Teatro
Non solo punk, il Club Gewalt guarda al teatro come un’arte totale
Alla Biennale Teatro di Venezia è stata la compagnia che ha suscitato maggiore curiosità e attenzione, strappando consensi soprattutto da parte del pubblico più giovane grazie a due spettacoli, assai diversi ma entrambi di fresca originalità e inventiva. E’ il Club Gewalt, formazione olandese composta da millennials (la più grande ha solo 31 anni) capace non solo di recitare ma anche di danzare, cantare e suonare a livelli professionali. Nella rassegna curata per il terzo anno di seguito da Antonio Latella (dal 22 luglio al 5 agosto) stavolta dedicata alle drammaturgie (leggi la cronaca in: https://www.glistatigenerali.com/teatro_venezia/teatro-lenergia-punk-del-club-gewalt-irrompe-in-biennale/ ) ha portato una salutare sferzata di energia con i suoi lavori costruiti in collettivo. Il primo, “Yuri”, compatto, di forte impatto visivo, è un balletto di ginnasti che pare uscito da un clip tivù degli anni Ottanta. Racconta le vicissitudini di un ginnasta olandese, Yuri van Gelder, arrivato a un passo dal successo e rovinatosi per una notte trascorsa a bere birra, bravata che gli costa l’estromissione dalla delegazione nazionale dalle Olimpiadi 2016 a Rio de Janeiro. “Yuri” _ salutato alla fine da una standing ovation _ ne racconta l’ascesa e la caduta ma anche l’ostinata rimonta. In “Club Club Gewalt Punk 5,0” la compagnia ha invece costruito un coinvolgente live act di tre ore mettendo assieme teatro, musica, arti visive. Iniziato come un concerto punk l’evento si è modificato via via in altri tre distinti capitoli coinvolgendo anche il pubblico.
Nello show non sono mancati momenti di satira e critica al potere. Ma questo basta per farne un gruppo di teatro politico? Rispondono l’attore e musicista Amir Vahidi e la drammaturga Ann van de Wetering.
“Il Club Gewalt è molto attento all’interrogativo su cosa sia politico, anche se forse non ci troveremo d’accordo sulla risposta. Crediamo infatti sia più importante riflettere sulla società piuttosto che sulla politica. Nello spettacolo “Club Club Gewalt 5.0 Punk” i riferimenti e le citazioni riprese alla lettera da dibattiti, naturalmente, sono numerosi e anche il tono generale è politico, ma tutto ciò viene usato per concentrarci meglio sul nostro quotidiano e non solo. Pensiamo sia utile al fine di proporre qualcosa di innovativo: fosse una diversa visione o un modo di pensare. Ironia e satira sono fondamentali ma non saranno mai la nostra ultima risposta”.
_ Assistendo al vostro show lo spettatore riflette sulle emergenze della società contemporanea. Ad esempio gli allarmi recenti scattati in diversi paesi d’Europa per il mancato rispetto dei diritti civili. Pensate ci sia ancora bisogno di una energia punk per risvegliare le coscienze?
“Siamo convinti che nella società odierna ci sia bisogno di un certo tipo di “Punk attitude”. Ma anche nel campo dell’arte. Nel nostro lavoro vorremo cercare in tutti i modi possibili la via per migliorare noi e il nostro ambiente. Forse non avremo bisogno proprio di un nuova “Punk attitude” ma di un differente approccio all’atteggiamento punk. Per esempio ribellarsi contro l’estinzione di milioni di forme di vita (come sta accadendo proprio in questi momenti) sarebbe molto, molto punk!”.
_ Cosa è cambiato, nel teatro e nell’arte, rispetto all’onda originaria di quel movimento iniziato a Londra nel 1977?
“Nessuna illusione: non siamo neanche lontanamente in grado di scalfire il potere di coinvolgimento che quel movimento aveva allora. Per quello che ci compete abbiamo solo voluto riportare d’attualità un atteggiamento necessario. Una tendenza assai diffusa infatti, ha portato in tanti a rinchiudersi nel proprio privato: è invece l’ora di aprirsi e crescere. Bisogna rompere con mentalità di vecchio stampo che spingono a credere che gli esseri umani sono una forma di vita superiore. Dovremmo avere l’umiltà di riconsiderare la natura smettendo di pensare che siamo al di sopra degli altri esseri viventi”.
_ In “Yuri” avete costruito un singolare incrocio tra danza, teatro e sport. Senza dimenticare però la poesia e il teatro.
“Per noi “Yuri” è un esempio di qualcosa che potrebbe accadere in qualsiasi momento. La vicenda di Yuri van Gelder è tragica perché è avvenuta sotto i riflettori. Il suo caso è un buon esempio di come la pressione esercitata dai media possa incasinarti la testa e i sogni. La società contemporanea adora talmente l’affermazione e il successo che quando cadi (e a tutti può capitare) ci si aspetta che abbia “imparato” dagli errori. Si pensa che un fallimento debba servire a qualcosa altrimenti è stato inutile. Su questo siamo in totale disaccordo. Puoi di sicuro ricavare una lezione dai fallimenti ma, talvolta, cadi così, semplicemente. Ti alzi e riprovi. Forse si può inciampare anche cinque volte, e allora? Chi se ne frega? Alla fine troverai di sicuro il modo per uscirne fuori. Il problema è che se i riflettori sono puntati su ogni tua mossa è facile sbagliare. Tutti aspettano che ti comporti come previsto. E’ in quel momento che commetti gli errori più grandi, proprio perché non ti è permesso comportarti come reputi sia giusto fare”.
_ In “Club Club Gewalt 5.0 Punk” montate una sorta di cabaret, organizzate un bingo con gli spettatori mettendo in campo una satira all’american way of life (vedi la satira del serial “Game of Thrones”). E’ per caso una critica alla globalizzazione culturale?
“Se si vuol sapere se per caso il Club Gewalt lancia una critica contro la globalizzazione della cultura, la risposta è no. Non siamo contro. E poi, diciamo la verità, non illudiamoci: se anche per caso lo fossimo non potremo influenzare chissà cosa. Nel nostro lavoro non abbiamo per forza l’ambizione di rispondere a delle domande. Preferiamo proporre differenti tipi di approccio ai problemi della vita di tutti i giorni”.
_ Siete attori, musicisti, cantanti, danzatori, visual artist. Preparate i vostri spettacoli come fossero un evento di arte totale?
“Dipende dallo show. Per la serata punk abbiamo pensato fosse interessante giocare con le aspettative del pubblico. Per questo abbiamo iniziato con un concerto trasformatosi poi in cabaret comico, a sua volta evolutosi poi in un gioco di società… E, per incasinare tutti infine, con un set di “Game of Thrones” presentato come una sorta di ring per dibattiti. Creiamo, pensando per lo più a ciò che ci potrebbe sorprendere. Cosa vorremmo vedere sul palcoscenico? E in che modo essere colpiti? Quale che tipo di musica ascoltare? Come si potrebbe far crescere, e allo stesso tempo distruggere, un’aspettativa? Lavoriamo sempre in maniera eclettica. Amiamo far scontrare generi diversi tra loro. A volte questi si mettono assieme come ci si aspetterebbe, ma più spesso capita il contrario. In fin dei conti facciamo un teatro musicale, un genere che si basa su una notevole quantità di elementi. Le parole e la musica si devono intrecciare in un modo unico: per farlo devi sviluppare una forte drammaturgia. Diciamolo più semplicemente: a volte vorresti che parole e musica fossero perfettamente abbinate, altre volte che siano in contrasto. Spesso ameremo che la musica colpisca al cuore, le parole raggiungessero la mente e rendessero più dolce lo sguardo. Sì, pensiamo al nostro teatro come a un evento di arte totale. Questa è anche la ragione per cui sperimentiamo tutti assieme. Non solo per quello che è visibile al pubblico ma anche per come integriamo i nostri valori in altri aspetti del lavoro collettivo. Per esempio, nel modo in cui ci prendiamo cura del prossimo e di tutto il mondo intorno”.
Devi fare login per commentare
Accedi