come funziona il CdA Rai dopo la riforma del 2015?

Innanzitutto, il cdA si è ridotto a soli sette membri e i suoi poteri sono stati limitati: basti pensare che il Direttore Generale ha carta bianca per progetti fino a 10 milioni di euro .

Una delle novità è che un consigliere è votato dai dipendenti Rai; quattro sono eletti dal Parlamento (due dalla Camera e due dal Senato), e due dal Governo. Il Parlamento ha scelto da una rosa di candidati che hanno inviato il proprio curriculum, e grazie a questa novità ho potuto candidarmi. Però non si è saputo molto della modalità di selezione dei candidati, non si sa nemmeno se sono stati letti tutti i cv. La Commissione di Vigilanza non era neppure al completo durante le elezioni dei consiglieri da parte dei parlamentari.

Ho letto però che ti ha fatto piacere l’elezione di Riccardo Laganà

Sì, perché tra “Laraichevorrei” e “IndigneRai”, movimento di cui è Presidente Riccardo Laganà, ci sono molti punti in comune, ad esempio la volontà di valorizzare le competenze dei dipendenti della Rai, anziché rivolgersi a società di produzione esterne. L’esperienza de Laraichevorrei non verrà persa, ma andrà a supporto di Riccardo, sia diretto, sia indiretto – facendo pressione, anche attraverso i social, su chi può prendere decisioni importanti in Rai. Probabilmente, non è un caso che sia stato eletto proprio lui dai dipendenti Rai – non solo giornalisti, ricordiamolo – scontenti di essere assunti, nei casi migliori, senza poter mettere pienamente a frutto le proprie competenze.

Ricordiamoci anche che Riccardo Laganà, da Presidente di IndigneRai, ha firmato l’esposto alla procura in cui segnalava il pagamento dell’azienda per alcuni viaggi della Presidente Rai Monica Maggioni legati alla presentazione di un proprio libro.

Potresti farmi qualche esempio su quello che vorresti cambiare in Rai?

La Rai ha al suo interno tante competenze; mettiamo che serva una sigla: vorremmo che, magari aspettando un po’, ci si rivolgesse a un maestro già assunto, invece di ricorrere a un brano già pronto, pagando la Siae. Oppure, per quanto riguarda le fiction, preferiremmo che fossero prodotte internamente, anziché pagate molto di più perché comprate esternamente già confezionate – delegando la gestione dei contratti delle maestranze e della burocrazia in generale.

E dal punto di vista della programmazione?

C’è il tema dell’inclusività: sai quanta della programmazione Rai è adatta a non vedenti e a non udenti? Solo il 5%. Viene prodotto un solo telegiornale nella lingua LIS, ma non tutti i non udenti conoscono la LIS. Il personale che si occupa di audiodescrizioni e sottotitolazioni è spesso precario, ed è così difficile produrre una continuità e una maggior qualità dei progetti.

E infine vorremmo fosse valorizzata l’esperienza di servizio pubblico: perché non dedicare alcuni spazi della programmazione negli orari più visti per far conoscere agli spettatori i comportamenti corretti da assumere, ad esempio, durante i terremoti? Quante persone in più si sarebbero potute salvare?

Vuoi commentare le ultime nomine da parte del Governo?

Le nomine di Salini come DG e di Foa alla presidenza rappresentano il non plus ultra di logiche spartitorie, dove emerge con chiarezza che a vincere è la partitocrazia. Per anni si è attaccato il conflitto d’interessi di Berlusconi e oggi cosa fa il Governo del cambiamento? Nomina come direttore generale uno dei dirigenti della “Stand by me”, una delle agenzie di produzione esterna che vende di continuo format alla Rai. Se questo è il cambiamento allora è vero il detto “si stava meglio quando si stava peggio”.

Cosa ti ha spinto a candidarti al Cda?

Mettere al servizio di un’azienda pubblica un’esperienza ventennale nella comunicazione sociale e nel management d’azienda. In Rai, c’è una parte visibile dedicata allo sviluppo della comunicazione sociale: penso a eventi come Telethon e alle Partite del Cuore; c’è però anche una parte meno visibile, cui mi sarebbe piaciuto dedicarmi: quella della cultura aziendale e del welfare. Ti faccio un esempio: è abbastanza fine a se stesso avere donne in ruoli cruciali dell’azienda, se poi le lavoratrici “comuni” che si trovano in difficoltà perché non c’è una cultura aziendale che permetta loro di lavorare al meglio. Migliorare la cultura aziendale non è solo un vezzo, porta valore aggiunto all’Impresa. Ci sono professori come Mario Calderini, del Politecnico di Milano, che lo studiano e lo insegnano. E ci sono già esempi in Italia, penso a quello che sta facendo Andrea Valcalda all’Enel. Non si tratta di brandwashing, ma di vera innovazione.

 

 

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