Dalla Federazione alla Lega delle Cooperative, storia della cooperazione
Nel corso degli anni Quaranta dell’Ottocento in diversi paesi europei iniziarono a delinearsi alcune importanti esperienze cooperative: cooperative, quelle di consumo, quelle di produzione e lavoro, quelle agricole e le banche cooperative. E in Italia?
Nel nostro paese la cooperazione non imbocca un percorso fossilizzato su di un particolare modello ma si radica in tutti i settori economici, permettendo la costruzione di reti d’imprese, e questo ne diviene infatti con il tempo il tratto distintivo. La primissima cooperativa italiana è il Magazzino di previdenza di Torino – una cooperativa di consumo – nato nel 1854 su iniziativa dell’Associazione degli operai. Nel 1856 nasce invece ad Altare (Savona) la Artistica Vetraria, una cooperativa di lavoro. Due realtà affermatesi sulla base del principio di solidarietà e come risposta a problemi di disoccupazione e aumento del costo della vita. Ma vediamo quando nasce la vera Lega nazionale e ripercorriamone la lunga storia.
Dalla Federazione alla nascita della Lega delle Cooperative italiane (1886-1893). Gli ideali che ispirano cooperazione in Italia sono diversi. Cronologicamente viene prima l’ispirazione liberal-mazziniana, presente nelle Società di Mutuo Soccorso. Nell’autunno del 1886 però 100 delegati in rappresentanza di 248 società e di 700mila soci si sono riuniti in congresso a Milano proprio per dare vita ad una strutturazione organizzativa che assicurasse lo sviluppo di un movimento cooperativo troppo variegato. Nasce così la Federazione fra le cooperative italiane. Il socialismo, in seguito, ha stabilito un rapporto speciale, seppur a volte conflittuale con la cooperazione, e nel 1893 la Federazione prende il nome di Lega delle Cooperative, che al suo interno da spazio anche al filone cattolico della cooperazione, portatore di una concezione interclassista e di un forte solidarismo sociale. Il suo primo campo di applicazione è quello del credito, con il grande successo delle casse rurali, ma si è impegnato anche per le latterie e le cantine sociali, le affittanze collettive e il consumo.
Età giolittiana. Prima della Grande Guerra, la cooperazione acquisisce, grazie anche alla politica giolittiana, una buona solidità economica e quelle caratteristiche che ne consentono, dopo il 1918, la rinascita politica ed organizzativa.
Dalle tre Federazioni alla Confederazione cooperativa (1919). La tensione politica, economica e sociale nata dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale, con un maggior intervento dello Stato in campo economico, porta alla nascita di tre Federazioni nazionali in seno alla Lega – corrispondenti ai settori agricolo, di consumo e di produzione e lavoro – e con un maggior raccordo tra le varie organizzazioni cooperative del movimento cattolico. In quest’ultimo caso il processo di strutturazione parte però dalle singole federazioni (agricola, di consumo, delle casse rurali), che danno luogo ad una serie di collaborazioni che sono alla base della successiva creazione della centrale ispirata ai valori cristiano-sociali: la Confederazione cooperativa italiana costituita nel 1919.
Dalla fine della Prima Guerra Mondiale al Fascismo. Il movimento cooperativo, soprattutto nel comparto del consumo che beneficia di finanziamenti dell’istituto nazionale di credito per la cooperazione, gode di buona salute. La cooperazione però è articolata in strutture consortili e le organizzazioni autogestite sono animate da ideologie di riferimento, si genera così il malcontento generale. Le successive difficoltà economiche, di alcune grandi banche colpiscono le casse rurali e le cooperative che ne traggono i finanziamenti. La crisi si ripercuote anche sulle cooperative di consumo e sul comparto lavoro e produzione. L’avvento del fascismo fa delle cooperative luoghi di attacchi squadristi, perché l’istituto cooperativo da Mussoline e i suoi è concepito come entità politica oltre che economica. La fine della democrazia segna la fine delle cooperative. Si arriva così allo scioglimento della Confederazione e della Lega e alla costituzione il 30 dicembre 1926 dell’Ente Nazionale Fascista della Cooperazione, inquadrato nell’ordinamento corporativo.
Dalla resistenza alla ricostruzione. A partire della caduta del fascismo del 25 luglio 1943, le cooperative si riappropriano dell’autonomia che per anni avevano visto forzatamente limitata. Nel periodo postbellico nascono nuove imprese cooperative, soprattutto nei settori della produzione e lavoro e del consumo che si trovano a rispondere a bisogni immediati della popolazione. La Lega e la Confederazione delle cooperative si ricostituiscono autonomamente nell’immediato dopoguerra mentre nel 1952 si aggiunge l’organizzazione di rappresentanza dei cooperatori socialdemocratici e di gran parte di quelli repubblicani (Alleanza generale delle cooperative italiane – AGCI), fuoriusciti dalla Lega poco tempo dopo il passaggio da una conduzione riformista ad una più comunista. La nascita di tre centrali nazionali cooperative, diventate poi quattro, corrisponde alle visioni strumentali che i partiti del tempo, D.C., P.C.I., P.S.I., P.R.I., P.S.D.I, hanno della cooperazione, vista come movimento associativo e strumento di consenso e mobilitazione delle masse, non come un insieme di imprese sociali, che possa rispondere ai bisogni delle classi più povere. Negli anni successivi si assiste ad un ulteriore frazionamento del movimento cooperativo con la costituzione di nuove Centrali cooperative, prima fra tutte l’U.N.C.I. (Unione Nazionale delle Cooperative Italiane) che trova fonte di ispirazione nella Dottrina sociale della Chiesa cattolica. Nel dicembre del 47 finalmente viene approvata la legge Basevi che fissa i principi solidaristici e democratici a cui si devono ispirare le cooperative.
Anni 50-60. Sull’onda del progresso economico la cooperazione gode di uno sviluppo per dimensioni e qualità. Nascono aziende moderne e strutturate. Crescono strutture orizzontali e verticali con scopi di rappresentanza e ottimizzazione gestionale. Le casse rurali danno vita a Federcasse nel 1950 e nel comparto assicurativo la cooperazione rafforza la sua presenza con la fondazione di Unipol nel 1963.
Anni 70. Gli anni tra il 1977 e il 1979 rappresentano un periodo di eccezionale sviluppo del movimento cooperativo e coincidono con la fase culminante della politica di “solidarietà nazionale”. Nel 1977 viene convocata anche la “1° Conferenza Nazionale della Cooperazione”, indetta dal Ministro del Lavoro, On. Tina Anselmi. Nascono nuove forme associative in settori: per i servizi culturali e sociali, per quelli turistici, per la formazione professionale. Nascono anche le prime cooperative operanti nel settore dei servizi socio–sanitari.
Anni 80-90. Nel 1985 il movimento riesce ad ottenere la “legge Marcora” n.49 del 27 febbraio che prevede la costituzione di un fondo speciale a favore delle cooperative costituite tra lavoratori in cassa integrazione, mentre trova un posto importante nelle due leggi emanate tra 1985 e 1986 a favore dello sviluppo dell’imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno. La grande novità degli anni Ottanta è il fiorire della cooperazione sociale, con la formazione di consorzi, il primo dei quali nasce a Brescia nel 1983, mentre nel 1985 si tiene ad Assisi la prima assemblea nazionale della cooperazione sociale. La legge 381 del 1991 suggella la novità portata dalla cooperazione sociale, dove la solidarietà non è declinata solo fra i soci, ma anche a favore degli utenti e fra i collaboratori trovano posto anche i volontari.
Il 31 dicembre 1992 viene emanata la legge n. 59 che introduce nel alcune importanti novità concentrate attorno agli aspetti finanziari della società cooperativa. Le novità principali riguardano alcune modalità di finanziamento delle coop. La legge ha istituito due nuove categorie: i soci sovventori le cui risorse finanziarie possono essere utilizzate nell’ambito di fondi per lo sviluppo tecnologico e per la ristrutturazione e il potenziamento aziendale e gli azionisti di partecipazione. Inoltre, la legge impone la destinazione del 3% degli utili societari annuali alla promozione e allo sviluppo della cooperazione. Per le cooperative aderenti ad una associazione di rappresentanza questo contributo è destinato ad un fondo costituito dalla associazione.
Il più recente intervento legislativo in ambito cooperativo è quello che ha imposto nel 2002 un più preciso riconoscimento del carattere mutualistico delle cooperative e ne ha ristretto le facilitazioni fiscali. (Gli effetti di questa legislazione restano ancora da vedere. Se da un lato il concetto di “mutualità prevalente”, pur introdotto con requisiti quantitativi, può essere interpretato come una spinta a rinverdire lo spirito cooperativo, dall’altro non si può non valutare negativamente lo spirito esplicito, contenuto nella legge, a trasformare le cooperative in società di capitali).
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