Arte
I tesori incredibili di Damien Hirst
“Somewhere between lies and truth lies the truth”. È tutta qui, in questa iscrizione che introduce alla prima sala di Punta della Dogana, l’essenza di Treasures from the Wreck of the Unbelievable, la magniloquente personale con cui Damien Hirst, l’artistar, torna ad accendere animi e fuochi dopo nove anni di silenzio. Lo fa con un corpus di quasi duecento opere ed è il primo artista, nella storia veneziana della Collezione Pinault, a occupare i cinquemila metri quadrati di spazio espositivo delle due sedi (sempre bellissime) di Palazzo Grassi e Punta della Dogana.
Damien Hirst narra una storia che sa di leggenda: tra il I e il II Secolo d.C., il liberto antioco Cif Amotan II, che prese a radunare manufatti e pezzi d’arte provenienti da ogni parte del mondo, aveva affidato la sua preziosa collezione al vascello Ápistos (Incredibile) affinché la conducesse al Tempio del Sole di Asit Mayor, appositamente innalzato per ospitare il tesoro. L’imbarcazione finì per inabissarsi al largo dell’Oceano Indiano. Duemila anni dopo, nel 2008, la scoperta di un relitto dà adito alla leggenda: il tesoro dell’Ápistos è pronto per tornare alla luce grazie alla collaborazione di Damien Hirst, qui in veste di sostenitore e mecenate. Le operazioni di recupero durano nove anni, nel corso dei quali il nostro segue instancabilmente i lavori che si svolgono in gran segreto, e supporta gli interventi di valorizzazione che andranno, poi, a costituire il nucleo del percorso espositivo. Spesso sulle opere non viene eseguito alcun intervento di pulitura, per permettere al pubblico di ammirare il lavoro svolto dal mare nel corso degli anni: coralli, spugne, mitili e gorgonie vanno ad alterare le fattezze dei bronzi, rendendo talvolta irriconoscibile l’opera d’origine; l’artista pensa anche a questo e progetta di esporre copie ‘pulite’ degli originali, oltre ad alcune riproduzioni antiche degli originali stessi. Talvolta la coltre marina viene rimossa, lasciando spazio a materiali estremamente preziosi: un tripudio di smeraldi, lapislazzuli, giada e oro. Rubo le parole della curatrice Elena Geuna, che non smette mai di tenere il gioco dell’artista: ci si trova dinanzi a “un’incredibile collezione dell’antichità esposta negli spazi di uno dei più importanti musei contemporanei. La magnificenza delle sculture, la preziosità dei materiali e l’altissima qualità tecnica con cui sono state realizzate sono la testimonianza dell’ossessione del collezionista, del suo stravagante gusto estetico, della sua passione per un’idea di Bello che raramente è univoca e compatta”.
Ebbene, Treasures from the Wreck of the Unbelievable è una farsa, ma è di quelle farse che meritano attenzione. Si parla di fake news, ma in realtà è la creazione di un immaginario, di una storia, di un personaggio, di un prima e di un dopo dettagliatissimi e documentati. In questa esposizione c’è tutto Hirst e tutto il suo approccio all’arte, tutti i suoi grandi temi – giganti, nonostante i modi estremamente pop e provocatori di affrontarli, nonostante quel millantare costante, quell’onestissimo, poiché mai celato, prendersi gioco dell’industria del collezionismo, del pubblico, della critica e dell’arte tutta –. C’è uno stupefacente senso della bellezza e della perfezione esecutiva, in questa Wunderkammer di finzioni; c’è la meraviglia del monumentale e dell’immensamente grande, come per quel Demon with Bowl di quasi venti metri che si staglia nell’atrio di Palazzo Grassi. Ci si interroga sul valore dell’originale nell’arte, mentre l’artista, che a ogni modo di merda d’artista vive, scardina il feticismo dell’unicum e si appella al canone classico di una bellezza che diviene perfezione quando l’individualità si fa da parte e lascia il posto all’assoluto, al mito, all’universale, all’infinitamente replicabile. C’è la morte, ci sono le teste mozzate di Medusa dallo sguardo pietrificante, il cui sangue diviene corallo a contatto col mare e pietra, a sua volta, a contatto con l’aria.
Damien Hirst rinasce dalle ceneri della propria sparizione e torna alla ribalta, confermandosi come l’archetipo dell’artista contemporaneo attraverso un progetto che, ripercorrendo l’intera storia dell’arte, genera un’opera nuova e assolutamente, inequivocabilmente hirstiana. Dopotutto, “it’s all about what you want to believe”.
DAMIEN HIRST
TREASURES FROM THE WRECK OF THE UNBELIEVABLE
A CURA DI ELENA GEUNA
VENEZIA, PUNTA DELLA DOGANA – PALAZZO GRASSI
09/04/2017 – 03/12/2017
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