Riaprire bar e ristoranti? Sì, ma per chi?
L’altro giorno ero al telefono con un caro amico che non vedo da mesi e con cui facciamo il conto alla rovescia per ritrovarci -pare proprio dal 18 maggio, con le dovute accortezze e distanze-, ad un certo punto è scattata la domanda: “Vez (in dialetto sarebbe “Vecchio”), ma questa birra ce la facciamo da asporto al solito bar e poi andiamo a bere da te seppur distanziati, con gel etc etc. Insomma, non è che mi convince molto andare lì e sentirmi in una sala chirurgica, continuamente osservato”.
Beh, mi si è riaperto un mondo di pensieri. Chiaramente le espressioni sono da telefonata tra amici, però il tema rimane. Da tempo penso, effettivamente, alle conseguenze delle riaperture e credo che, al netto delle enormi difficoltà per i “piccoli”, che temo -per molti di loro- non ci saranno grandi speranze di riapertura né di sostentamento. (Sperando che qualcuno, a Palazzo Chigi, possa ascoltare questo loro grido d’aiuto). Io credo che ci sarà un tema cruciale e caldissimo per ripartire e riaprire: oltre agli ormai celebri 4 metri a tavolo (che quindi, di fatto, taglierebbero fuori i “piccoli” e “piccolissimi”) qualcuno sta pensando se ci sarà davvero voglia di uscire, andare al ristorante (bar, albergo etc etc) con la paura di infettarsi?
Ci sarà bisogno di un grande supporto sociale e psicologico per tutti, dopo quasi tre mesi di reclusione in casa, bombardamento mediatico, numeri, morti, terrorismo, mascherine, gel e guanti. Abbiamo passato mesi a fare la spesa distanziati, in fila, controllati e con l’autocertificazione in tasca. Non si potrà pretendere un cambio di passo, da parte delle persone, altrettanto veloce ed efficace. Anzi, io credo che saremo di fronte ad un problema sociale e psicologico di rilevanza assoluta, al pari di quello economico: la socialità andrà guidata, seguita e monitorata. Non sottovalutiamo questo aspetto e soprattutto, non sottovalutiamo né “prendiamo in giro” chi, magari, non avrà la nostra stessa voglia di uscire, cenare o pranzare fuori. Non tutti rispondiamo allo stesso modo alle difficoltà. Ricordiamoci che per due mesi, chi più o chi meno, siamo stati rinchiusi in casa e con la minima possibilità di uscire.
Dovrà essere, più che mai, un grande momento di solidarietà tra le persone. Abbiamo di fronte una sfida enorme. Coraggio!
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