Consumi
Recupero delle radici o glorificazione del conformismo?
“Il passato è una terra straniera: le cose avvengono in maniera diversa da qui.” “Paura e desiderio insieme sono pericolosi.” “La gente manipola e viene manipolata, imbroglia e viene imbrogliata in continuazione, senza rendersene conto. Fanno del male e ne ricevono senza rendersene conto… la fortuna è un’entità mutevole. Accetta anche di fare dei favoritismi, se sai come chiedere”.
Il passato incombe sulle nostre vite. A volte in maniera amorevole, con il carico di indicazioni utili per decriptare i codici della contemporaneità, altre volte invece in forma meno entusiasmante come sostituto di un presente in ginocchio. Triste metterlo nero su bianco, ma è quest’ultima l’opzione più frequentata.
Il patrimonio straordinario di ciò che é stato, al posto di stimolarci a non commettere gli stesi errori del tempo che fu, o magari, in tanti casi per sostenerci con le sue migliori pagine quale fonte di ispirazioni, viene spremuto senza ritegno e convertito da miniera di suggestioni e saggezza a materiale tappabuchi. Basta ad esempio curiosare tra i palinsesti televisivi, per ritrovarsi sommersi da infinite ondate di passato, e non mi riferisco soltanto a ciò che si resuscita giorno dopo giorno dalle teche ma anche all’imitazione di modelli arcaici sul fronte strutturale e concettuale. Un’opzione comunicativa che troppo spesso, non sempre, va riconosciuto, induce nel cuore dei “teledivanados” la più lecita delle domande: “non sarebbe meglio, e lungimirante, traslocare nel mondo del già visto e sentito a quello del possibile o addirittura imprevedibile”? Certo: nel caso specifico della TV, la risposta da parte di chi investe botte di denari sarebbe un roboante vaffa, perché nessuno é da decenni disposto a rischiare niente ( una preghiera, dunque, per tutti coloro che in buona fede alzano la mano in riunione e dicono ” Avrei un’idea”). Ma anche allargando il campo delle riflessioni e guardando altrove, per esempio all’anima della musica o della pubblicità, il trucco dell’ usato sicuro smorza ogni ottimismo.
Se c’ é stata un’ epoca, e maledizione se c’ è stata, in cui i boomer hanno temuto di morire democristiani, oggi il pericolo é quello di essere tumulati dallo sfruttamento compulsivo di canoni e modelli figli della conservazione. L’apoteosi del conformismo. Il trionfo di una débâcle che sotto falsa formula di recupero delle radici e del senso della storia diventa complice dell’immobilismo autolesionista. Anche, é doveroso aggiungere, quando da entomologi della contemporaneità peschiamo nelle sue sfumature iper commerciali alla Tik Tok.
Come non immalinconirsi, di fronte al balbettare di influencer non raramente privi di consistenza e conoscenza? Come non sottolineare con matite multicolori le loro inconsce fonti d’ispirazione, prossime fino all’inverosimile ai venditori di pignatte?
La libertà, patrimonio quantomai collettivo e transgenerazionale, non può essere succube del pregresse invece di abbracciare il nuovo. E questo famoso è agognato nuovo, accompagnato da una ratio che ne solidifichi lo sviluppo, non può essere a sua volta affidato esclusivamente all’avanzata della tecnologia: origine di fascinoso stravolgimento, certo, ma anche madre del niente se orfana della consapevolezza.
Chiudo con una riflessione molto personale, ormai non riesco più a sentire TG quando pranzo, gli orrori delle guerre mi chiudono lo stomaco, mentre scrivo questo articolo ascolto musica, poi c’ è il notiziario. La notizia che più mi colpisce è quella di un figlio che conserva per due anni il corpo della madre nel freezer, ( la madre pare sia morta per cause naturali durante il covid) per continuare a ricevere la pensione. Ovviamente i capi di imputazione sono occultamento di cadavere e truffa ai danni dello Stato. Ho sperato che ” l’uomo” in questione fosse un macellaio e che quindi non abbia avuto bisogno di smembrarne il corpo, certo ci sono precedenti a questo caso, a me ha fatto venire in mente Psyco di Hitcchcock. Penso che neppure questa sia una notizia originale, ma orripilante si, e reputo, allora, che questo conformismo dilagante riguarda non solo merci e prodotti del mercato, ma anche l’umanità che si é persa tra il virtuale e piattaforme elettroniche. Non ci resta che piangere avrebbe sentenziato il grande Massimo Troisi, io aggiungo non ci resta che aspettarci una svolta social, magari dal prossimo tik toker di successo.
Foto: Psychogramme, Raoul Haausmann.
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