Torino
I nuovi ambasciatori dell’identità dei territori italiani, con Torino apripista
Si è concluso il Festival del giornalismo alimentare, di cui si rivendica il ruolo nel raccontare lo sviluppo di un territorio, prendendo come riferimento il cibo che ne rappresenta l’identità culturale.
Il Festival del giornalismo alimentare si è concluso nella città di Torino, da sempre il riferimento della Regione Piemontese nel campo della gastronomia. Al di là del successo della manifestazione, essa è l’occasione per raccontare le tante eccellenze del territorio a partire dalla piccola cittadina di Chieri. Un piccolo centro che merita di essere raccontato per la sua timidezza e discrezione, eppure dotato di una grande potenzialità che esplode solo a vederlo.
Chieri già dall’epoca romana era terra dei liguri che non l’hanno mai abbandonata né culturalmente né commercialmente. I famosi jeans che hanno conquistato il mondo sono nati da quelle parti e chi più di tutti li ha valorizzati e certamente di concerto creati, sono stati i produttori chieresi e i commercianti genovesi che utilizzavano quelle stoffe resistenti, per le velature dei loro velieri i cui brandelli venivano ricuperati tinteggiati di blu e ricuciti con forti filati e borchie rivettate, tanto da renderli indistruttibili come pantaloni da lavoro con una diffusione su tutto il territorio statunitense.
I genovesi, la cui classe operaia nobile era rappresentata dai portuali, con la loro Compagnia Unica si contrapposero al libero arbitrio dei potenti armatori, mettendoli contrattualmente in minoranza e ottenendone considerazione, rispetto e buoni stipendi. Gli stessi avevano adottato una variante ai pantaloni, rispetto ai colleghi americani: un modello quasi uguale per tutti con tasche tipiche a taglio e con la stoffa di fustagno di Chieri che li contraddistinguevano come classe operaia autogestita e indipendente di cui andare orgogliosi che guadagnavano più di un direttore di Banca. Come penna calzavano il gancio alla cinghia con l’impugnatura in legno a portata di mano. Serviva per aiutarsi nell’agganciare le casse e le balle che caricavano o scaricavano a mano ed a spalle, sempre utilizzando il tipico gancio che osteggiavano con orgoglio per strada. Se fate un conto di circa 12.000 portuali con due o tre pantaloni a testa, calzati ogni giorno, rappresentavano una clientela fidelizzata dell’Industria tessile di Chieri di una certa rilevanza.
Ma quali sono oggi gli attuali protagonisti del territorio? Un omaggio alla Pasticceria Pino Buttiglieri un pezzo di storia tramandata dal suo protagonista che ha iniziato a quindici anni e con orgoglio interpretata il suo ruolo nell’allietare gli occhi e le gole dei suoi clienti oramai da generazioni. Pure un libro gli è stato dedicato sul pensiero metafisico e da lì è nato il dolce denominato: “Perché”, per rispondere ai vari quesiti della vita. La creatività del Maestro Pino, ha tratto ispirazione da Don Bosco, particolarmente presente nella cultura dell’area piemontese, con molti dolciumi che raccontarne le sfumature varrebbe l’occasione di gustarle di persona. Citare questi abili artigiani per la loro capacità e passione sarebbe utile quanto doveroso, dal grande maestro pasticciere Marco Avidano con la sua focaccia di Chieri che sarebbe utile assaporare, ai vari produttori di ciliegie il cui portavoce dei coltivatori Alberto Rosso dell’Associazione Facolt di Pecetto, ci racconta di un paesino un po’ più in là, le cui idee sulle loro terre sono chiare per tutti. Lo stesso vanta esperienze internazionali che condivide nella sua azienda con la moglie le cui ciliegie sono vendute stagionalmente in parte sui mercati rionali mentre il surplus della produzione affidato alle tradizioni delle conserve artigianali, nelle loro peculiarità, così come i vini pregiati locali indirizzati ad un mercato selezionato di nicchia.
Incontriamo Suor Monica Roncari che ci illustra il centro di formazione CIOFS-FP, una tradizione nel territorio piemontese, il cui Presidente dei panificatori Chieresi Ugo Servetti, ci coinvolge nell’impasto e nella cottura dei grissini il cui nome risalente alla notte dei tempi è: “Rubatà” che in dialetto piemontese probabilmente significa è caduto là e cosi è stato infornato. Il maestro fornaio è assistito da due giovani allievi, orgogliosi della loro divisa bianca, perfettamente in ordine per quella mattina, essendo al centro di uno stuolo di giornalisti che noi ci auguriamo potranno ancora vedere nella loro vita, i quali si destreggiano nel conoscere ogni giorno le arti della panificazione e non solo, per poter con destrezza imparare a dominare quell’impasto con le proprie mani.
Devo dire tuttavia che mi fanno tenerezza, li vedo in un futuro prossimo incerto, migratorio che dobbiamo arrestare nel suo processo involutivo. La classe dirigente e così la formazione è incline certamente a preparare bravi artigiani del cibo, ma pochi o nessuno è capace di catturare quei potenziali clienti che potrebbero acquistare i loro prodotti puntando sull’asset del Turismo per esempio, così come hanno fatto molti anni prima a pochi chilometri di distanza in linea d’aria, i francesi, mettendo a sistema il territorio, ma questa è un’altra storia. Siamo qui per raccontare delle emozioni che ognuno di noi cerca di cogliere come in un telaio magistralmente concertato dagli organizzatori e dalle varie Autorità locali che si sono dati un gran daffare concentrandosi nell’ora canonica del pranzo, nell’ex mattatoio, riconvertito in ristorante e luogo di aggregazione che ognuno ricorderà per averle vissute in una giornata speciale da raccontare.
Parlare d’ ingegnerizzazione del processo di sviluppo per lanciare il territorio puntando sull’asset Turismo sarebbe troppo complicato raccontare, ma urgente da affrontare da parte delle Autorità se vorranno evitare a quei giovani di essere costretti ad emigrare.
Incontriamo la Signora Droetto Mariella che gestisce una pasticceria (www.dolciedolci.info) il cui piglio è manageriale, seppure condotta in forma artigianale come ama rimarcare. La sua intuizione è stata quella, circa nove anni fa, di anticipare la domanda di mercato. Ovvero dare ad ognuno il suo dolce, senza che con le varie intolleranze debba ricorrere agli scaffali delle farmacie. Le ha pensate tutte, così come le focaccine o le pizzette che possono mangiare i bambini e non sentirsi diversi nelle feste o nelle mense per le loro intolleranze alimentari. Così come per i malati autoimmuni ed oncologici che necessitano di particolari attenzione. Un fiume di parole e di passione che sembra una lectio magistrali sulle farine alternative. Il Dott. Valter Longo, biologo, è il loro consulente in collaborazione con il CNR che li assiste per un progetto pilota. Ringrazia i Chieresi che hanno contribuito al loro successo e dato ospitalità, ma tuttavia ci informa che il territorio è divenuto troppo stretto per la loro attività per cui a breve si trasferiranno a Torino.
La prima osservazione è che l’amministrazione pubblica ha fallito, non dico quella di Chieri, ma quella della città metropolitana che è pur vero che ha tardato ad arrivare rispetto agli altri Paesi, ma più che avanzare ha creato solo tanta confusione dove ognuno si sente in dovere di criticare senza averne compreso le enormi potenzialità di mettere a sistema il territorio, parliamo di 315 paesini. Se non si riesce neppure a trattenere una pasticceria seppure speciale è doveroso fare una riflessione. In Germania così come in Francia ed in tutti i Paesi normali si fa sistema e si danno degli incentivi fiscali alle imprese per impedire di accentrarsi nelle grandi città come Francoforte o Parigi e Vienna, ma pure per quegli artigiani e quei piccoli commerci che insediandosi nei centri storici non li abbandonano, desertificando il territorio e così il turismo, il cui luogo non diventa certamente attrattivo. In Italia tutti ne parlano, ma nessuno ha bene compreso come funziona per cui non si può poi invocare il turismo o lamentarsi della desertificazione dei piccoli paesini o dei borghi abbandonati, parliamo di circa 5.000 comuni, in una politica della casa in Italia demenziale rispetto agli altri Paesi, basata sulla proprietà e sulle seconde case, senza considerare che la ricchezza collettiva e individuale è inversamente proporzionale alla proprietà della casa. In parole povere: in Svizzera e nei Paesi ricchi vivono prevalentemente in affitto mentre al contrario in Italia ed in Grecia sono tutti proprietari, mutuo e aste incombenti, permettendo. Abbiamo sbagliato tutto, bisogna ammetterlo e provvedere al più presto.
Riguardo l’artigianato di cui la Signora è così sensibile, ci trova concordi, tuttavia sarebbe utile approfondire il caso del gelato italiano conosciuto in tutto il mondo. Il processo di ingegnerizzazione e quindi di vendite, di profitti e conseguente occupazione, è stato applicato con successo dal sistema americano che ha trovato in un artigiano come Reuben Mattus che ha poi creato il marchio della Häagen-Dazs, un prodotto che ha conquistato il mondo. La Signora di cui sopra e non solo, deve delocalizzare, sfonderà certamente, ma i due casi si distinguono per la mancanza assoluta di una classe tecnica e politica che non ha chiaro come gira il mondo e su questo lascio ad un’altra riflessione. Mi riferisco al caso Embraco, azienda del gruppo Whirlpool di Riva di Chieri che licenzia in un balletto del rimando, 500 lavoratori come se ogni giorno casi come questo ci riservassero delle sorprese. Ci si chiede: come è mai possibile amministrare questo nostro Paese arrivando così impreparati? In contesti tra l’altro internazionali fatti di alleanze, corridoi, piazze strategiche, città metropolitane di cui ancora ora se ne sa poco o niente, però si fanno programmi di sviluppo che incuriosiscono, su questioni che il politico di turno più che affrontare, improvvisa perché non sa di non sapere rispetto ai suoi colleghi di altri Paesi che non sanno, per cui chiedono a chi ne sa più di loro. Tutto ciò per evitare i soliti rituali di politici bruciati e riciclati. La Sindaca Chiara Appendino ed i suoi collaboratori non fanno eccezione. La pur vincita del Movimento Cinque stelle in Piemonte ha avuto una flessione negativa fisiologica direi, che ha diviso in due l’Italia produttiva del Nord con quella disorientata nel Sud, in un Paese unito nella incapacità di comprendere che il mondo è agguerrito e nessuno nasce imparato per cui rinchiudersi in se stessi per proteggersi, non paga né per la classe dirigente né per chi non sa più per chi votare ed a ogni tornata prova a cambiare perché vuole sperare, ma non ha ancora compreso che nessuno ha le idee bene chiare su come si fa a governare.
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