Ambiente
Retrofit, la storia ignorata di una piccola rivoluzione contro l’inquinamento
Immaginate di avere una vecchia Fiat Uno, una Panda o qualsiasi altra auto euro 0 e di infischiarvene dello stop al traffico. Ovviamente senza rischiare una multa. Il tutto evitando eccessive liturgie burocratiche e costi particolarmente insostenibili.
Certo, il nome retrofit elettrico probabilmente rischia di risultare oscuro e poco chiaro. Eppure potrebbe avere un impatto sulle nostre vite e sull’inquinamento di gran lunga superiore a qualsiasi piano anti smog predisposto durante una delle tante emergenze sull’aria malsana. Ma la storia di questa piccola rivoluzione sembra passata quasi nell’indifferenza generale. Il retrofit è sintetizzabile come la procedura che consente la trasformazione di un’auto inquinante in un veicolo a impatto zero. Un passo in avanti sostanziale verso la mobilità elettrica. E anche un bel passo in avanti per dire addio alle targhe alterne, dando una mano inoltre all’economia: perché questo cambiamento può effettivamente generare un indotto di persone che lavorano nel settore della riconversione dei motori.
Dal 26 gennaio sarà quindi in vigore il cosiddetto decreto retrofit, la cui esatta definizione è “Regolamento recante sistema di riqualificazione elettrica destinato ad equipaggiare autovetture M e N1”. Al di là della denominazione, dal punto di vista pratico il motore da endotermico viene trasformato in elettrico grazie a un kit omologato, composto da un motore elettrico con convertitore di potenza, un pacco batterie e un interfaccia con la rete per la ricarica delle batterie. La nuova normativa favorisce in gran parte nella facilitazione dell’installazione abbattendo la burocrazia.
Nel dettaglio la riconversione può avvenire senza avanzare alcuna richiesta alla casa costruttrice: un passaggio che rischiava di rallentare, o addirittura di vanificare, l’operazione di retrofitting. La legge stabilisce inoltre che l’installatore, appena completato il lavoro, provveda all’iter di nuova intestazione della carta di circolazione alla motorizzazione, senza gravare sul proprietario. E in tutto ciò c’è una componente economica che non va trascurata: la “crescita” della figura degli installatori.
La deputata Mara Mucci, iscritta al Gruppo Misto, è stata in prima linea per l’approvazione del provvedimento. Agli Stati Generali spiega come si è arrivati a questo punto. «Siamo i primi in Europa ad aver regolamentato nel dettaglio questa trasformazione, coniugando la sicurezza delle auto che resta il primo obiettivo, con operazioni snelle e finalmente fattibili di trasformazione delle auto», ha affermato. «In Italia – ha aggiunto la parlamentare – questo passaggio ha un valore particolare, data l’alto livello di artigianato e di competenze che ruotano attorno a questo settore in cui ricopriamo un ruolo di avanguardia in Europa. Ricordo la celebre trasformazione di una cinquecento degli anni ’70 ad opera del fiorentino Pietro Cambi, con cui ho più volte relazionato per strutturare migliori interventi alla proposta di legge».
Ma l’Italia, nonostante il passo in avanti, non è del tutto all’avanguardia. L’Adiconsum non lesina qualche bacchettata: «Mentre in Paesi come il Nord America si è alle prese con lo smaltimento delle batterie delle auto elettriche, il che la dice lunga sullo sviluppo di tale tipo di mobilità, nel nostro Paese l’E-mobility stenta a decollare». Il segretario generale dell’associazione, Pietro Giordano, ha quindi sollecitato la revisione del «Piano Nazionale delle Infrastrutture di Ricarica dei veicoli Elettrici per aggiornarlo alle reali esigenze dell’utilizzatore di veicoli elettrici». Insomma, il retrofit è solo un piccolo risultato. Perché sulla mobilità sostenibile c’è ancora parecchio da fare.
Mara Mucci si mostra comunque ottimista: «Se, come pensiamo, questa tecnica prenderà piede, sarà di ulteriore slancio al piano di mappature delle colonnine di ricarica elettrica in Italia, ulteriore volano a una mobilità che speriamo nei prossimi 30 anni possa completare la sua rivoluzione di indipendenza dal combustibile fossile. Per non parlare dell’autoproduzione di energia che ciascun automobilista sarà incentivato a mettere in atto a partire dalla propria abitazione». «Insomma – conclude la dputata – una filiera totalmente green che dovrà essere incentivata e che rappresenta il fil rouge della mia attività parlamentare».
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