Partiti e politici
Litigiosi, snob e distanti. Perché il PD perde in Toscana
«La batosta della sinistra in Toscana era nell’aria già da tempo, – spiega a Gli Stati Generali G., manager senese trapiantato a nord – soltanto il PD a Roma non se n’era accorto. Guardi cos’era successo alle porte di Pisa, a Cascina, nel 2016: dopo decenni di sindaci di sinistra, un sindaco della Lega, la Ceccardi, vinceva in una roccaforte di Rossi». Rossi, ovviamente, è il governatore della Toscana, esponente di Art. 1 – MDP, che qualche giorno fa twittava: “L’errore è stato dismettere gli abiti rossi. Direi che non ha perso la #sinistra, ha perso la sinistra che non è stata più sinistra. Abbiamo bisogno di una sinistra socialista e di un partito del lavoro”. Inutile dire che sono fioccati i commenti critici, più o meno coerenti: chi ha rinfacciato al PD l’abolizione dell’articolo 18, chi la svolta liberista, chi gli “abiti firmati”, chi l’europeismo…
Il manager imputa molti dei guai del PD toscano alla litigiosità interna. «A Cascina l’elezione della Ceccardi fu resa possibile soprattutto dalle divisioni tra i sostenitori di Alessio Antonelli (sindaco tra il 2011 e il 2016) e i fan di Andrea Paganelli». È l’eterno ritorno del “tutti contro tutti” toscano? Guelfi contro ghibellini, guelfi neri contro guelfi bianchi, la contrada X contro la contrada Y…
«A Siena il centrodestra ha litigato molto per trovare un candidato, ma una volta trovato, nella persona dell’avvocato Luigi De Mossi, questi ha ricevuto un sostegno fortemente unitario – spiega a Gli Stati Generali, in una lunga conversazione, Luca Verzichelli, ordinario di scienze politiche all’Università di Siena – Il centrosinistra invece è arrivato alle elezioni qui a Siena abbastanza decotto, tanto che considero un mezzo miracolo che Bruno Valentini (il candidato del PD) sia riuscito a tagliare comunque per primo il traguardo al primo turno».
Insomma, il 1990, quando il PCI governava da solo in un terzo dei comuni toscani, sembra ormai appartenere alla storia, come i Medici, il Granducato di Leopoldo II e la Fiorentina di Maraschi. Ma se la litigiosità ha indebolito il fronte dem, allontanando dalle urne una parte di elettorato progressista, hanno pesato pure altri fattori. Per Verzichelli è finito un ciclo politico. In una regione che, «come area elettorale, è assai meno unita di quanto si possa pensare. Molti studi, già negli anni ‘80, evidenziavano le differenze in un territorio che, ricordiamocelo, è molto diversificato a livello di insediamenti, di presenza demografica, di distretti economici. Certo, la politica era riuscita a unire questa Toscana così fortemente, e anche riccamente, diversificata…»
Ancora nei primi anni Duemila la sinistra era forza egemone. Dal 2008 in poi, però, è accaduto qualcosa. È partita un’onda lunga di centrodestra che nessun leader progressista è riuscito mai a frenare. Persino Matteo Renzi, pur essendo toscanissimo, «non ha fatto faville neanche nel 2014». Il fatto, osserva Verzichelli, è che «Renzi o non Renzi, il PD ormai è da dieci anni che non piace più, neanche in Toscana». Tra i capoluoghi di provincia oggi i dem amministrano soltanto il capoluogo Firenze, e due comuni molto sui generis: Lucca, storico bastione bianco (lucchese, per esempio, l’ex presidente del Senato Marcello Pera, che al Corriere Fiorentino del 17 marzo diceva, parlando della sinistra toscana: “è da tempo che declina. E quando l’albero è scosso, basta un soffio”), e Prato, comune iper-imprenditoriale, noto per la vasta comunità cinese, e guidato dal 44enne Matteo Biffoni.
Naturalmente la crisi nazionale del PD si riverbera anche sul piano locale. «La percezione è che i partiti di destra hanno una soluzione ai problemi percepiti dall’opinione pubblica, mentre il centrosinistra continua a cincischiare – nota Verzichelli, che continua –. E perché c’è questa situazione? Perché la classe politica del PD si è di fatto auto-delegittimata con cinque anni di autolesionismo. È un dato di fatto che questo ceto dirigente si è bruciato». Per lo studioso «bisogna cominciare a parlare anche delle paure delle persone; su questi temi il PD ha lasciato il monopolio alla destra. E anche in queste prime settimane di governo, con gli annunci molto forti sulla chiusura dei porti, non si è sentita la voce del centrosinistra. D’altra parte è difficile far sentire la propria voce quando gli altri urlano».
Le paure, già. A sentire i cittadini, la sconfitta del PD è meritatissima. Secondo M., titolare di un negozio a Pisa, «questo risultato non è stata una sorpresa, esiste un problema di sicurezza a cui non è stata data una risposta». Dello stesso parere C., giovane commessa in un negozio di artigianato a Siena: «sono contenta del risultato!». G., pizzaiolo di Massa, era «stufo di una sinistra che pensa a pochi, anzi a pochissimi. E un po’ di alternativa non può che fare bene al comune». Paolo, librario di Pisa, spiega: «Io sono di Roma, ma vivo qui da quindici anni. Non sono rimasto per nulla sorpreso dal risultato di queste elezioni perché da tempo si respira un’atmosfera di profonda rabbia, di profonda insofferenza tra la gente. Qui le persone hanno votato solo per la sicurezza».
Secondo Paolo, «qui la sinistra ha creato un apparato granitico immobile e poco vicino alla gente. E questo, più la mala gestione su alcune questioni – in primis la sicurezza –, ha portato alla sconfitta. Si è affermata l’idea libertaria che non ci sono regole, che ci sono i diritti senza i doveri… il problema della sicurezza è un problema serio, avvertito dalla gente: non sei più libero di passare per la stazione senza essere importunato, ti rubano il cellulare, ti spaccano il vetro della macchina… c’è stato uno stillicidio di furti notturni…»
Per la professoressa Anna Loretoni, dell’istituto Dirpolis della Scuola superiore Sant’Anna Pisa, la sconfitta del PD alle comunali va letta come il risultato del 4 marzo. «Evidentemente qualcosa si è rotto tra il centrosinistra e gli elettori che prima lo votavano, e questo qualcosa è probabilmente il fatto che il centrosinistra non è più in grado di intercettare le insicurezze, le paure e i timori di fasce della popolazione che vivono una condizione di disagio». Per la studiosa, «è scioccante vedere come, anche in una città quale Pisa, ci sia stata una sconfitta del centrosinistra. È un campanello d’allarme che dovrebbe generare una profonda riflessione, cosa che però io francamente non vedo. C’è bisogno di una rifondazione, di un ripensamento complessivo». Il PD toscano, il PD italiano, saranno pronti a raccogliere la sfida?
Foto in copertina: Pixabay (CC0 Creative Commons)
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