Arte
Senza visione non c’è speranza
La visione, diceva Jonathan Swift, è l’arte di vedere cose invisibili.
Qualche tempo fa avevo scritto di un’importante opera in via di realizzazione dell’amico Agostino De Rosa sulla percezione. Oggi quest’opera ha trovato finalmente una pubblicazione per Aracne ed è disponibile. Perché quest’opera, che s’intitola “Cecità del vedere. Sull’origine delle immagini”, si avvia a diventare uno dei testi fondamentali sull’argomento? Le ragioni sono varie e, probabilmente, come sempre mi succede, io ne colgo solamente alcune delle tante che si ramificano dal fusto principale dell’opera; andando avanti nella lettura, però, si è spesso spinti a tornare indietro per rileggere, accorgendosi che si può addirittura “vedere” ciò che si era appena assimilato ancora con altri occhi. Almeno, è ciò che è accaduto a me, forse perché sono un curioso cronico. Questo probabilmente succede perché la maniera di indagare di Agostino De Rosa è multisensoriale e fa proprio parte della sua formazione e della sua maniera di “vedere” il mondo. De Rosa “vede” tutto attraverso tutti i sensi che ha a disposizione e ne percepisce altri, al di là dei canonici cinque.
La visionarietà di De Rosa penetra il mistero dell’immagine, attraversando lenti e camere oscure, daltonismi e ombre, da Platone fino alla mistica orientale e a Oliver Sacks, il neurologo, scrittore e divulgatore britannico che ha dedicato la vita intera alla percezione. Passando attraverso le esperienze primitive dei fori creati dal fogliame e quindi dall’universo diurno proiettato sul suolo oscuro della foresta e, per lo stesso principio, le prime camere oscure accidentali all’interno di capanne preistoriche, consultando una quantità impensabile di trattati di ottica e di filosofia della percezione dall’antichità classica e dal Rinascimento fino ai nostri contemporanei, vien fuori una sorta di guida della percezione. Ovvero come sarebbe più consono rapportarsi alla visione, o alle visioni, che il mondo ci offre ogni giorno. E, leggendo le sue mirabili pagine, si potrebbe scoprire come in realtà, spesso, tutti saremmo ciechi davanti alle evidenze perché l’illusione ottica è sempre in agguato e come sia, altrettanto spesso, limitata da un vincolante attaccamento a una prima interpretazione dei nostri sensi. Cambiando i punti di vista la visione si allarga, integrandosi con le altre informazioni che ci giungono dai sensi fratelli e anche da quelli meno frequentati. A volte la visione ci è proprio impedita fisiologicamente, come agli indigeni della Melanesia studiati da Sacks, che vedono, per una particolarità fisica, le cose senza colore. L’illusione è l’enorme oceano in cui nuota la ricerca di De Rosa e l’anamorfosi è solamente uno dei suoi infiniti aspetti. Il barocco e le false prospettive sono il brodo di coltura delle osservazioni dettagliate dell’autore, il quale passa da un’epoca all’altra facendoci anche superare il limite del tempo cronologico, anche quella un’illusione.
Newton, Benjamin, Locke, Descartes, van Loo sono solo alcuni della miriade di autori studiati e rivelati in questo libro e sempre in un linguaggio accessibile, di tanto in tanto necessariamente tecnico per la spiegazione dei fenomeni ottici e della realizzazione delle opere d’arte. Il ricchissimo apparato iconografico presente nell’opera è assolutamente complementare e ha la stessa funzione delle briciole di Pollicino per trovare la strada quando l’analisi si fa molto tecnica. Essendo architetto, De Rosa è particolarmente attento ad artisti ingegnosi come James Archibald Turrell che ha creato un osservatorio astronomico all’interno di un cono vulcanico estinto nel deserto, il Roder Crater Project, a cui l’autore ha già dedicato corsi e saggi. E, in effetti, il voler ricreare la caverna platonica coll’osservazione dell’esterno attraverso il foro craterico, trovandosi nelle profondità della Terra, dev’essere un’esperienza inquietante. De Rosa la descrive e la viviseziona, volendo renderla intelligibile anche a chi non c’è stato, e il risultato è analogo a quello di un viaggio straordinario alla Jules Verne.
http://https://www.youtube.com/watch?v=T2RWB0HuLXE
Come ho detto all’inizio ognuno, poi, se vorrà leggere il libro, potrà rivedere con altri occhi le proprie esperienze passate e rileggere la realtà esperita, accorgendosi, può capitare, della propria cecità di quei lontani momenti. E, magari, potrà guarire da quella patologia, aprendosi nuovi mondi colorati che, a scelta, si potranno confinare in un ripostiglio pieno di archivi qualora si fosse troppo pigri per rivoluzionare il proprio modo di osservare oppure farne tesoro e imparare finalmente a “vedere” le cose e aggiornarsi.
Cecità attualissima in questi momenti di follia globale in cui non si vogliono vedere le conseguenze di azioni belliche uni o bilaterali, frutto mancato di una visione a lunga gittata e confinata, quasi una vendetta del destino di umani, all’interno dei limiti dell’unico pianeta che abbiamo.
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