Infrastrutture
Appetite for construction [Fuksas blues]
A Torino accadono moltitudini di cose belle, alcune bellissime [penso all’edizione appena passata del Salone Internazionale del Libro] e così come è normale ne accadono anche di brutte. Il problema oggi non è qui ma sta nel mezzo, ovvero nel campo delle cose che a Torino semplicemente non accadono, o si trascinano stancamente verso un epilogo perlopiù scadente. Questa città è al solito anticipatrice, in questo caso forse dei tempi mediocri che ci attendono.
Così oggi c’è un grattacielo vuoto e desolato che anziché svettare verso il cielo allunga la sua ombra nelle cronache cittadine tracimando fin dentro i discorsi da bar.
Ora, non mi permetto di dare giudizi stilistici o estetici e nemmeno di merito sulle lungaggini che hanno minato dalle basi l’edificio che dovrà ospitare gli uffici della Regione: ci sono fior di indagini in corso e non è questo il punto.
Il punto è Fuksas.
Sapete tutti chi è, c’è chi lo chiama ‘archistar’, chi gli attribuisce le connotazioni del genio visionario, chi lo adora e chi lo odia: quando sei in cima diventi divisivo per forza di cose, è una regola naturale.
Date un’occhiata qui per capire chi è e cosa fa: certamente non rimarrete indifferenti.
Fuksas e il grattacielo della Regione, quindi.
Fuksas, che ieri mattina era in tribunale a Torino chiamato come testimone per le presunte irregolarità che fra il 2011 e il 2013 accompagnarono l’affidamento di alcuni subappalti, ha accusato i responsabili piemontesi della realizzazione del suo progetto di essere dei “cretini incompetenti”.
“Hanno stravolto il mio progetto per favorire le aziende che volevano loro e hanno fatto tutto quel che potevano per tenermi fuori dal cantiere, perché se ci fossi stato io a controllare non avrebbero potuto portare a termine il loro scempio”.
Così dice, l’architetto.
‘Se ci fossi stato io’, dice.
Così arriviamo al punto e a come vedo io tutta la faccenda, o perlomeno una parte consistente della faccenda; ho ricevuto un’educazione lavorativa rigorosa, chi mi ha insegnato quello che so fare ha sempre ossessivamente insistito su un punto in particolare: segui i processi s.e.m.p.r.e. perché quando il lavoro sarà terminato il tuo nome e quindi la tua faccia saranno la firma di quel lavoro.
Può valere per un architetto come per un negoziante, per un giornalista come per un albergatore.
Quelli bravi, bravi davvero, seguono il processo con rigore dalla progettazione del lavoro alla consegna, verifica dopo verifica, riunione dopo riunione, mail dopo mail. Se sei bravo per davvero non ti accontenti mai, non basta il 95%. Non basta il 99%.
In questa vicenda ci sono molti colpevoli ma le uniche vittime sono i contribuenti che vedono ogni giorno una torre semitrasparente vuota che già prima di essere occupata è rotta in alcune sue parti. È un lavoro difettoso e mal fatto, i Torinesi non se lo meritano, e le colpe andranno equamente distribuite a seconda delle responsabilità che valuterà la magistratura.
Ma uno dei nodi è che Fuksas ha peccato di leggerezza perché non ha assicurato ai processi che costituiscono il suo lavoro il giusto livello di attenzione, quello che ci si aspetta da un architetto del suo calibro.
E uno bravo davvero non lo fa.
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