Musica
Ieri oggi e domani: ToDays e il futuro della musica internazionale a Torino
La seconda edizione di ToDays è ai blocchi di partenza. Il festival torinese, che sembra voler riprendere il filo del discorso avviato lo scorso decennio da Traffic, ma con nuovi presupposti e una maggiore consapevolezza di quanto sia cambiata la fruizione della musica dal vivo negli ultimi anni, alza la posta. Si moltiplicano le location, si intensificano le sinergie con il territorio, trasformando per alcuni giorni un’area periferica in via di riqualificazione in una cittadella musicale. Andando nella direzione di quella che si potrebbe definire una mentalità festivaliera europea, proponendo un evento che fa dell’esperienza complessiva, e non dei singoli eventi, la propria forza. Se infatti il Traffic, nonostante le ambizioni dei suoi ideatori, si era arenato di fronte ad alcune contraddizioni (un festival gratuito, percepito da una fetta del pubblico potenziale come una rassegna estiva tra le tante, non in grado di “vendersi” come esperienza a tutto tondo al pubblico degli appassionati) e di fronte ad istituzioni spesso troppo miopi e legate a schemi vecchi e superati, qui si guarda, pur con i mezzi ridotti di una esperienza che deve costruire la propria credibilità da capo, ai grandi festival continentali come, ad esempio, il Primavera Sound di Barcellona. ToDays non avrà vita facilissima, immaginiamo: l’arrivo di una nuova amministrazione comunale che ci sembra poco interessata a considerare la cultura un bene primario (lo è, se non altro per le enormi potenzialità di creare un indotto, e circoli virtuosi), non fa presupporre un periodo facile per chi organizza eventi musicali in città. Solo il tempo, in ogni caso potrà dire come stanno le cose. L’importante è, ora come ora, gettare dei semi.
La forza del festival risiede comunque nei nomi. I quali non possono certo competere, soprattutto se si prende in considerazione l’ampiezza dell’offerta, con i cartelloni delle grandi manifestazioni europee, e probabilmente scontano un po’ il periodo “retromaniaco” che stiamo vivendo, con le reunion e i veterani a farla da padrone, ma sono comunque nomi di altissimo profilo, a partire da John Carpenter, regista da sempre autore delle proprie colonne sonore che da qualche tempo ha deciso di portarle in giro in concerto: chi lo ha visto al Primavera Sound di Barcellona ha assistito ad una divertentissima ed energica riproposizione live, non priva di ironia, del migliore horror dei ’70 e ’80, con tanto di immagini che scorrono sullo sfondo. La location dell’evento torinese, l’ex fabbrica Incet, non potrà che aggiungere fascino postindustriale al tutto. Con lui headliner, la sera inaugurale di venerdì 26, a Spazio 2011, il pop elettronico dei francesi M83, ritornati con un nuovo album pochi mesi fa.
Sabato 27 i protagonisti assoluti saranno gli scozzesi Jesus And Mary Chain, che con l’epocale Psychocandy, poco più di trent’anni fa, dimostravano al mondo che era possibile coniugare muri di rumore prodotti da amplificatori portati al limite e zuccherose melodie sixties. Più in forma che mai (di sicuro, più godibili di quanto non fossero nella loro iniziale fase scorbutico-autistica), è possibile che testeranno alcuni brani del nuovo album in lavorazione di fronte al pubblico sabaudo. Ad aprire le danze, gli autoctoni e sperimentali Stearica, i romani e rock’n’roll Giuda, Motta, uno dei nomi di punta del nuovo pop indipendente – nell’attitudine più che nel pubblico, ormai quasi a livelli mainstream se parliamo di presenze -, e un variegato programma alla ex fabbrica Incet a tema più o meno elettronico, con i romani Cani (vedi alla voce Motta), i belgi Soulwax e lo sperimentatore Tim Hecker.
La chiusura, domenica 28, punta sulla psichedelia. Quella dei veterani californiani Brian Jonestown Massacre, guidati dal carismatico Anton Newcombe, i cui dilatatissimi concerti sono una garanzia. Quella dei misteriosi e esoterici Goat, svedesi che si sono inventati una etnogeografia immaginaria e ci hanno costruito sopra una affascinante ipotesi di musica tribale da universo parallelo. A contorno, il folk da armonia vocale del Local Natives, mentre una terza location, il Parco Aurelio Peccei, ospiterà lo spettacolo di Elio Germano e Teho Teardo, musica e letture a omaggiare uno dei massimi esponenti della letteratura novecentesca, Louis Ferdinand Céline e il suo impietoso Viaggio al termine della notte.
Intorno a tutto questo, nomi più di nicchia ma non meno interessanti, sonorizzazioni, eventi, spazi da scoprire strappati al disuso, tutti elementi di una rete che se saprà mettere radici potrà rimettere Torino sulle mappe della musica internazionale. Possibilmente, questa volta, lasciandocela.
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