America
Oltre il cemento: l’umanità in fuga dalle città
L’uomo è sempre stato in movimento, alla ricerca di un posto migliore in cui vivere. Per la maggior parte della storia dell’umanità, la maggior parte delle persone, in tutto il mondo, ha vissuto in piccole comunità. Il processo di industrializzazione ha portato alla formazione di metropoli sempre più grandi, che sono diventate centri di vita economica e sociale, attirando grandi flussi umani e innescando così un processo di estrema urbanizzazione ed un conseguente abbandono delle campagne.
Qualcosa è cambiato: nel mondo di oggi, fatto da persone per cui vivere in città sembrava l’epitome dei sogni e delle possibilità, assistiamo a un fenomeno misterioso: il massiccio spopolamento delle città – specialmente nelle aree economicamente più ricche del pianeta. La trasformazione della società da industriale a post-industriale, compreso il passaggio da un’economia della manifattura ad un’economia della conoscenza, porta con sé mutamenti profondi nelle scelte e nelle aspirazioni degli abitanti della Terra: i grattacieli scintillanti, le strade affollate e le infinite opportunità diventano parte di un passato da cui distanziarsi, poiché sempre più persone decidono di lasciare la giungla di cemento alla ricerca di qualcosa di nuovo. Anche perché la socializzazione, specie dopo la pandemia, specie nelle giovani generazioni, non avviene più in compresenza, ma sempre più virtualmente.
Le città fantasma degli Stati Uniti
Secondo uno studio dell’Università dell’Illinois, basato sui dati demografici, è in atto un processo di spopolamento in quasi la metà delle città statunitensi. Con il termine “spopolamento” si intende comunemente un calo costante della popolazione delle città, che può essere causato da una serie di fattori. Questa analisi si concentra sulla desurbanizzazione urbana – la fuoriuscita di capitale umano dalle grandi città – che si prevede ridurrà la popolazione di 15’000 centri urbani statunitensi (tra il 12 ed il 23%) entro il 2100. I ricercatori prevedono che la situazione varierà da regione a regione. I risultati mostrano che il 43% delle città statunitensi sta perdendo popolazione, mentre il 40% sta aumentando e il restante 17% ha un andamento altalenante[2].
Questi sviluppi hanno il potenziale di innescare una serie di problemi sociali, economici e ambientali. I flussi di popolazione in uscita si traducono in una “riduzione della base imponibile” che incide direttamente sui servizi urbani di base e si ripercuote direttamente sulla popolazione restante delle città, con possibili interruzioni del sistema di supporto vitale della città (elettricità, trasporti, acqua, smaltimento dei rifiuti, comunicazioni) e la creazione di città fantasma[3].
Gli autori dello studio sperano che il loro lavoro possa far convergere lo sguardo dei politici verso una pianificazione urbana flessibile, modulare e multifunzionale per luoghi e città specifiche, invece di una pianificazione basata solo sulla crescita economica. Nel caso degli Stati Uniti, sarà necessaria una maggiore flessibilità nel processo decisionale amministrativo e finanziario per adattarsi ai cambiamenti democratici ed evitare scenari drammatici.
Non c’è dubbio che per adattarsi a un drammatico cambiamento demografico sia necessario un profondo cambiamento culturale nella comunità dei pianificatori e degli ingegneri, allontanandosi dalla tradizionale pianificazione basata sull’equazione (sempre meno vera) secondo cui le città più grandi offrono maggiori e migliori condizioni di lavoro. Lo sviluppo del concetto di smart working sta anche cambiando il modo di amministrare un’azienda, permettendo alle grandi aziende di immaginare un futuro a breve termine senza più immensi e costosi uffici[4].
Cosa sta uccidendo le città?
Lo spopolamento urbano può essere causato da una serie di ragioni e spesso si tratta di un insieme complesso e interconnesso di fattori. I fattori economici, come la disponibilità di posti di lavoro, sono estremamente influenti. Un calo del potenziale economico delle imprese, una diminuzione degli investimenti, le crisi o il passaggio a tecnologie più efficienti che riducono il coinvolgimento umano nei processi tecnologici possono portare alla perdita di posti di lavoro e, di conseguenza, al declino della popolazione.
I cambiamenti demografici influenzano direttamente il numero di residenti nelle città. Se la popolazione urbana invecchia, questo può portare a una diminuzione dei tassi di natalità e a un aumento della percentuale di anziani. Di conseguenza, il flusso di giovani famiglie diminuisce e la percentuale di persone in età pensionabile aumenta, riducendo il livello complessivo di popolazione della città[6]. Anche la migrazione dei giovani, alla ricerca di migliori spazi di vita, sta assumendo un carattere sempre più consistente.
La partenza di giovani qualificati da città di piccole e medie dimensioni verso megalopoli prospere, in cerca di opportunità educative e professionali, non è compensata né quantitativamente né in termini di livello educativo dalla migrazione della popolazione rurale. Questo deflusso di “giovani cervelli” genera saldi migratori negativi e gravi processi di decapitalizzazione dell’istruzione[7].
Il cambiamento dei modelli familiari, l’aumento vertiginoso della percentuale di nuclei monoparentali, convince che sia meglio vivere in città più piccole o in zone rurali: per via dei costi più bassi degli alloggi, dell’accesso alla natura e di un ambiente più tranquillo, il che può portare a un calo del potenziale occupazionale umano nelle grandi città. I fattori sociali e culturali, così come le politiche migratorie dei governi, possono incoraggiare le persone a migrare verso altre regioni dove le condizioni di vita sono più attraenti, più sicure o burocraticamente più semplici.
Lo stato delle infrastrutture delle città, comprese le possibilità di trasporto, la disponibilità, l’accessibilità e la qualità di strutture importanti per la vita, come scuole o centri medici, le condizioni ambientali delle città, i tassi di criminalità: tutte queste “piccole cose” possono sia attirare flussi di persone fuori dalle città sia creare differenze nella struttura della popolazione e portare a una riduzione del numero totale di residenti[8].
Ciclicità dei processi
Come quasi tutto nella nostra vita, il ciclo dello sviluppo urbano ha oramai una base scientifica. Secondo la “Teoria dell’urbanizzazione differenziale” del 2005[10], il processo di urbanizzazione consiste in 6 fasi, suddivise in tre cicli: urbanizzazione, inversione (nel linguaggio scientifico – reversione della polarizzazione) e desurbanizzazione.
La fase iniziale dell’urbanizzazione è caratterizzata dalla rapida crescita delle grandi città a scapito di quelle piccole e medie. Nel secondo terzo di questo periodo, la crescita delle grandi città e la perdita di popolazione delle piccole città raggiunge l’apogeo. L’inizio dell’inversione segna la leadership dei centri di medie dimensioni; le città principali perdono terreno e perdono attrattiva, mentre le piccole città aumentano la loro attrattiva. Nella fase successiva dell’inversione di tendenza, le piccole città si affrettano ad avanzare, anche se le città medie sono ancora in vantaggio, e l’indice di crescita delle città principali diventa negativo. La contrurbanizzazione (desurbanizzazione) apre la fase iniziale dei piccoli insediamenti, dove si precipitano gli immigrati; i centri di medie dimensioni perdono popolazione; i grandi centri, superato il punto più basso, si stabilizzano.
Poi tutto torna all’ordine iniziale e il processo si ripete, ma con una diminuzione dell’ampiezza delle curve su entrambi gli assi: le fasi stesse si accorciano e i divari negli indicatori delle classi di insediamento si riducono. La mobilità generale della popolazione, il frequente cambiamento dei cicli migratori (dai grandi centri e viceversa) si combinano con la stabilità della gerarchia di insediamenti stabilita[11].
Il progresso tecnologico riporta le persone “alla terra”
La rivoluzione industriale ha incoraggiato l’umanità a trasferirsi nelle città, portando a un boom dell’urbanizzazione. Opportunità di lavoro, standard di vita più elevati e confortevoli, accesso all’istruzione e all’assistenza sanitaria e servizi centralizzati per semplificare la vita hanno portato al rapido sviluppo di megalopoli in tutto il mondo. Ma l’inarrestabile progresso tecnologico ha apportato dei cambiamenti strutturali.
Il rapido sviluppo delle tecnologie informatiche dimostra che non si deve necessariamente vivere dove si lavora. Oggi esiste un campo di gioco globale in cui la sede centrale di un’azienda può facilmente interagire con i dipendenti di tutto il mondo attraverso la tecnologia digitale. I servizi cloud, le conferenze online, le piattaforme di collaborazione e di apprendimento: tutti questi strumenti consentono flussi di lavoro produttivi anche quando i dipendenti non si trovano nello stesso ufficio, purché sia disponibile internet.
Questo è un ottimo modo per le aziende di risparmiare denaro. L’attrezzatura tecnica della postazione di lavoro di un dipendente che vive in un’area remota è una soluzione molto più conveniente rispetto all’affitto di un ufficio in una grande città. Inoltre, attirare il capitale umano per il lavoro a distanza da zone lontane dalla città può far risparmiare sui salari, perché anche il pagamento della manodopera è di natura zonale.
Il ritmo frenetico della vita, i prezzi cosmici degli alloggi, lo stress costante, le difficoltà negli spostamenti e il tempo perso negli ingorghi stradali spingono sempre più le persone a vivere fuori città. E se un tempo la città offriva maggiori opportunità di consumo e di istruzione, oggi tutto può essere acquistato online con consegna a domicilio e qualsiasi abilità e conoscenza può essere appresa attraverso piattaforme e iniziative educative online senza dover visitare le città. Il miglioramento delle infrastrutture nelle aree rurali rende la vita più conveniente, con un costo della vita molto più basso. E sempre più spesso l’aria pulita, la tranquillità, gli spazi aperti e la vicinanza alla natura superano il fascino delle luci delle città[13].
Nel 2018 le Nazioni Unite avevano previsto che entro il 2050 i due terzi della popolazione mondiale avrebbero vissuto in città, ma nel 2019 un virus ha stravolto il modello di crescita urbana. La pandemia COVID-19 ha favorito la tendenza alla deurbanizzazione. Tutto ciò che un tempo era attraente nel vivere in una grande città è diventato inaccessibile e le aree urbane densamente popolate si sono trasformate in pericolosi focolai di malattie, con molte persone intrappolate nelle loro case, senza una vita sociale, ma con la necessità di continuare a lavorare da un ufficio a casa, educare i figli a distanza e gestire la famiglia.
Questo isolamento ha un forte impatto psicologico e ha spinto molti residenti a “fuggire” dalla giungla di cemento. Inoltre, i massicci tagli ai posti di lavoro hanno provocato un esodo di residenti che non sono più in grado di pagare la loro vita in città[14]. Ma la quarantena ha dimostrato che il meccanismo economico può continuare a funzionare, anche se una parte significativa della forza lavoro lavorerà in remoto da casa o in uffici fuori dalle megalopoli e dai centri finanziari del mondo, la migrazione in città non è più un requisito per l’occupazione. L’intero sistema sociale richiede una trasformazione e un’attenzione particolare[15].
Le grandi città e le megalopoli sono ancora protagoniste nella distribuzione dei flussi umani, ma è chiaro che richiedono un ripensamento che ponga grande enfasi sulla sostenibilità e su un approccio caso per caso. La pandemia ha innescato stili di vita e modelli di lavoro in quasi tutto il mondo ed è difficile prevedere quanto ciò influirà sull’equilibrio tra urbanizzazione e de-urbanizzazione nei prossimi anni[16].
Città intelligenti
Nel mondo di oggi, soprattutto nei paesi sviluppati, la “riduzione delle città” ha fatto nascere l’esigenza di rendere le città più intelligenti per rispondere ai cambiamenti. “La città intelligente”, o Smart City, è un sistema interconnesso di tecnologie dell’informazione e della comunicazione con l’IoT, cioè l’Internet delle cose, che semplifica la gestione dei processi urbani interni e rende la vita dei residenti più confortevole e sicura[18].
Mentre le città in crescita lottano per ammodernare ed espandere le proprie infrastrutture, quelle in contrazione devono concentrarsi su modelli finanziari sostenibili per la gestione e la manutenzione delle infrastrutture esistenti, al fine di evitarne il completo declino, che può avere un impatto molto negativo sulla popolazione urbana rimanente. Ad esempio, in media una proprietà degradata può costare al governo di una città decine di migliaia di dollari all’anno in costi diretti e indiretti, come la manutenzione della proprietà e degli impianti, il deprezzamento delle proprietà adiacenti, le tasse non riscosse e altro ancora.
Inizialmente, il concetto di smart city si basava su aspetti tecnici come edifici intelligenti ed efficienti, energia e comunicazione. Le città più intelligenti erano quelle che utilizzavano queste tecnologie per risparmiare denaro e creare infrastrutture migliori. Tuttavia, i residenti erano esclusi da questa analisi, perché una strategia di smart city è un concetto più socio-tecnico che dovrebbe concentrarsi principalmente sui benefici dei cittadini.
L’obiettivo è quello di rendere le città non solo più compatte, ma anche di sostenere le persone che rimangono nelle aree urbane rendendo “intelligenti” l’assistenza sanitaria e i trasporti, di offrire opportunità economiche e occupazionali sostenibili ai cittadini, di coinvolgere i cittadini nella vita urbana e nel processo decisionale insieme alle autorità locali, di creare un ambiente ecologico favorevole controllando la qualità dell’aria e dell’acqua, regolando il traffico, riciclando i rifiuti, ecc.
Inoltre, ogni città è unica: ciò che ha funzionato in un caso può essere inefficace in un altro. Pertanto, questo metodo per migliorare il benessere richiede un’analisi accurata delle esigenze e dei problemi della città e delle specifiche innovazioni proposte come soluzione a questi problemi, escludendo la possibilità di investire “alla cieca” in “qualcosa di alla moda” che ha funzionato per altri. Dopo tutto, è possibile salvare la città dall'”estinzione” solo introducendo innovazioni sociali, istituzionali, organizzative e solo successivamente tecniche[19]. Ma i politici sono pronti per questo?
Il mondo sta cambiando e gli insediamenti che abbiamo creato stanno rispondendo di conseguenza. Gli spostamenti, le migrazioni e la ricerca di un posto migliore sono sempre stati la norma per la nostra società, così come le modifiche dei nostri habitat. Esattamente fino a quando non è diventata una perdita per le nazioni. Nel creare enormi megalopoli monumentali, il pensiero umano è orientato verso benefici a breve termine e, quando si troverà di fronte alla reale minaccia di estinzione, dovrà affrontare le esigenze e le possibilità uniche delle sue creazioni.
[1] https://nypost.com/2024/01/18/news/thousands-of-us-cities-are-predicted-to-become-ghost-towns-by-2100-new-study/
[2] https://hi-news.ru/research-development/cherez-100-let-v-ssha-poyavyatsya-tysyachi-gorodov-prizrakov.html
[3] https://www.nature.com/articles/s44284-023-00011-7#Sec10
[4] https://www.planetizen.com/news/2024/01/127045-depopulation-projected-thousands-us-cities
[5] https://futuristspeaker.com/future-trends/deurbanization-how-will-this-new-trend-affect-you-in-the-future/
[6] https://urbact.eu/small-cities-potential-best-place-live-europe
[7] https://population-europe.eu/research/policy-insights/urban-depopulation-and-loss-human-capital-emerging-phenomenon-european
[8] https://www.oeaw.ac.at/vid/events/calendar/conferences/the-causes-and-consequences-of-depopulation
[9] https://www.tandfonline.com/doi/figure/10.1080/15387216.2023.2220344?scroll=top&needAccess=true
[10] https://www.espon.eu/sites/default/files/attachments/fr-1.1.2_revised-full_31-03-05.pdf
[11] https://books.econ.msu.ru/Demography/chap15/15.1/15.1.2/
[12] https://www.researchgate.net/figure/Map-of-the-urban-rural-typology-from-the-ESPON-project-on-Urban-rural-relations-in_fig2_247513429
[13] https://www.onbenchmark.com/blog-detail/beginning-of-deurbanisation
[14] https://eu.usatoday.com/story/money/2020/05/01/coronavirus-americans-flee-cities-suburbs/3045025001/
[15] https://globaljournals.org/GJHSS_Volume21/2-Reverse-Urbanization.pdf
[16] https://www.theearthandi.org/post/de-urbanization-trend
[17] https://dubaipolicyreview.ae/why-smart-cities-fail-how-understanding-context-can-save-your-citys-future/
[18] https://center2m.ru/smart-city-about
[19] https://dubaipolicyreview.ae/why-smart-cities-fail-how-understanding-context-can-save-your-citys-future/
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