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Biennale a Venezia, un filo Rosso dal Teatro alla Musica
Biennale, l’ombra grigia della guerra in Ucraina si è allungata anche su uno degli appuntamenti culturali più importanti e prestigiosi a livello internazionale. Nell’aprire l’incontro e la presentazione dei calendari di Teatro, Danza e Musica, il presidente Roberto Cicutto ha comunicato infatti la chiusura, a Biennale Arte (dal 23 aprile al 27 novembre), del padiglione della Russia. “Pensavamo di aprire nella gioia, dopo i due anni di Covid, dove comunque si sono tenuti due festival meravigliosi, purtroppo la sceneggiatura della vita _ ha spiegato giorni fa Cicutto facendo riferimento proprio agli eventi bellici nel cuore d‘Europa – ci porta ad aprirli in un altro momento complicato per il mondo. La Biennale si è sempre posta come il luogo della diplomazia culturale, il luogo dove anche le criticità si cercano, non di risolvere ma di dare dei contributi con il dialogo. Questa volta non sarà facile gestire un dialogo tra chi aggredisce e chi è aggredito. Il padiglione dell‘Ucraina sarà presente. La Biennale ha supportato questa possibilità mentre quello russo è stato chiuso per volontà della curatrice e degli artisti”. I tempi sono davvero difficili e non si vedono all’orizzonte soluzioni per un conflitto che rischia di essere lungo e che sta riaccendendo sentimenti scomparsi da tempo ed emersi in realtà qua e là in molti lavori di artisti mostrati anche qui in Biennale nelle ultime edizioni. Quello più evidente è la paura del nucleare. Il rischio che una bomba in pochi secondi possa cancellare secoli d’arte, storia e progresso è diventato tangibile. Si pensava che le testate atomiche funzionassero come deterrente, ma ora, molte di quelle sicurezze sono evaporate. Manco a farlo apposta la guerra si aggiunge ad un allerta rossa per la salute di questo pianeta dove la crisi climatica ha raggiunto la soglia di guardia. L’arte, il teatro, la danza e la musica sono tra le antenne più sensibili, utili per trovare risposte e indicare vie di uscita a questa crisi epocale? Siamo in un momento di pericolo altissimo per l’Europa: è concreto il rischio di confrontarsi a chiusure e limiti di espressione? Come cambiare questi scenari?
“La paura della libertà non è fuori. Il pericolo maggiore _ dice Stefano Ricci che insieme a Gianni Forte guidano il settore Teatro_ è individuale. Il rischio è quello di nasconderci in limiti imposti da noi stessi. Una chiamata alle armi per quanto riguarda gli artisti è di dare vita a un sollevamento individuale verso ciò che sta accadendo.Tutti gli artisti invitati a questa edizione hanno sicuramente dentro di sé il germe di questo interrogativo e la volontà di accoglierne la mutazione. Dal punto di vista di operatori culturali il timore è di fermarci, che la paura possa impedire di dirigersi verso la libertà di movimento. E’ vero che ci sono da ristabilire e attuare disegni più grandi ma intanto ogni artista deve ascoltare il tempo che abita e lo circonda. Alla luce di questo bisognerà spostare l’asse”.
Gianni Forte aggiunge che “esiste una latente paura per tutto quello che sta accadendo in queste ore: la distruzione di centri di cultura centri d’arte e un teatro come quello di Maryupol è un segnale fortissimo perché distruggere queste istituzioni significa privare e cloroformizzare l’individuo, sono dei tentativi per demonizzarne la resistenza ad una capacità critica e soprattutto al sentimento di empatia verso l’altro. Quindi io ho paura”.
Sono ben seicento gli artisti che arriveranno da tutto il mondo, protagonisti di 170 appuntamenti programmati dalla Biennale di Venezia dentro gli spazi storici e all’aperto, pensati dagli autori registi Stefano Ricci e Gianni Forte per Il Festival internazionale del teatro che taglia il traguardo del primo mezzo secolo di via (dal 24 giugno al 3 luglio), dal coreografo inglese Wayne Mc Gregor per il Festival internazionale di danza, sedicesima edizione dal 22 al 31 luglio, dalla compositrice Lucia Ronchetti direttrice del sessantaseiesimo Festival internazionale di musica (dal 14 al 25 settembre). L’insieme di manifestazioni offrirà degli eventi unici pensati ad hoc. Come è il caso di Asia Argento e Sonia Bergamasco, per il teatro, alle prese con i versi di Alda Merini (paesaggio sonoro di Demetrio Castellucci). Per la danza invece Sasha Waltz, Sidi Larbi Cherkaoui, Hofesh Schechter, Marco Goecke, Marcos Morau, Aszure Barton, Sharon Eval, sette coreografi protagonisti dei “Sette peccati capitali” interpretati dalla Gauthier Dance. La musica invece propone la vocalist e polistrumentista anglo-nigeriana Klein, che compone collage sonori tra il R&B e l’elettronica più sperimentale, Yvette Janine Jackson, esponente di punta dello sperimentalismo afro-diasporico con le sue “radio opere” sulla storia di oppressione e le cronache brucianti degli afroamericani, e Helena Tulve, che prosegue la ricerca compositiva di Arvo Pärt e che per la Biennale ha ipotizzato la creazione di una nuova forma di sacra rappresentazione contemporanea. Come ogni edizione un capitolo di tutto rispetto è previsto è quello dedicato ai Leoni d’oro alla carriera e quelli d’argento. Sono i leoni d’oro Christiane Jatahy (teatro), Saburo Teshigawara (Danza), e Giorgio Battistelli per la musica. Leoni d’argento: Samira Elagoz (Teatro), Rocío Molina (Danza) e Ars Ludi (Musica).
Acquista ogni anno sempre più visibilità e importanza la sezione dedicata ai giovani di Biennale College che a Venezia hanno costruito e portato avanti progetti ad hoc di residenza (oltre 900 le domande pervenute quest’anno). Altri eventi collaterali e imperdibili delle tre Biennali sono: il teatro di Milo Rau, la tecnologia performativa di Caden Manson (New York) , gli attori-rifugiati di Christiane Jatahy; l’artista britannica Tacita Dean (dai Young British Artists alla Royal Academy of Arts) per il film d’arte, ultima testimonianza di Merce Cunningham, il pioniere dell’arte digitale Tobias Gremmler, creatore di spazi virtuali (anche per i video di Björk), i danzatori indigeni e no del gruppo Marrugeku proveniente dall’Australia. Per la musica il compositore Paolo Buonvino, l’audio visual multimedia artist Alexander Schubert, che coniuga Ircam di Parigi e club culture, avanguardia e stili pop, i compositori nativi americani con il progetto dello Shenandoah Conservatory.
TEATRO.
“Siamo qui ad interrogarci _ ha spiegato Stefano Ricci _ dove sta andando il teatro contemporaneo in questi tempi controversi di barbarie e smarrimento? Raccontare la possibilità di un viaggio, di una radiografia, di una ipotesi di riflessione tra poetiche eterogenee attuate allo scopo di innestare una qualche condivisione. Un mondo in fiamme. Eccolo il nostro spettacolare panorama quotidiano. Relazioni, geografie, certezze: tutto esplode ridefinendosi. Un pianeta le cui le ripercussioni attuali però sono solo le ultime di un processo di deterioramento e sordità che ci accompagnano da anni. La mancata volontà di ascolto dell’altro, l’ostinata voluttà di essere sempre nel giusto, attribuendo ad altri le catastrofi da indossare. La nullaggine a patinare su binari consunti di savoir vivre a scapito della propria dignità sono stati segnali continuativi sull’altare della scena senza mai una presa di coscienza, senza una autentica messa in discussione personale tanto meno professionale senza mai, o perlomeno non fino al punto di provocare increspature definitive, non fino a sintomi planetari così evidenti.
Lo scorso anno con il Blu abbiamo provato a suggerire mettere l’accento sul risveglio dal torpore dal gelo inflitto da due anni di embargo da noi stessi attraverso il soccorso del ricordo, di ciò che resisteva: di tracce, impronte digitali per ritrovare la posizione eretta. La vulnerabilità, la fragilità mortale di ieri alla luce della riappropriazione di distanze e ossigeno oggi diventano necessariamente un atto sovversivo che attesta il senso più autentico di un agire. Questo anno la tinta che ordisce la trama filata di questa edizione è il Rosso. “Rot”, per far capire cosa anima questo festival. “Rot” è resistenza militante che si ribella alla superficialità, al gregge, ai falsi idoli. “Rot” come si dice in tedesco perché, affermano i due direttori “ha un suono duro, è un graffio, una lacerazione che racconta uno sforzo, è il rumore dei denti nello sforzo. E’ il rosso che acceca, la metamorfosi della passione, furia che avvampa, iconoclastia; è il sangue che irradia i nostri cuori o il marchio della violenza dei crimini perpetrati… ma è anche il linguaggio del perdono e delle emozioni; è il colore ancestrale dell’Eros… Rot sei tu, il tuo corpo, ma te lo sei dimenticato” . Rosso anche perchè è venuto finalmente il momento di tornare a sedersi in una poltrona a teatro. Magari poltrone color rosso “(tornate ad essere abitate da cuori appassionati e non più dal grigiore inerte delle sagome di cartone), davanti a questo sipario rosso, pronto ad aprirsi completamente per il tempo di uno spettacolo, sulla nostra collettività sì martoriata, ma pur sempre cosciente, combattiva e vigile”.
“Rot” racconta il crinale _ ha continuato Ricci _: da una parte la fragilità timorosa di una direzione differente, dall’altra la sua stessa ineluttabilità. E noi in questa terapia di riqualificazione reimparare a pensare, imparare a creare. “Rot” vuole essere azione e “scintilla etica che spinge al moto, a non lasciarsi sedurre dall’oblìo del ritorno alla normalità, paradosso linguistico per un teatro possibile. “Rot” è abbracciare il dubbio, il cambiamento, la rivoluzione. “Rot” sei tu, il tuo risveglio, “Rot” è l’agorà, la comunità da reinventare anche con le tue mani perché, come dice Lincoln il miglior modo di predire il futuro è crearlo.”
“Il corpo di “Rot” strappa via la pelle per “diventare strumento di “auscultazione” del mondo, verga “radiestesica “per esplorare gli organi dell’animale Terra, il grado di evoluzione dei suoi abitanti o le specie estinte senza rumore. Lo sono I corpi di Christiane Jatahy, Leone d’oro di questo anno, setacciano il pianeta alla ricerca di anime gemelle con lo spettacolo “The Lingerin Now” (24 e 25 giugno; domenica 26 la consegna del Leone d’oro a Ca Giustinani a cui seguirà una conversazione con la regista brasiliana moderata da Andrea Porcheddu) racconta un corpo che prescinde da confini geografici. Un corpo apolide, migrante, che cerca di tornare nonostante l’esilio ne impedisca ogni movimento. Quelli di Caden Manson/Big Art Group (Usa) in “Broke House” (il 26 e 27 giugno) ”ansimano spasmodicamente accumulando per sfamare il vuoto, ricostruiscono un essere che si crede vivente in una struttura sociale fagocitante che collassa; gli arti di Milo Rau, (rassegna di film il 26, 28, 30, 1, 2,3, luglio) in “Reprise” percossi e in solitudine raccontano un fatto di cronaca, di violenza verso il differente e attraverso una apparente indagine sociale rivelano le imperfezione la paura ignorante dei nostri corpi intolleranti.
A queste durezze si contrappongono i corpi nostalgici di Deflorian/Tagliarini in “Sovrimpressioni” (il 30 giugno e il 1 luglio), che viaggiano sul rimpianto di un corpo che cresce e che ha dei bisogni differenti. La fatica di conoscersi, il timore scoprirsi sconosciuti, la nostalgia di aver perduto il tram del tempo. i corpi alterati e perturbanti dei Peeping Tom (Be) che con “Triptyich” (2 e 3 luglio) affrontano l’ipereale e il subconscio violati dal quotidiano si placano nel sogno delle strutture metamorfizzate di Olmo Missaglia, vincitore del Biennale College, bando regia che con “Una Foresta” (25 e 26 giugno) produzione Biennale, presenta il suo debutto internazionale attraverso uno sguardo inedito quello visionario dell’età dell’oro, la ricostruzione identitaria di Samira Elagoz, Leone d’argento con “Seek Bromance” ( 30 giugno, il giorno dopo consegna del Leone d’argento e conversazione con l’artista moderata da Andrea Porcheddu) un happening intimo esplora il corpo e il suo tempo entrambi in mutazione, la sessualizazione analizzata la dimensione transitiva dell’artista Elagoz conversano con gli uomini inorganici di Belova/Iacobelli (Chl) che in “Loco” (il 28 e il 29 giugno) compiono il miracolo della trascendenza, ripostando in vita un corpo morto; ed è Yana Ross con il suo “Brief Interviews whit Hideous Men” (27 e 28 giugno) tratto dal capolavoro di David Foster Wallace a sancire l’identità propria di una superficie epidermica che si oppone alla battaglia dei sessi, assecondando la voce sciamanica dell’autore l’americano lettone restituisce un fermo immagine sarcastico, il nostro per poi scalare attraversando l’impudico ipertrofismo delle ghiandole olfattive del belga Antoine Neufmars che trovano scampo riflesso nell’ugola fragile della nippo americana Aine E. Nakamura, questi due entrambi vincitori del bando College site specific in scena rispettivamente con “Odorama” e “Under an Unnamed Flower. Giacomo Garafoni e Tolja Djokovic autori de “Veronica” e “En abyme” vincitori del bando per autori (una produzione Biennale in collaborazione con il Piccolo Teatro di Milano).
“Corpi, brandelli, organi, esposti in blister ormai senza remore: trattamenti medici per sedare quella balìa che ci vuole squatter di noi stessi, tornando proprietari forse di senso.Flussi sanguigni correnti di rosso, estuari espressivi dove le Creazioni ospiti del Festival sconfineranno oltre le linee di demarcazione, presentandoci opere d’interferenza con una eterogeneità di linguaggi, tecniche codici in dialogo con le urgente del Presente. Non un solo teatro _ dice ancora Ricci _ ma molti teatri possibili; in un travaso di senso, tra una grammatica e l’altra”.
“Anche questa edizione di Biennale College sarà sotto il segno della Creazione e della Trasmissione _ ha raccontato l’altro direttore Gianni Forte _ e noi come direttori artistici riaffermeremo il nostro impegno e responsabilità a voler sostenere la creazione emergente persistendo nel nostro ruolo di scouting dare visibilità a una nuova galassia di giovani registe/i, autrici/ori e a partire dallo scorso anno anche di performer site specific che, elevando cuori e menti, attingendo da se stessi risorse insospettate scopriranno la loro vera essenza per una competizione pacifista. Biennale College, una bottega, un atelier, una fucina, un luogo di accoglienza per supportare i giovani creatori, bricoleurs delle idee possibili secondo il filosofo francese Gilles Deleuze, per esperire senza pregiudizi possibili vie d’uscita, focalizzarsi su orizzonti non percepibili ad occhio nudo, nell’affermare la loro singolarità, identità artistiche in questo mondo in piena mutazione”.
Il programma di Biennale College, inoltre, si interseca al festival con il ciclo di masterclass destinato ad attori, performer, danzatori, drammaturghi, cantanti, video artisti, registi, giornalisti, scrittori, studiosi. Fra i maestri: Rosetta Cucchi, Ron Howell, Francesca Dotto; Deflorian/Tagliarini; Caden Manson; Carlus Padrissa cofondatore de La Fura dels Baus; Milo Rau; Andrea Porcheddu in collaborazione con la docente Roberta Ferraresi e Davide Carnevali.
Si intitola infine “Late Hour Scratching Poetry” la sezione “fuori orario” che a partire dalla prima sera del festival , il 24 giugno all’Arsenale fino al 2 luglio al termine degli spettacoli, reading dai testi di Alda Merini. “Una voce, quella di Alda Merini, i suoi testi di poetica quotidianità, un drappello di interpreti femminili a disegnare una costellazione notturna nella quale la parola diventa pendolo di evocazione e ricomposizione dei frammenti”. Con Asia Argento, Galatea Ranzi, Sonia Bergamasco e le attrici della Scuola d’Arte Drammatica Silvio D’Amico che, sotto la guida della stessa Ranzi, si alzeranno in volo sulle sonorità intessute da Demetrio Castellucci.
DANZA
“Cosa significa oggi per un’artista o per un’opera d’arte essere senza confini? Lo ritroviamo nelle persone con cui scegliamo di collaborare, negli strumenti di espressione che rinnoviamo dall’interno, nel luogo dal quale lavoriamo o nel tentativo di superare le categorie che definiscono noi stessi e gli altri? Il fare arte non è forse, di per sé, l’atto attraverso il quale superiamo confini, limiti e barriere? Un modo per re-immaginare? Una nuova modalità di pensiero? Arte, probabile spazio liminale dell’intermedio”. Questi gli interrogativi e le risposte a stretto giro di posta diel coreografo Wayne McGregor direttore della sedicesima edizione di Biennale Danza intitolata “Boundary-Less” in campo nella città lagunare dal 22 al 31 luglio. “La danza è, da sempre, _ ricorda il coreografo britannico _la forma d’arte più collaborativa. Lavoriamo con il nostro corpo interagendo con altri corpi, in un dialogo continuo tra spirito e materia. Spesso, noi non parliamo; consentiamo al nostro essere più profondo di irradiarsi e, d’istinto, cominciamo a muoverci; musica, immagini, sentimenti, pulsioni, contatto fisico… stimoli che scaturiscono da una miriade di fonti e risuonano dentro di noi, sollecitando la nostra creatività. Il più delle volte, non ricordiamo da dove nasce un’idea, né dove finisce. Siamo tutti perpetuità e scambio, metamorfosi e trasformazione, come navi che vagano nell’oceano, senza limiti di esplorazione né di potenziale”.
Il corpo dei danzatori e la realtà virtuale.
“I nostri corpi _ ha riflettuto McGregor _ sono più trasmutabili che mai mentre ci addentriamo in mondi virtuali, ci trasformiamo attraverso la meditazione o semplicemente ci teletrasportiamo per un attimo in una sorta di metaverso, quel mondo fantastico in cui tutto è possibile. I confini fisici svaniscono con la stessa rapidità con cui vengono ridisegnati quelli geografici; lo spirito umano trascende sé stesso più e più volte, verso uno stato permanente di indefinitezza, impermeabilità, libertà”. Cinque sono i programmi tematici della Biennale danza:Live/Installazioni, Biennale College, Collaborazioni, Film”.
Gli artisti ospiti della sezione “Live” sfuggono _ ha detto il direttore di Biennale Danza _ alla singola definizione in quanto trascendono il genere e il mezzo espressivo con cui lavorano. La collaborazione profonda è la chiave della loro attività nella misura in cui gli spazi tra le forme d’arte convergono, si fondono e si trasformano, prendendo una nuova e sorprendente direzione. Il loro essere senza confini apre nuovi canali di creazione artistica e presenta al pubblico sfide inedite in materia di percezione e interpretazione”. Ecco così le tre prime mondiale di Saburo Teshigawara, Rocìo Molina e Diego Tortelli.
Si riferisce a una idea di teatro totale Saburo Teshigawara (Leone d’oro per la danza) che rivisita “Petruchka” (22 luglio) celebre opera dei Ballets Russes. Porta in scena una esplosione di energia Rocìo Molina (Leone d’Argento) che presenterà la sua nuova creazione il 27 luglio al Teatro alle Tese. In “Fo.No” Diego Tortelli, vincitore del primo concorso per coreografi italiani “colpisce per la visione indagatrice e l’instancabile curiosità (23, 24 luglio). Di alto livello la presenza di sette coreografi e autori assieme nella nuova messa in scena di “The Seven Sins” della compagnia Gauthier Dance il 26 luglio al Teatro Malibran. Aszure Barton, Sidi Larbi Cherkaoui, Sharon Eyal, Marco Goecke, Marcos Morau, Hofesh Shechter e Sasha Waltz collaborano ispirandosi alla loro personale interpretazione di un peccato capitale. Sono barriere reali quelle infrante da Marrugeku, compagnia interculturale di artisti indigeni e non, unica nel suo genere in Australia, sotto la guida della coreografa Dalisa Pigram e la regista Rachel Swain: “Straight Talk” (30 e 31 luglio) è un grido di libertà per l’abolizione di tutte le forme di violenza, oppressione, confinamento.
“Con potere sciamanico la compagnia di Rudi Cole e Júlia Robert, Humanhood, fonde fisica moderna e misticismo orientale offrendo in “Infinite” (28 e 29 luglio)uno spettacolo che è anche meditazione”. Nasce dalla collaborazione tra Kyle Abraham A.I.M e la musicista Jin “Requiem: Fire in the Air of the Earth”; (31 luglio) la danza di Trajal Harrell, che rilegge Vogue dance, postmodern, butoh, ricerca e cultura pop, arriva alla Biennale con “Maggie the Cat” (23 luglio) dal testo di Tennessee Williams (“La gatta sul tetto che scotta”) per interrogarsi su potere, gender, intolleranza, inclusione.
Si spingono oltre i limiti dello spazio reale rendendo visibile l’invisibile Tobias Gremmler con l’installazione scenica digitale di “Collisions” e Blanca Li con la danza in V/R di “Le bal de Paris” (diversi appuntamenti tutti i giorni), dove reale e virtuale si confondono.
La fotografa Indigo Lewin svelerà i suoi intimi ritratti di danza, colti durante la sua residenza alla Biennale Danza 2021. Cuore pulsante del Festival, i partecipanti di Biennale College saranno protagonisti di due importanti appuntamenti: un lavoro site specific commissionato a Saburo Teshigawara e uno spettacolo che ripensa “Event” a piazza San Marco in omaggio a Merce Cunningham che lo realizzò 50 anni fa a Venezia, mentori Daniel Squire e Jeannie Steele del Cunningham Trust. Lo spettacolo itinerante è frutto della collaborazione tra Biennale College, l’Archivio Storico della Biennale e il Cunningham Trust. Completa il tributo a Cunningham il film d’arte “Craneway Event” (30 luglio) ultima sperimentazione del coreografo americano intorno alla pellicola, complice l’artista Tacita Dean.
Dance Film Screenings (25 luglio dalle 10 al Piccolo Arsenale) è una giornata non stop di proiezioni video-cinematografiche di ogni genere, misura e formato con documentari, videoclip, microfilm, tutto quanto sia danza sul film e nel film. Incontri e laboratori con gli artisti presenti al Festival completano il programma.
MUSICA
Il festival internazionale di Musica che si tiene dal 14 al 25 settembre a Venezia, “Out of Stage”, diretto da Lucia Ronchetti, giunto alla sua sessantaseiesima edizione, secondo la stessa direttrice “tratteggia una larga prospettiva del teatro musicale contemporaneo e del ruolo delle nuove tecnologie, della multimedialità, con programmazione di realtà virtuale e realtà aumentata applicata al suono, secondo forme e generi nuovi, codificati dai compositori coinvolti nel festival”. In particolare presenterà tra gli altri “nuovi lavori di teatro musicale sperimentale commissionati a Simon Steen-Andersen, Helena Tulve, Michel van der Aa, Paolo Buonvino e Annelies Van Parys, oltre a prime italiane di nuovi progetti di Alexander Schubert, Rino Murakami e Ondřej Adámek co-prodotti con altre istituzioni europee. Di Giorgio Battistelli, Leone d’oro alla carriera del 2022, sarà realizzata una nuova produzione di “Jules Verne” eseguita dai performer di Ars Ludi, Leone d’argento 2022 (Antonio Caggiano, Rodolfo Rossi e Gianluca Ruggeri), nella serata inaugurale del festival al Teatro la Fenice (14 settembre).” Questa nuova produzione prevede grandi scene sonore nel contesto del progetto scenico di Angelo Linzalata e Battistelli impegnato nella inedita veste di regista. Il programma del festival prevede anche alcuni classici del “teatro strumentale” di Mauricio Kagel, Georges Aperghis e lavori di compositori riconosciuti in questo ambito come Carola Bauckholt e François Sarhan.
Vanno segnalati particolarmente “Sleep Laboratory” di Alexander Schubert, un lavoro co-prodotto in collaborazione con il festival Acht Brucken della Kölner Philharmonie e il “Rainy days festival” della Philharmonie Luxembourg, è una performance immersiva e partecipativa di 60 minuti, per ensemble e realtà virtuale, che intende ricreare una sessione di sonno di gruppo con interpolazioni basate sui temi dell’ipnosi, del viaggio e della meditazione (22 settembre). Tra i lavori di teatro musicale commissionati dalla Biennale è particolarmente rappresentativo “The Return”(16 e 17 settembre)il nuovo progetto di Simon Steen-Andersen. La drammaturgia del lavoro, basata su “Il ritorno di Ulisse in patria” di Claudio Monteverdi, tramite citazioni e rielaborazioni della partitura originale, si lega alla ricognizione dei luoghi in cui sorgevano il Teatro di San Cassiano e il Teatro dei Santi Giovanni e Paolo, primi teatri pubblici veneziani.
Il compositore e regista olandese Michel van der Aa ha immaginato per la Biennale Musica 2022 un nuovo lavoro, “The Book of Water” (19 settembre) basato sul tema dell’erosione del territorio causata dalle piogge e dalle inondazioni, dal romanzo di Max Frisch “L’uomo nell’Olocene”, lavorando sulle immagini, i movimenti e i suoni di diversi ambienti.
Il compositore siciliano Paolo Buonvino, conosciuto per le sue colonne sonore, ha progettato un concerto scenico basato sull’esperienza di un respiro collettivo come suono e gesto vitale. Il progetto è ispirato alla cultura siciliana e mediterranea del “çiatu” (respiro), e al rapporto tra il ritmo del respiro umano e quello delle onde (2 , 23, 24 e 25 settembre).
La compositrice belga Annelies Van Parys in “Notwehr” rielabora la raccolta di Adriano Banchieri di venti madrigali a cinque voci “Barca di Venetia per Padova,” pubblicata nel 1605 e rivista per una seconda edizione nel 1623, affresco musicale della società dell’epoca che riunisce diversi personaggi, ritratti ideali di musicisti stranieri e di varie regioni italiane in un viaggio in barca lungo i canali (24 settembre).
Ondřej Adámek, compositore, performer e regista praghese e la compositrice giapponese Rino Murakami collaborano a “Reaching Out” per l’Ensemble N.E.S.E.V.E.N. formato da sei voci, due percussionisti e due danzatori, in grado di realizzare drammaturgie vocali, strumentali e coreografie coese e complesse (15 settembre). Giorgio Battistelli sarà presente anche nell’ultima giornata con “Experimentun Mundi” con l’attore Peppe Servillo (25 settembre) mentre Ars Ludi si esibirà in concerto il 18 settembre con musiche di Kagel e Battistelli alle Tese ai Soppalchi.
Ci saranno poi – ha raccontato ancora Ronchetti– “le voci compositive dell’iraniano Mehdi Jalali, della statunitense di origine africana Yvette Janine Jackson, di Klein, performer nigeriana attiva a Londra, del compositore e producer americano di origini taiwanesi X. Lee, il compositore di musica elettronica fiorentino Daniele Carcassi e il gruppo di compositori nativi americani messo in luce dal progetto collettivo dello Shenandoah Conservatory, che include una prima assoluta del compositore di origini mohicane Brent Michael Davids, restituiscono al teatro musicale contemporaneo, in forme mutuate dalla creazione musicale pop e dalla ricerca compositiva non-accademica, la denuncia di spoliazioni, di soprusi, di negazione dei diritti, di mancato riconoscimento e rispetto dell’identità sessuale, che sono tuttora sotto i nostri occhi. La Biennale Musica 2022 vuole offrire un luogo per esprimersi ad alcune di queste voci, sollecitandole a sperimentare forme esecutive nuove”.
Per Biennale College: Paul Hauptmeier presenta una nuova installazione sonora site-specific che impiega la realtà aumentata; Timothy Cape e Daniil Posazhennikov creeranno due nuovi lavori di teatro strumentale; Gemma Ragués una nuova opera radiofonica con aspetti performativi; Tania Cortés e Jacopo Cenni saranno autori di due performance sperimentali con aspetti visivi e installativi; Kathryn Vetter, Dafne Paris, Federico Tramontana, Esther-Elisabeth Rispens saranno interpreti dei lavori di teatro strumentale di Georges Aperghis, François Sarhan e Carola Bauckholt.
Si rinnova la collaborazione con Rai Radio3 per le trasmissioni “Lezioni di Musica” – in diretta dalla Sala delle Colonne, sede della Biennale, con Giovanni Bietti a cura di Paola Damiani – e “Tre soldi”, cinque audio-documentari realizzati da Giovanna Natalini che racconteranno l’esperienza dei giovani artisti di Biennale College Musica. Undici giovani musicisti under 25, provenienti dai Conservatori del Nord Italia e sotto la guida del drammaturgo e storico della musica Guido Barbieri, assegneranno il Premio alla miglior produzione di teatro musicale e il Premio alla miglior performance tra quelle in programma.
(articolo originariamente pubblicato il 14 aprile)
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