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Torino, una città che vuole rivendicare un ruolo che si fa fatica a individuare

22 Marzo 2018

Cosa si cela dietro lo sguardo pensieroso della Sindaca di Torino Chiara Appendino? Probabilmente non la sa neppure lei, ma lascio a chi mi legge interpretarlo.

Dopo una agguerrita opposizione ad una sinistra radicata, conservatrice e certamente poco incline al cambiamento, ora c’è lei che deve combattere ogni giorno per affrontare una riconversione industriale epocale di una città legata all’industria dell’auto, fra le più complesse. Una rivoluzione che ha messo in ginocchio città come Detroit, entrata in crisi più volte per poi reinventarsi, in una riflessione collettiva che non aiutò certo la pace sociale, infatti già dal 1967 il declino economico della città, portò la popolazione a una sommossa, durante la quale, furono distrutti 2.000 edifici con la conquista nel 2007 del triste primato di città più pericolosa d’America.

Una realtà inquietante riportata dai giornali, ingenerosamente per quelle sue case fatiscenti, interi viali vuoti, facciate con le finestre distrutte, hotel abbandonati e cani randagi, in un silenzio spettrale rotto da quei poliziotti che cercavano di controllare una criminalità che non sapeva più cosa rubare. Qualche lustro è passato e ora qualcosa è cambiato tanto che si programmano nuove assunzioni: decine di migliaia, gratificate da un incremento delle vendite che la città fa ben sperare, in un’economia dell’auto che pare volere ricominciare, riposizionando la città in una corretta allocazione che ne fa ora un punto nevralgico dell’industria automobilistica americana.

Quell’auto che ha tradito Torino e forse si è salvata, capitanata da un Marchionne che ha ricevuto onori dagli stessi sindacati americani, al contrario di quelli italiani che non hanno saputo interpretare il cambiamento nei rispettivi ruoli di chi investe per creare occupazione, chi fa parte del processo produttivo e chi fa o dovrebbe creare le condizioni per armonizzare il processo di sviluppo nell’interesse di tutti. Non solo auto, ma Olivetti con le sue macchine da scrivere, pioniere dell’informatica che con la sua morte si è conclusa l’avventura, complice l’asset, troppo strategico per regalarlo agli italiani soprattutto nel momento in cui avevano perso una guerra e con un piano Marshall che certamente non voleva alimentare un pericoloso concorrente. Meglio non rischiare con quegli imprevedibili creativi italiani.

La vecchia signora già capitale che qualcuno ritiene abbia influenzato con la sua sindrome del Principe, buona parte d’Italia, seppure barcollando, si è rimessa sul mercato cercando di interpretare fra alti e bassi, il cambiamento, a colpi di riqualificazione architettonica e urbanistica, correttamente interpretata o forse causale, nel ritenere il Turismo una componete urbana e non solo una promozione. Rispetto a Detroit possiamo definirla miracolata anche se la città, resta tuttavia fra le più indebitate in Italia, ma quello che fa più male è l’inquinamento, da primato europeo, per cui la qualità della vita ne risente, cosi come il disagio occupazionale. Due negozi al giorno serrano le saracinesche venendo a mancare il presidio di un territorio di chi sarebbe più di altri interessato a mantenerlo in ordine e sicuro. Un territorio, quello Piemontese, di grande pregio, ma in degrado con paesini scollegati e poco inclini ad adeguarsi a nuovi strumenti che per altri sono stati eccezionali nel creare un processo virtuoso di sviluppo come la città metropolitana, nata male e male interpretata per cui resta lì con persone istituzionali che anziché trovare soluzioni coltivano il consenso trovandone i difetti e così alimentando confusione.

Rispetto ad altri Paesi e città italiane, da sempre si è puntato sulla enogastronomia, una intuizione desunta dai grandi brand storici con il famoso Martini conosciuto in tutto il mondo e la Nutella di Ferrero. Tutto ciò ha sviluppato la grande impresa, ma nel contempo non si è stati capaci di sviluppare il territorio non più di tanto come ingegneristicamente è stato fatto nel processo di sviluppo, da parte dei cugini francesi che hanno conquistato il mondo, puntando sul cibo e sui vini, strettamente connaturati con il territorio, evidenziandone l’identità culturale locale per ogni singolo Comune che numericamente sono quattro volte tanto quelli italiani, questi ultimi nella più parte soggetti all’abbandono ed al degrado oltre al dissesto idrogeologico. E’ mancato lo Stato, il Governo centrale, quello che in Francia aveva dato il Generale De Gaulle con i suoi piani quinquennali e Università del calibro di École nationale des ponts et chaussées.

Le iniziative tuttavia sono state tante a Torino come il salone del gusto ed il festival del giornalismo alimentare, in una idea quest’ultima geniale, di creare degli Ambasciatori che potessero fare proselitismo di una città, di una Regione e di un sistema Paese Italia che con il cibo al centro, potesse, nelle intenzioni dei suoi ideatori, rendere competitivo il suo territorio valorizzandolo con il Turismo.

Il Festival del Giornalismo alimentare ha alimentato dibattiti, ma non solo. Si è pensato di fare incontrare chi fa parte del mondo della comunicazione con le Aziende, per incrementare la loro presenza sui mercati e con diverse visite tecniche in tutta la Regione coinvolgendo la Valle d’Aosta e altre come i ragazzi della scuola di Stresa. Che spettacolo questi giovani che noi non possiamo tradire nel loro entusiasmo e nelle loro legittime aspettative. Il 2018 per loro è una data speciale così come per l’Istituto di Istruzione Superiore Erminio Maggia, all’avanguardia nel campo alberghiero, cade infatti quest’anno il suo ottantesimo anniversario.

Tutto questo corollario è stato magistralmente pensato e organizzato, per catturare l’attenzione degli addetti ai lavori dando valore aggiunto ai veri attori del territorio. Sono stati loro i veri protagonisti: gli artigiani, gli imprenditori, gli agricoltori e tutti coloro le cui aspettative è doveroso soddisfare perché sono loro i veri protagonisti della nostra storia sulla quale è necessario riflettere, senza aspettare il prossimo anno del Festival del Giornalismo alimentare, ma come rete dei giornalisti e comunicatori appena costituita “Condizioni d’uso del marchio rete del Festival del Giornalismo Alimentare” per continuare a sensibilizzare chi ha potere decisionale a fare in modo che finita la festa, gli attori del territorio che abbiamo incontrato, possano esprimersi nella loro terra con i loro prodotti ed il loro ingegno.

Cosa ci dicono gli ideatori e coordinatori dell’evento?

“Il Festival nasce in Italia e non può essere altrimenti, perché il nostro Paese è la culla dell’alimentazione e della cultura enogastronomica a livello internazionale. Nasce a Torino, e anche in questo caso non può essere altrimenti, sempre più capitale e guida di questa eccellenza italiana, la città dove sono nati e continuano a nascere progetti importanti legati al cibo, esportati poi in ogni angolo del mondo. Una “Torino da mangiare”, insomma, in contrapposizione o, più probabilmente, in conseguenza alla mitica “Milano da bere” degli anni ’80”.

Ecco l’organigramma dell’ufficio del Festival 2018:

Direttore: Massimiliano Borgia (giornalista)
Vicedirettore: Maria Chiara Voci (giornalista)

Organizzazione: Clara Vercelli (giornalista), Roberta Ricci (segretaria di redazione);
Ufficio Stampa: Stefano Bosco (giornalista), Silvia Fissore (giornalista)
Amministrazione: Luca Marega (consulente amministrativo)
Redazione web: Stefano Bosco (giornalista), Giorgia Marino (giornalista), Lorenzo Bernardi (giornalista),Chiara Ferrero (giornalista)
Redazione Social: Sara Perro (social media strategist), Marilena De Giorgio (giornalista),
Redazione video: Sarita Seclì (grafica-video editor), Marco Panzarella (giornalista)
Grafica/visual: Marco Panzarella, Sarita Seclì, Elena Zoccarato (grafica)

Da quanto sopra possiamo osservare che la chiave sullo sviluppo di un territorio segue determinati schemi, già sperimentati da tempo negli altri Paesi ad alto indice di qualità della vita che non rappresentano certo un segreto. Uno fra questi è costituito da uno strumento urbanistico eccezionale: “La città metropolitana”. Se ne parlerà a Nizza il 27-28 giugno di quest’anno nel luogo dove molti anni prima è nato quello sviluppo di tutto l’entroterra della Costa Azzurra di cui da tempo si parla in Italia.

Le grandi città metropolitane e i piccoli o grandi paesini collegati che si sentono trascurati come quelli piemontesi, potranno avere voce e capire quali opportunità cogliere da chi prima di loro ci ha pensato. Come fare? Torino ne ha 315 che anziché accorparsi, si sono ulteriormente divisi e questo non giova certo allo sviluppo. La Sindaca Chiara Appendino è invitata nella sua qualità di Presidente della città metropolitana, tanto per farle ritrovare il sorriso.

Innovative City 27 – 28 giugno 2018 https://www.innovative-city.com/

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