Ambiente
Quale sarà il futuro delle coste italiane?
È sul nascere una discussione in merito al futuro delle coste italiane. Autorevoli giuristi hanno posto l’attenzione su una recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 18/2021), in merito all’evidenza pubblica di aggiudicazione delle concessioni demaniali marittime, in accordo con la Direttiva 2006/123/CE, cosiddetta Direttiva Bolkestein. Dal 1 gennaio 2024 tutte le concessioni delle spiagge dovrebbero essere messe a bando in base a procedure predisposte dagli uffici pubblici comunali del demanio. Quello che a oggi si evidenzia è un vuoto legislativo a livello nazionale. Manca di fatto una legge che definisca i principi da seguire per dettare regole e contenuti chiari e, allo stesso tempo, riconosca il valore dei beni demaniali marittimi come beni pubblici secondo una prospettiva rinnovata e contemporanea alle emergenze che stiamo e dovremmo affrontare in un prossimo imminente futuro. Esistono strumenti di legge in capo alle Regioni che necessariamente posso guidare lo sviluppo degli eventi. Qui però non vogliamo entrare nel merito di questioni giuridiche che sono di assoluto rilievo.
Alcuni dati oggettivi sembrano non avere ancora sufficiente attenzione all’interno del dibattito. Il 30% della popolazione italiana risiede nei comuni costieri (dati ISPRA 2021). Poco meno di 17 milioni di persone vivono a contatto diretto con il mare e molte di queste lavorano quotidianamente nell’industria turistica. Questo dato si somma ai 33 milioni di turisti che quest’anno, nonostante la pandemia, hanno raggiunto le località di mare. Nel 2018 erano stati 70 milioni i turisti che avevano soggiornato nelle 26 principali città balneare italiane (fonte ENIT 2018). Un impatto enorme sul turismo nazionale, da Nord a Sud. Altro dato rilevante da considerare riguarda i processi di erosione in atto che interessa il 46% delle coste sabbiose. In cinquanta anni l’Italia ha perso 5 milioni di metri quadri di spiagge, 360 volte l’estensione di Piazza San Marco a Venezia. Senza procedere per facili sillogismi è indubbio notare come queste grandezze possano essere messe in relazione tra loro. Riguardano di sicuro il legislatore e le amministrazioni pubbliche. Dovrebbero riguardare anche la riflessione da parte di saperi esperti in grado di articolare maggiormente il problema a partire da questioni legate alla sostenibilità ambientale, all’accessibilità ai beni e agli stabilimenti balneari da parte di tutti e a un importante e vasto progetto nazionale di manutenzione.
Sono questi alcuni punti di vista che oggi difficilmente trovano spazio all’interno delle discipline del governo il territorio, che regolano il funzionamento degli ambiti naturali e urbani di costa secondo modalità e tecniche in parte datate. Potremmo proseguire elencando una serie di possibili temi da sviluppare. Il progetto di accessibilità a mobilità dolce, il rafforzamento della naturalità nelle aree urbane di costa, l’aumento delle prestazioni dello spazio pubblico. Affinché questi non diventino luoghi comuni serve la capacità di dialogo e di confronto tra competenze multidisciplinari per procedere verso configurazioni anche inedite degli assetti dei territori interessati, in grado di identificare priorità di intervento e di produrre innovazione. Sarebbe un vero peccato relegare la possibilità di salvaguardare e di valorizzare l’immenso patrimonio delle coste alle sole pieghe della giurisprudenza.
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