Smart city
Smart City: il futuro è già iniziato anche in Italia, basta vederlo
Auto senza conducenti, edifici in grado di produrre energie, semafori che gestiscono il traffico attraverso indicazioni ai guidatori. E ancora: lampioni che erogano elettricità per veicoli (elettrici) e sensori che segnalano incendi o situazioni di pericoli. La parola smart city fa spesso pensare a scenari futuribili, che fino a qualche anno appartenevano alla letteratura fantascientifica. E non è una visione completamente errata. Solo che, ben prima di questi traguardi, ci sono elementi importanti che permettono di parlare di smart city.
Il concetto è quindi molto più umano rispetto alle migliori previsioni: le “città intelligenti” sono già tra di noi. Sebbene non esista una definizione esatta, la smart city può essere vista come un progetto di sviluppo urbano, che adotta l’hi tech per migliorare la qualità della vita. Il ritorno è garantito sia in termini economici, che di sostenibilità. Il car e il bike sharing appartengono alla dimensione di smart city, e in questo elenco figurano anche le politiche energetiche a favore delle rinnovabili, la valorizzazione del turismo e del patrimonio culturale, nonché la riduzione del digital divide e la condivisione con i cittadini delle scelte politiche .
Quanto ci si guadagna?
La questione attiene anche il campo economico. Tuttavia, «non ci risposte facili quando si tratta di investimenti in infrastrutture», ammette la ricerca Urban infrastructure insights 2015, realizzata dal gruppo The economist. D’altra parte, secondo uno studio realizzato da The European House Ambrosetti l’impatto potenziale sul Pil potrebbe essere del 10% ogni anno, solo in Italia. Ammesso, però, che ci sia una buona pianificazione e un impiego di risorse razionale: perché il segreto del successo, in questo caso, è quello di studiare il contesto e la storia, evitando di copiare totalmente i modelli che hanno funzionato altrove. La conclusione del discorso è chiaro: le smart cities riescono nel miracolo di coniugare la sostenibilità allo sviluppo economico.
«La smart city non si sviluppa necessariamente mediante investimenti dall’alto, bensì facendo in modo che molti soggetti possano operare dal basso», spiega a Gli Stati Generali Carlo Ratti, Direttore del Senseable City Laboratory del Massachusetts Institute of Technology. «Uber, Nest, AirBNB, Car2Go – aggiunge l’esperto – sono esempi di tecnologie smart capaci di trasformare la città, come moltissime start up che nascono in giro per il mondo ogni giorno». Le smart cities evocano anche paragoni rispetto ad alcune rivoluzioni del passato. «Quando vedo i tassisti lottare contro Uber, mi viene in mente la battaglia delle diligenze che, per frenare l’avanzata delle ferrovie verso San Francisco, attaccavano i treni sulla costa Ovest degli Stati Uniti – e che poi ne furono inevitabilmente travolte. I tassisti hanno ragione a far presente una fase di transizione dal vecchio mondo a quello nuovo che può essere dolorosa e che va gestita – ma il loro bieco opporsi al mondo nuovo è incomprensibile e comunque votato all’insuccesso», osserva Ratti. Invero, la questione Uber-Tassisti pone anche altri temi, più complessi, su come cambia l’orizzonte dei diritti e su come, anche, certe parole – come “sharing economy” – siano a volte usate a sproposito, ed è proprio il caso di Uber.
L’Italia a due velocità ringrazia l’Europa
L’Italia non è di certo all’avanguardia sul tema. Ma rispetto al passato sono stati compiuti passi in avanti con l’istituzione dell’Osservatorio sulle smart city dell’Associazione nazionale comuni italiani (Anci). I dati a disposizione, fino al dicembre 2014, parlano di 1.028 progetti presentati dalle amministrazioni che hanno aderito all’Osservatorio, per un valore economico complessivo di 4 miliardi di euro. I Comuni sono molto concentrati sullo sviluppo del settore. In particolare le città con oltre 150mila abitanti coprono il 45% dei progetti presentati, mentre le realtà più piccole sono ancora molto distanti dal concetto di smart city.
Per quanto riguarda il discorso regionale, l’Emilia Romagna è in vetta alla classifica con 207 progetti presentati. Seguono la Lombardia (155 progetti) e la Puglia (98), che precede di poco il Veneto (96). Fanalino di coda sono le Marche (13). Gli ambiti di intervento sono principalmente concentrati sulla governance, con 252 progetti, e in particolare sull’e-governnment che attiene alla gestione condivisa della cosa pubblica tra amministrazione e cittadini. Le iniziative sulla mobilità sono 231 e interessano vari fronti: lo sviluppo delle ciclabilità, l’incremento di sostenibilità del trasporto pubblico e il miglioramento delle informazioni su questo servizio. La qualità della vita in senso stretto vede impegnati 171 progetti, di cui oltre il 50% è orientato sulla valorizzazione del patrimonio culturale e quindi sull’offerta turistica, a conferma che la tecnologia può stimolare anche questi settori. I progetti smart sull’ambiente sono in totale 167 con il controllo dell’inquinamento e la gestione dei rifiuti che vengono prima di tutto, anche degli spazi verdi. La maggiore attenzione delle amministrazioni pubbliche è possibile però grazie al sostegno garantito dall’Unione europea. Oltre il 60%, infatti, arriva da Bruxelles attraverso fondi strutturali e risorse a gestione diretta.
Milano capolista e gli esempi nel mondo
L’iCity rate presentato alla Smart City Exhibition 2014, manifestazione che ogni anno si svolge a Bologna, ha premiato la città di Milano, risultata prima in classifica. L’indice è calcolato sulla base di vari fattori, dallo sviluppo economico alle politiche per la sostenibilità. Alle spalle del capoluogo lombardo c’è Bologna, seguita da Firenze, Modena e Padova. Pier Maran, assessore all’Ambiente e alla Mobilità di Milano, racconta a Gli Stati Generali alcuni elementi di successo. «Le innovazioni sono state rilevanti. Il tema del car sharing presenta un’evoluzione con l’apertura ad aziende private, seppure con regole fissate dal pubblico. Questo modello è stato seguito da diverse città italiane, come Roma e Firenze. Ora anche Torino ha pubblicato lo stesso bando».
Il lavoro dell’amministrazione, comunque, è stato facilitato dai cittadini. «Milano – ammette Maran – è estremamente ricettiva rispetto a questi cambiamenti». Oltre alla mobilità, poi, c’è il tema della sostenibilità: «Ad agosto Milano avrà il 100% dell’illuminazione pubblica a Led, sulla scia di quanto è stato fatto nei Paesi scandinavi, storicamente all’avanguardia. Infine la raccolta umido è al 100%. Sono elementi che confermano l’alleanza tra tecnologia e sostenibilità», chiosa l’assessore. Su scala mondiale, le smart cities interessano tutti. La città di Boston rappresenta sicuramente un modello, grazie alla condivisione delle scelte tra politica e cittadini, mentre Copenhagen si distingue per le misure ambientali. Singapore, infine, è all’avanguardia sul tema della mobilità. Un tema su cui l’esperimento principe è l’auto senza conducente umano.
Carlo Ratti tratteggia gli effetti delle vetture del futuro: «Promettono un grande impatto sulla vita urbana, poiché tenderanno ad annullare la distinzione fra trasporto pubblico e privato. La “nostra” auto ci porterà al lavoro al mattino e invece di restare inutilizzata in un parcheggio potrà poi dare un passaggio a un altro membro della nostra famiglia, a un vicino di casa, o a chiunque altro faccia parte della nostra rete sociale». Il risultato è strepitoso con una potenziale riduzione del 30-40% del traffico in una metropoli.
Dunque, al di là delle prospettive – nemmeno troppo lontane – già nella quotidianità ci si muove nelle smart cities. E per il futuro? «Da un punto di vista architettonico, le città di domani non saranno molto diverse da quelle di oggi – così come le nostre città non sono così differenti dalle città romane», sottolinea Carlo Ratti. «Avremo sempre bisogno di piani orizzontali per muoverci, di muri verticali per separare gli spazi e di recinzioni per proteggerci da ciò che sta fuori. Gli elementi chiave della progettazione architettonica non cambieranno, dunque, e i modelli di progettazione saranno simili a quelli di oggi. A cambiare – conclude – sarà invece il modo di vivere gli spazi. Il modo di spostarsi, di gestire l’energia, di incontrarci e di lavorare saranno estremamente diversi da oggi».
(Foto di copertina tratta da Flickr, John Maffei, Creative Commons)
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